Il sogno di Andrea Mura: a 60 anni fare il giro del mondo al Vendée Globe. “Una sfida estrema, il coronamento di una carriera tutta in mare”

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di Umberto Zedda

Andrea Mura, icona della vela oceanica italiana, dopo aver concluso a marzo la Global Solo Challenge, regata in solitaria intorno al mondo che lo ha visto conquistare il primo posto in tempo reale e un prestigioso terzo posto in soli 120 giorni, guarda al futuro con un sogno ambizioso: partecipare al Vendée Globe 2028, il giro del mondo in solitaria non stop su barche volanti con foil, la sfida sportiva e umana più dura che esista sul pianeta. Ma la strada per arrivare sulla linea di partenza è ancora lunga e complessa, come racconta lo stesso Mura a Sardinia Post.

Un percorso lungo e complesso

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Arrivare al Vendée Globe è tutt’altro che semplice. “Partecipare a questa competizione non significa solo correre – spiega il velista – ma affrontare un percorso fatto di qualificazioni, gare preparatorie e una conoscenza approfondita della barca. Da qui al 2028 il mio obiettivo sarà quello di cercare le risorse necessarie per poter partecipare, perché il Vendée Globe non è solo la tappa più importante: è il coronamento di un’intera carriera”.

Mura nel 2008 ha acquistato“Vento di Sardegna”, che oggi compie 25 anni. E lo ha fatto proprio con l’aspirazione di partecipare all’Everest dei mari. Si tratta di una barca che lo ha accompagnato in molte imprese oceaniche come la Global Solo Challenge ma non è quella giusta per il Vendée Globe: “Serve un Imoca 60, una barca progettata per competizioni oceaniche di questo calibro, mentre la Vento di Sardegna è un Open 50. Sto cercando una barca per poter partire subito, ci vogliono anni di preparazione per prendere dimestichezza con la barca e conoscerla. Tra un anno partirà la prima regata del nuovo quadriennio: La Transat Jaques Vabre, una regata di qualificazione e io voglio esserci. È un passo fondamentale per rendere questo sogno realtà”.

Una consacrazione personale e sportiva

Per Mura il Vendée Globe è molto più di una regata. “È l’ultimo step di una lunga carriera, una sfida estrema, dove metti in gioco tutto: fisico, mente e anima. Sei solo per quattro mesi, affrontando tempeste, onde gigantesche e decisioni cruciali. È un’esperienza che va oltre lo sport: rappresenta la consacrazione di una vita passata a navigare”. L’amore per il mare, infatti, lo accompagna da sempre. “Ho compiuto 60 anni a settembre, ma sono in barca a vela da 56 anni. Ho vissuto gran parte della mia vita in barca: per me, l’oceano è casa, scherzosamente mi definisco mare lingua. Per me navigare nell’oceano è come per un tuareg vivere nel deserto”.

La Sardegna, la sua fortuna e la sua condanna

La Sardegna è un punto fermo nella vita e nella carriera dello sportivo. “Ovunque vada, porto la mia terra con me. Con la mia barca Vento di Sardegna ho cercato di promuovere la mia isola in tutto il mondo ottenendo numeri strepitosi tra cui 32 milioni di visualizzazioni. Viviamo in una terra unica, quella dei centenari ed io ne ho compiuti 60 a settembre: sono in forma, non fumo e non bevo, sono pronto a vincere”. Essere sardo però non è sempre un vantaggio: “Dal punto di vista economico, trovare sponsor privati è una sfida complessa. A livello pubblico, poi, la burocrazia è spesso un ostacolo enorme. La difficoltà maggiore per me non è tanto nella gara in sé, ma nell’arrivare alla linea di partenza”.

Capo Horn e l’olimpo dei velisti

Tra i traguardi più significativi della sua carriera, Mura ricorda il passaggio a Capo Horn: “È uno dei momenti che ti forgia come velista, uomo e marinaio. Solo sei italiani sono riusciti a doppiarlo in regata in solitario e senza scalo, e solo così si entra a far parte del mitico Club dei Cape Horners. È un luogo ostile e spietato, nonché il miraggio di tutti i navigatori: storicamente, lì sono morti più di 10.000 marinai e sono affondate oltre 800 navi. Oggi, rispetto al passato, abbiamo connessioni satellitari e carte meteo che ci aiutano, ma attraversare Capo Horn resta sempre una sfida estrema”.

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Il costo di un sogno

Il Vendée Globe è una competizione che richiede un impegno economico straordinario. “Parliamo di milioni di euro. Serve una barca all’avanguardia, una squadra di supporto, e una preparazione meticolosa. È un salto nel buio, ma sono abituato a rischiare tutto per inseguire i miei sogni. Questo, però, è il sogno più grande: la ciliegina sulla torta di una intera carriera”. Andrea Mura guarda al futuro con determinazione, pronto a rappresentare la Sardegna e l’Italia in un’avventura che lo porterà ancora una volta oltre i confini del possibile, dove solo il mare fa da padrone.





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