Quelle idee geniali di Paola Bernadotto: «Progetto oggetti per bimbi che possano durare anni, non pochi mesi. La maternità ha ridefinito le mie priorità»

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Intraprendente, coraggiosa, vulcanica. Da Vicenza si trasferisce a Londra dopo aver iniziato a lavorare a 19 anni. Poi torna in Italia, arriva il primo figlio e la svolta: «Il piccolo non dormiva, così ho iniziato a pensare a un letto che andasse incontro alle sue esigenze e potesse durare nel tempo». Per la rubrica Unstoppable Women l’intervista alla vincitrice del Premio GammaDonna 2024

La sua passione? La comunicazione e lo studio della società che la circonda. Laureata in Sociologia, Paola Bernardotto, fondatrice e CEO di Ettomio e vincitrice del Premio GammaDonna 2024, ha iniziato a lavorare molto presto, a 19 anni. La curiosità è stato sempre il suo motore, l’attivismo e il dinamismo alcune tra le caratteristiche che la contraddistinguono. La cosa che non sopporta? La monotonia. Così, dopo un’esperienza personale e professionale a Londra, che le ha spalancato le porte del lavoro e della sua carriera, Paola, nata a Vicenza, torna in Italia. «Mi mancava molto e poi mi aspettava il mio compagno (che è poi diventato mio marito)». Una rincorsa verso quella passione che l’ha sempre seguita prende poi la direzione dei social. Ma a un certo punto arriva il suo primo figlio. «Un evento dirompente», lo definisce lei stessa. Così cambiano le priorità, lo stile di vita, le risposte alle domande che cerca. E da quelle risposte nasce Ettomio, azienda innovativa che realizza oggetti di arredamento (e non solo) adattabili nel tempo e progettati per cambiare, contribuendo a ridurre anche l’impatto ambientale. Per «l’impegno con cui contrasta il fast furniture – l’arredamento usa e getta – con prodotti evolutivi che seguono le diverse fasi di crescita del bambino, creando una rete di fornitori artigiani italiani e promuovendo lo “slow design” e il Made in Italy», si è aggiudicata quest’anno il Premio Gammadonna, che dal 2004 valorizza l’innovazione nell’imprenditoria femminile. La abbiamo incontrata per farci raccontare come è andato questo lungo percorso e che sogni ha nel cassetto.

La premiazione durante GammaDonna 2024

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Paola, hai iniziato a lavorare da giovanissima, quale è stato il tuo percorso?
Esattamente, sono entrata nel mondo del lavoro a 19 anni, subito dopo il liceo. Ero decisa a intraprendere una strada che mi ha portata nel settore della comunicazione e dell’advertising, di cui sapevo poco o niente. La sfida è stata quella di imparare velocemente, sul campo, grazie a diverse realtà e agenzie di comunicazione che hanno creduto in me. Nel frattempo, mi sono iscritta all’Università. Lavoravo e studiavo.

E poi è arrivata la laurea in Sociologia…
Già, è stato un bel traguardo che mi ha aperto la mente su tante sfere che riguardano l’essere umano, mi appassiona capire perchè le persone scelgono di comportarsi in certe maniere. Nel frattempo, ho fatto un colloquio per Facebook a Dublino, ma non l’ho passato all’ultimo stadio: il mio livello di inglese non era sufficiente. Così ho deciso di partire, destinazione Londra, dove ho vissuto e lavorato un anno. È stata l’esperienza più bella della mia vita, con non poche sfide e difficoltà a cui far fronte ma che mi ha dato la possibilità di capire me stessa, conoscere le parti più ignote e buttarmi in situazioni nuove. Inizialmente mi sentivo un po’ bloccata ma ho cercato di vivere quella esperienza a pieno. Ho deciso, poi, di tornare per ritrovare un equilibrio anche nella vita di coppia.

Che cosa intendi?
Beh, stavo assieme al mio compagno da molti anni, lui viveva in Italia e, a un certo punto, ho deciso di tornare a casa. La fortuna è che allora avevo un bagaglio ben più importante da presentare e, così, ho colto la sfida di entrare in una startup che mi ha scelto come prima dipendente. È stato molto bello assistere a questa crescita dall’interno, ho contribuito alle decisioni da prendere, nella vendita di progetti, seguendo sempre il mio istinto e la mia volontà. Poi la svolta nell’e-commerce. Non volevo fermarmi su un argomento verticale (i social media), così ho cambiato lavoro e sono andata in un’agenzia importante che si occupa della gestione e-commerce in outsourcing.

