Smart working, INPS laboratorio di innovazione nel lavoro a distanza

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Ha ancora senso parlare di Smart Working?

Le sfide organizzative, il ripensamento stesso dell’organizzazione aziendale, l’alternanza lavoro – vita privata e il peso crescente di fattori collegati alla sostenibilità ambientale, accendono il dibattito in un ambiente culturale che ha compreso da tempo che agire su produttività e sostenibilità è indispensabile per continuare a essere competitivi sul mercato.

L’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano stima che il numero dei lavoratori da remoto, per il 2025, si assesterà in Italia sui 3,75 milioni di persone.

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Classe del 71, laurea in giurisprudenza (conseguita con lode presso l’Università degli studi di Napoli “Federico ii”) e abilitazione all’esercizio della professione di procuratore legale, numerosi incarichi di docenza, partecipazione a programmi televisivi e radiofonici su reti rai, mediaset, la7 e tv2000, una consolidata esperienza nella gestione di realtà complesse, Giuseppe Conte è l’attuale Direttore Centrale delle Risorse Umane dell’INPS, l’Istituto previdenziale più grande d’Europa con circa 28mila dipendenti e servizi dedicati a una platea stimata in 52 milioni di utenti.

È il Dirigente che ha guidato una importante stagione di ricambio generazionale e che presiede al mantenimento del complesso equilibrio tra digitalizzazione, virtualizzazione e lavoro a distanza da un lato e i valori di appartenenza, identità e cultura del servizio dall’altro.

Nell’attuale dibattito negli USA emerge con forza il tema della semplificazione amministrativa, accompagnato dalla minaccia – già attuata, paradossalmente, da molte Big Tech – di riportare i dipendenti pubblici in presenza. Questa proposta contrasta con le scelte volte a valorizzare, nella fase post-Covid, lo smart working in una logica di sostenibilità e accompagnamento alla transizione green.

L’INPS si distingue per essere all’avanguardia proprio in questo ambito. Dott. Conte, qual è il suo punto di vista nel dibattito attuale?

La nostra esperienza dimostra che lo smart working non solo migliora la qualità della vita dei lavoratori, delle loro famiglie e del contesto urbano, ma contribuisce all’innovazione organizzativa e non incide negativamente sulla produttività. La vera sfida consiste nell’abbandonare l’idea che la presenza fisica equivalga a maggiore controllo e a una gestione più efficace. Se vogliamo davvero un’amministrazione moderna, dobbiamo adottare un approccio che valorizzi la flessibilità e riconosca i processi in cui si possono applicare forme di lavoro agile. La responsabilità e la fiducia nelle persone in Inps, piuttosto che un ritorno alla logica della presenza a tutti i costi, sono oggi il nostro mantra organizzativo.

In vista del Giubileo, il Comune di Roma rilancia il tema del lavoro agile e dello smart working. L’INPS, che ha una presenza numerosa e articolata a Roma, come intende dialogare con l’amministrazione capitolina in questo senso?

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Già oggi l’Istituto è un laboratorio di innovazione nel lavoro a distanza, molto avanzato rispetto ai termini comuni del dibattito. L’INPS, con la sua presenza capillare, le sue competenze e la sua capacità di innovazione, può essere un partner strategico nella gestione del Giubileo. In questo contesto, possiamo immaginare, insieme alla Direzione di coordinamento metropolitano – la forma organizzativa che l’INPS ha scelto per servire anche le città di Napoli e Milano, guidata dalla dottoressa Nunzia Minerva – progetti pilota che integrino lo smart working con i servizi ai cittadini, sfruttando le tecnologie digitali. È fondamentale che il Giubileo e altri eventi significativi non siano solo una vetrina: dobbiamo dimostrare che il lavoro agile può migliorare la qualità dei servizi pubblici, non solo in tempi di emergenza.

In una fase di rinnovo contrattuale, sembra accentuarsi il divario tra le due macro famiglie pubblico e privato. I primi sono sempre più garantiti, i secondi sempre più precarizzati. Come esperto di risorse umane, come si può lavorare per superare questo divario, nella logica di coesione sociale e continuità nazionale che l’Istituto presidia?

L’INPS deve fungere da esempio non solo per i diritti dei lavoratori pubblici, ma anche per quelli privati. Ci proponiamo come attuatori di politiche che mirano a coniugare stabilità e diritti con produttività e qualità dei servizi, attraverso programmi di supporto e incentivi. Bisogna stabilire un patto: più fiducia, più diritti, in cambio di produttività e qualità del servizio.

Digitalizzazione, virtualizzazione e lavoro a distanza: in un contesto sempre più fluido a causa di questi fenomeni, come si possono trasmettere valori come appartenenza, identità e cultura del servizio?

La digitalizzazione non deve farci perdere di vista la centralità della cultura aziendale e l’essenza del servizio pubblico. È fondamentale che l’Istituto continui a promuovere un senso di comunità, investendo nelle competenze delle persone che costituiscono il capitale umano. Se è centrale l’innovazione digitale, altrettanto centrale è lo sviluppo delle persone che servono la comunità nazionale; se centrale è l’investimento tecnologico, INPS lo accompagna con un programma continuo di gestione del cambiamento (change management) che renda i lavoratori più consapevoli e allineati alla missione.

La nostra identità si costruisce sia attraverso le performance, sia grazie al senso di appartenenza; altrimenti, rischiamo di diventare solo una macchina burocratica senza anima.

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