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Slitta la sentenza della Cassazione nel procedimento per la strage in cui
il 18 gennaio del 2017 morirono 29 persone per una valanga che travolse un hotel
La sentenza della Cassazione sulla strage di Rigopiano, attesa per oggi, slitta al 3 dicembre. Ancora giorni di attesa quindi per i familiari delle 29 vittime, morte il 18 gennaio del 2017 per una valanga che travolse l’ hoteldove lavoravano o erano in vacanza-
Le sentenze
Alle 16.41 del 18 gennaio 2017, a seguito di alcune scosse sismiche, una valanga di 120 mila tonnellate si staccò dal Monte Siella e in un paio di minuti sommerse l’Hotel Rigopiano, 530 metri sul livello del mare, alle falde orientali del Gran Sasso . Delle 40 persone presenti, solo 11 si salvarono. A quasi sette anni da quella sciagura, la domanda su cui erano chiamati a pronunciarsi i giudici di Cassazione era quella che ossessiona dal primo giorno i sopravvissuti e i parenti delle vittime: era un evento prevedibile e dunque evitabile, o una fatalità senza responsabilità specifiche?
Condanne parziali
Il procuratore generale chiedeva di ampliare e aggravare le responsabilità degli imputati, anche di quelli già condannati: un nuovo processo per l’ex prefetto Francesco Provolo per valutare anche le accuse di concorso in omicidio colposo, in lesioni colpose e in depistaggio per le quali è stato assolto in Appello (ha una condanna ad 1 anno e 8 mesi per rifiuto di atti d’ufficio e falso). L’accusa chiedeva inoltre l’annullamento delle assoluzioni nei confronti di sei persone, rappresentanti dell’autorità regionale di protezione civile dell’Abruzzo e la conferma delle condanne dei dirigenti della Provincia Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio (entrambi 3 anni e quattro mesi) dell’ex gestore dell’hotel Bruno Di Tommaso (6 mesi), dell’allora sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta e del tecnico del comune, Enrico Colangeli (2 anni e otto mesi per entrambi). Oltre ai dirigenti della Regione Abruzzo, limitatamente all’accusa di disastro colposo, il pg di Cassazione ha chiesto un nuovo processo di Appello anche nei confronti dell’allora sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta. «I segnali di allarmi erano molteplici», ha sottolineato il sostituto procuratore generale. «Le linee guida indicavano come il rischio valanghivo interessasse soltanto il 6% dei comuni dell’Abruzzo e tra questi c’era Farindola. L’ordinanza di sgombero dell’Hotel Rigopiano – ha spiegato – avrebbe evitato la tragedia».
Errori nella gestione dell’emergenza
Nelle motivazioni i giudici d’Appello spiegavano che le responsabilità vanno individuate nella cattiva gestione dell’emergenza. Alla valanga contribuirono le scosse di terremoto delle ore precedenti. Le responsabilità «umana», insomma, non andava oltre le mancanze e le omissioni da parte di istituzioni, amministratori e tecnici, che non si attivarono per rendere sicuro l’hotel: chiudendo la strada prima della nevica anziché aiutare gli ospiti a raggiungere il resort, sgomberandola dalla neve per mantenere aperta la via di fuga ed evacuando così la struttura. Azioni di cui si sarebbero dovuti occupare la Provincia e al Comune di Farindola.
Allarmi ignorati
A tutto questo si aggiunge il ritardo nei soccorsi per le richieste di aiuto sottovalutate, non comprese o liquidate frettolosamente. I soccorritori si misero in moto quando ormai era notte. Alcuni riuscirono a raggiungere la struttura all’alba del 19 gennaio ma solo dal giorno dopo i vigili del fuoco cominceranno a estrarre i sopravvissuti: Adriana Vranceanu con i figli Gianfilippo e Ludovica, e altri due bimbi, Edoardo Di Carlo e Samuel Di Michelangelo. Successivamente vennero trovati altri quattro superstiti: Vincenzo Forti, Francesca Bronzi, Giorgia Galassi e Giampaolo Matrone, rimasto 62 ore sotto le macerie.
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