Black Friday? sul 60% dello stipendio incidono bollette e rincari

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Diminuisce il denaro disponibile per i regali di Natale: il 60 per cento della spesa dei pugliesi è destinata a bollette e cibo. Alle famiglie, dunque, resta ben poco da impiegare per gli acquisti da riporre sotto l’albero. 

La situazione

Un trend in crescita rispetto agli anni pre-pandemia, quando per le spese obbligate gli esborsi erano minori. Il dato è stato elaborato dal Centro studi della Cgia di Mestre, che ha analizzato le uscite sostenute dalle famiglie italiane per cibo, carburante e bollette e quanto queste incidano sugli acquisti di Natale. A patire le conseguenze di questa situazione sono anche gli artigiani e i piccoli commercianti, che possono contare sempre di meno sugli acquisti da parte delle famiglie. E non solo per la scarsa disponibilità economica, ma anche per l’incremento del commercio on-line. A far stabilizzare le spese obbligate su soglie più elevate, dopo il periodo Covid e la crisi energetica che hanno caratterizzato il triennio 2020-2022, è stato «il forte aumento dell’inflazione e la conseguente erosione degli stipendi che si sono verificati in questi anni». Una situazione che vede le famiglie «costrette a concentrare gli acquisti in particolare per “vivere” e per recarsi e tornare dai luoghi di studio e lavoro». La Puglia si posiziona al quinto posto a livello nazionale per percentuale della spesa per cibo, casa e trasporti sul totale della spesa: il 59,3 per cento delle uscite delle famiglie pugliesi è per le necessità di primaria importanza. Un dato superiore alla media nazionale, che si attesta al 56 per cento. In termini numerici, considerando una spesa totale media di 1.599 euro mensili (contro i 2.128 di media nazionale), 948 euro vengono pagati per cibo, casa e trasporti (1.191 a livello nazionale). Il resto viene utilizzato per la cosiddetta spesa complementare: bevande alcoliche, abbigliamento, calzature, mobili e articoli per la casa, servizi sanitari, servizi di informazione, attività ricreative, istruzione, servizi ricettivi e assicurativi, beni e servizi per la cura della persona. 

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Le classifiche

Peggio della Puglia ci sono solo il Piemonte, la Basilicata, la Campania e la Calabria, mentre è il Lazio la regione in cui si spende di meno: “solo” il 52,7 per cento delle uscite mensili è per cibo, trasporti e bollette. Analizzando poi la situazione per aree geografiche, emergono forti differenze tra Nord e Sud del Paese. Nel Nord-Ovest la spesa complessiva media va oltre i 2.300 euro, mentre al Sud è in media di 1.750 euro. Ma è nel Mezzogiorno, tuttavia, che si registra un’incidenza maggiore delle spese obbligate rispetto a quelle meno necessarie. Per gli analisti della Cgia non è da escludere che, con spese obbligate in grado ormai di drenare ben oltre la metà della spesa totale delle famiglie, «i prossimi acquisti di Natale subiscano una frenata rispetto a quanto avvenuto nel 2023». Secondo le stime, infatti, lo scorso anno la spesa per i regali da mettere sotto l’albero è stata di poco più di 11 miliardi di euro. Quest’anno, invece, dovrebbe aggirarsi intorno ai 10 miliardi. «Le ragioni di questa contrazione – sottolinea la Cgia – vanno ricercate nella minore disponibilità di spesa delle famiglie, a fronte delle difficoltà economiche avvertite negli ultimi mesi, e dal fatto che sempre più persone anticipano l’acquisto dei regali di Natale a fine novembre, approfittando degli sconti offerti dal Black Friday». 
Si tratta di un trend che preoccupa molto gli artigiani e i piccoli commercianti, che vivono prevalentemente dei consumi delle famiglie, in particolar modo di quelle che risiedono nelle aree in cui sono ubicate fisicamente le piccole realtà imprenditoriali. Se, infatti, gli acquisti diminuiscono e la maggior parte della spesa è destinata a coprire il fabbisogno di cibo, energia e trasporti, «è evidente che anche i fatturati delle piccole realtà artigianali e commerciali ne risentono negativamente». La crisi che ha interessato tantissime botteghe artigiane e i negozi di vicinato, rimarcano gli esperti della Cgia, «è sicuramente ascrivibile alle tasse, ai costi elevati degli affitti, alla concorrenza molto aggressiva praticata dalla grande distribuzione e alla forte espansione del commercio online, ma, soprattutto, al calo dei consumi che, purtroppo, negli ultimi dieci anni ha riguardato le famiglie economicamente più fragili e quelle che costituiscono il cosiddetto ceto medio».</CP>
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