Opere ante ’67: il TAR Lazio chiarisce il ruolo delle prove

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La sentenza del TAR Lazio rigetta un ricorso per opere edilizie dichiarate antecedenti al 1967, ribadendo l’onere della prova a carico del proprietario e l’obbligo di rispettare i vincoli paesaggistici.

Il tema delle opere edilizie realizzate prima del 1967, anno di introduzione della legge ponte che estese l’obbligo di licenza edilizia, continua a sollevare dibattiti. Una recente sentenza del TAR Lazio (sentenza n° 19963/2024) ha respinto il ricorso di un proprietario che sosteneva la regolarità di alcune opere costruite prima di tale data, ma che non è riuscito a presentare prove sufficientemente solide a supporto della sua tesi.

Questo caso offre spunti importanti per comprendere quando e come dimostrare la legittimità di interventi edilizi datati.

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Quali sono i requisiti necessari? E cosa succede se la prova non è ritenuta adeguata?

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Il contesto della vicenda: ordinanza e contestazioni sul terreno

La vicenda ha origine da un’ordinanza emessa da un Comune laziale, che imponeva la demolizione di alcune opere murarie realizzate su un fosso destinato alla raccolta e allo scolo delle acque piovane. Le strutture, secondo l’ente locale, erano state costruite senza i necessari titoli edilizi, in una zona sottoposta a vincoli paesaggistici e ambientali, e dovevano quindi essere rimosse per ripristinare lo stato naturale dei luoghi.

Il provvedimento amministrativo, tuttavia, è stato immediatamente contestato dal proprietario del terreno, che ha portato la questione davanti al TAR Lazio.

La difesa si è basata su due punti principali:

  • Data di costruzione dell’opera: Il proprietario ha sostenuto che le opere risalivano a un periodo precedente all’introduzione delle normative edilizie che richiedono specifiche autorizzazioni, come la legge ponte del 1967 o i successivi vincoli paesaggistici. Secondo questa tesi, non essendo vigenti tali norme al momento della costruzione, le opere non potevano essere considerate abusive.
  • Irregolarità nella notifica dell’ordinanza: La ricorrente ha inoltre denunciato un vizio procedurale, affermando che l’ordinanza non era stata notificata a tutti i soggetti coinvolti, in particolare ai proprietari delle altre particelle interessate dall’opera.

Con queste motivazioni, il proprietario ha richiesto l’annullamento dell’ordinanza, sostenendo che il Comune non avesse sufficientemente provato né l’abusività delle opere né la necessità della loro demolizione.

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Le motivazioni della sentenza: il rigetto del ricorso

Il TAR Lazio ha respinto il ricorso, ritenendo l’ordinanza di demolizione pienamente legittima. In primo luogo, il Tribunale ha stabilito che la notifica del provvedimento è correttamente indirizzata anche solo al proprietario dell’immobile, indipendentemente dal fatto che quest’ultimo abbia o meno realizzato l’opera abusiva.

Questo perché la demolizione, considerata una misura riparatoria e non punitiva, può essere ordinata nei confronti del proprietario attuale, senza richiedere una verifica della sua responsabilità nella costruzione delle opere.

Un altro aspetto cruciale della sentenza riguarda l’onere della prova, che il TAR ha attribuito al proprietario del terreno. Spettava infatti a lui dimostrare che le opere fossero state costruite prima dell’introduzione delle normative edilizie e dei vincoli paesaggistici, come la legge ponte del 1967. Tuttavia, le prove presentate non sono state ritenute sufficienti a confermare che la costruzione fosse avvenuta in un periodo antecedente a tali normative.

Il Tribunale ha inoltre ribadito che l’ordinanza di demolizione è un atto vincolato e necessario per il ripristino della legalità. Questo significa che, una volta accertata l’abusività di un’opera, non è necessario bilanciare gli interessi pubblici e privati, poiché l’interesse pubblico alla tutela del territorio prevale per legge.

Infine, è stato escluso che il trascorrere del tempo possa legittimare la conservazione di opere abusive, sottolineando che il passare degli anni non può trasformare una costruzione illegale in una situazione conforme alle regole.

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Le implicazioni della sentenza: tutela del territorio e responsabilità dei proprietari

La sentenza del TAR Lazio ribadisce alcuni principi fondamentali in materia di urbanistica e tutela paesaggistica, offrendo spunti di riflessione tanto per i professionisti del settore quanto per i cittadini. In primo luogo, emerge con chiarezza che le opere abusive, indipendentemente da chi le abbia realizzate o dal tempo trascorso dalla loro costruzione, devono essere rimosse se non sono accompagnate da un valido titolo autorizzativo.

Questo principio si radica nella necessità di proteggere il territorio da interventi irregolari, garantendo il rispetto delle normative.

Un altro aspetto significativo è il peso attribuito all’onere della prova. Chi contesta un’ordinanza di demolizione deve essere in grado di dimostrare in modo rigoroso e documentato che l’opera non viola le normative vigenti al momento della sua realizzazione. La semplice dichiarazione di una presunta datazione antecedente alle regole urbanistiche non è sufficiente, come dimostrato dalla valutazione critica delle perizie presentate nel caso esaminato.

Infine, la decisione del TAR sottolinea che l’interesse pubblico alla tutela paesaggistica prevale sempre su eventuali interessi privati alla conservazione delle opere abusive. Questo rafforza il messaggio che non esistono scorciatoie o sanatorie implicite basate sul passare del tempo, ribadendo l’importanza di rispettare le norme sin dall’inizio.

Questa sentenza costituisce quindi un monito per tutti coloro che operano nel settore edilizio o che intendono realizzare interventi in aree vincolate, ricordando l’importanza di una consulenza qualificata e di una verifica attenta dei requisiti normativi.

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