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Photo credit: Giulie Giorgi

Insomma, non ti sei proprio mai fermata…
Già, finché non è nato il mio primo bambino, che è arrivato in modo dirompente. Io ero una di quelle che diceva: «La mia carriera deve, comunque, andare avanti», ma poi la maternità mi ha imposto dei ritmi diversi e ho iniziato a pensare a qualcosa di nuovo, che potesse aiutarmi nella gestione del piccolo. Così sono arrivate le prima idee che poi sono sfociate in Ettomio.

In particolare, da quale idea sei partita?
Io cercavo delle soluzioni che rispondessero a un modello educativo genitoriale, quando io sono rimasta incinta non c’era la sensibilità di oggi verso l’essere genitori, quasi non esistevano dei corsi. Si iniziava a parlare di metodi educativi, ma si faceva fatica a capire come applicarli nel concreto. La cosa di cui ero convinta era voler progettare soluzioni che assecondassero le necessità del mio bambino con spazi progettati per lui ma che, allo stesso tempo, non durassero il tempo di mesi, ma di anni. Così io e mio marito ci siamo avvicinati al metodo montessoriano e ho iniziato a pensare, in particolare, a un letto innovativo. Per me doveva essere adattabile alle varie fasi di crescita del piccolo ma, allo stesso tempo, doveva rispondere a dei canoni estetici e di qualità alti. Ho deciso di farmelo fare da un falegname e il mio bimbo, quasi magicamente, ha iniziato ad accettare di dormire nel suo letto. Per me è stato un traguardo talmente importante che ho cominciato a pensare a come renderlo un modello replicabile. Così, sulla base del know-how di fornitori artigiani italiani e coinvolgendo alcune cooperative sociali  locali, ha preso vita Ettomio.

Come hai messo a terra questa idea?
Dopo tante ricerche di mercato, e due anni dopo, è arrivato un altro bambino, (che questa volta dormiva!), e durante la maternità ho realizzato il primo (artigianale) sito e-commerce. Il sonno è fondamentale, sia per i piccoli che per gli adulti, perciò sono partita proprio dal letto, utilizzando prodotti di qualità di cui si sapesse l’origine e di cui fosse nota la garanzia di durata. Poi ho iniziato a studiare anche arredi etici, sostenibili e cognitivi per stimolare lo sviluppo di abilità e capacità nelle giovani generazioni. Così sono arrivati i primi ordini sul sito ed è stato la nostra cartina tornasole, l’inizio di un viaggio intrapreso anche con l’aiuto di persone a me care e vicine.

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La produzione di Ettomio, photo credit: Matteo Castagna

Adesso che piani hai in mente per il futuro?
Questo tipo di mercato non è consolidato, la mission è difficile. In un business è facile avere la validazione del mercato ma la cosa difficile è fare quella curva di crescita che aiuta a mantenere dinamiche economiche e finanziarie sostenibili. Ettomio si è sempre autofinanziata e ha reinvestito, non abbiamo mai avuto investimenti esterni perché il nostro business fatica a parlare il linguaggio di quel tipo di interlocutori ma ultimamente mi sto interfacciando con potenziali investitori: vedo che l’interesse c’è!

Quali direzioni potrebbe prendere in futuro Ettomio?
Sicuramente una crescita da un punto di vista geografico, lavorando meglio sul Nord Europa per esempio. Siamo già conosciuti in alcuni Paesi dell’UE come la Germania, l’Austria e la Svizzera. Un altro modo per crescere è differenziare gli interlocutori: stiamo lavorando con designer d’interni e architetti, anche con prodotti custom e, perchè no, vorremmo parlare anche con strutture alberghiere e turistiche, con prodotti “chiavi in mano” che, però, propongono un’esperienza a 360° anche per il bambino. Il fatto di non arrivare dal mondo dell’arredo credo possa darmi uno spirito creativo anche da un punto di vista strategico e di una cosa sono certa: Ettomio si evolverà.

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