Presente e futuro dell’agricoltura nel report Nomisma

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Agricoltura

 


Le sfide che il settore agricolo si trova ad affrontare oggi derivano da uno scenario complesso e senza precedenti. La stabilità economica delle aziende agricole è seriamente compromessa, e l’intera filiera agroalimentare non può permettersi un settore primario debole. Si auspica un taglio dei tassi da parte delle Banche Centrali, considerando il rallentamento dell’inflazione, ma il quadro rimane critico: conflitti armati, aumento del protezionismo (gli interventi contro la liberalizzazione del commercio sono raddoppiati nell’ultimo quinquennio) e disastri climatici (93 eventi nel 2023 in Europa) complicano ulteriormente la situazione. La volatilità dei prezzi delle commodity agricole, triplicata rispetto agli anni ’90, colpisce sia produttori che consumatori, come evidenziato dallo studio di Nomisma per Cia “Le competitività dell’agricoltura di fronte alle complessità di contesto: scenari evolutivi e prospettive future”, presentato all’Assemblea annuale a Roma.

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EVOLUZIONE DELLE AZIENDE AGRICOLE: CONTRAZIONE NELLE AREE INTERNE

Negli ultimi vent’anni, oltre metà delle aziende agricole italiane ha chiuso (-53%), sebbene quelle rimaste abbiano consolidato la propria struttura. La superficie coltivata si è ridotta solo del 5%, portando la dimensione media delle aziende a 11 ettari, più vicina ai 17 ettari della media UE. Tuttavia, tra il 2000 e il 2020, circa 936.000 aziende agricole delle aree collinari e montane hanno cessato l’attività, con una perdita di 850.000 ettari di terreni coltivati. Questo fenomeno, associato allo spopolamento delle aree interne, compromette la funzione di prevenzione e salvaguardia svolta dall’agricoltore in territori più fragili.

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VALORE AGGIUNTO DELL’AGRICOLTURA: LENTA CRESCITA RISPETTO AI COMPETITOR UE

Pur essendo il secondo produttore agricolo nell’UE, l’Italia ha registrato negli ultimi cinque anni una crescita del valore aggiunto (+24%) inferiore alla media UE (+41%) e a competitor come Spagna e Germania (+45%). Tra il 2015 e il 2023, il valore aggiunto del settore primario in Italia è diminuito del 9% (al netto dell’inflazione), mentre l’industria alimentare è cresciuta del 12% e il commercio del 19%. Questo gap penalizza gravemente l’agricoltura rispetto ad altri settori economici.

DIFFERENZE REGIONALI: NORD E SUD A CONFRONTO

La contrazione del valore aggiunto agricolo ha colpito maggiormente il Centro (-10%) e il Sud Italia (-7%) rispetto al 2015. Diverse produzioni agricole hanno subito drastici cali: la produzione di grano duro è scesa del 30% al Sud, così come l’uva da vino, mentre al Nord il mais ha subito una riduzione analoga e la produzione di pesche e pere è crollata di oltre il 50%. Solo il latte ha mostrato una crescita nel valore della produzione. I cambiamenti climatici sono una causa determinante: al Sud il deficit idrico (specialmente in Sicilia) e al Nord le alluvioni hanno avuto effetti devastanti.

BILANCIA COMMERCIALE IN DEFICIT: AUTOSUFFICIENZA A RISCHIO

La riduzione della produzione agricola danneggia agricoltori, industria alimentare e bilancia commerciale. Sebbene l’export agroalimentare sia cresciuto del +87% nell’ultimo decennio, anche le importazioni sono aumentate (+52%), causando un deficit commerciale in 7 anni su 10. La dipendenza dall’estero per prodotti chiave come grano duro, olio d’oliva, carne bovina e suina, e frumento tenero si è aggravata, soprattutto a causa degli impatti climatici. Il grado di autosufficienza per grano duro e mais è ulteriormente diminuito, aumentando la vulnerabilità della filiera della pasta e dei mangimi.

CONSUMI ANCORA DEBOLI RISPETTO AL PRE-PANDEMIA

I consumi alimentari interni restano al di sotto dei livelli pre-Covid: nel 2023, la spesa alimentare ha raggiunto 242,3 miliardi di euro, rispetto ai 252,2 miliardi del 2019 (al netto dell’inflazione). Anche la ristorazione ha subito una contrazione, passando da 87,5 miliardi nel 2019 a 81,5 miliardi nel 2023. Inoltre, nel 2024, le vendite al dettaglio hanno mostrato una crescita di valore (+1,3%) accompagnata però da una riduzione nei volumi (-1%), segno delle difficoltà economiche delle famiglie italiane.

MERCATI ESTERI E RISCHI DI NUOVI DAZI

L’export resta una speranza per il settore, ma le incognite non mancano, soprattutto a causa delle tensioni commerciali globali. La minaccia di nuovi dazi dagli Stati Uniti potrebbe penalizzare i prodotti italiani, come accaduto nel 2020. Inoltre, eventuali dazi su paesi strategici per il nostro export, come la Germania (primo mercato per l’agroalimentare italiano con 10 miliardi di euro esportati nel 2023), potrebbero avere effetti indiretti negativi.

In questo contesto, l’agricoltura italiana si trova a fronteggiare sfide epocali, richiedendo interventi mirati per garantire la competitività e la sostenibilità del settore.



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