a Forlì-Cesena calano le imprese agricole • 4live.it

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“Innovare per r-esistere. Sfide e opportunità per l’agricoltura romagnola”: questo il tema dell’edizione 2024 dell’Annata Agraria di Cia-Agricoltori Italiani Romagna, presentata ieri pomeriggio a Forlì nel corso dell’annuale convegno. La fotografia dell’andamento complessivo del comparto agricolo è stata illustrata dal direttore di Cia Romagna Alessia Buccheri, insieme al Responsabile del servizio tecnico fondiario e credito Marco Paolini e al Responsabile Caa Mirko Tacconi.

I dati della Provincia di Forlì-Cesena

Imprese agricole. L’agricoltura conta 5.840 imprese attive (16,4% delle imprese totali provinciali e 11,5% delle imprese agricole regionali); rispetto al 30/09/23 si registra un calo delle stesse del 2,2%. (Emilia-Romagna: -2,4%, Italia: -1,7%), che corrisponde, in termini unitari, a -130 imprese agricole.
Le imprese femminili agricole, alla data in esame, risultano essere 1.177 (-2,4%, -29 unità rispetto ai 12 mesi precedenti), il 15,9% sul totale delle imprese femminili e il 20,2% delle imprese del settore.

Le imprese giovanili agricole sono 209 (-1,4%, -3 unità rispetto ai 12 mesi precedenti), l’8,5% sul totale delle imprese giovanili e il 3,6% delle imprese del settore.
Gli occupati in agricoltura, nel 2023, sono risultati 11.982. Il settore impiega il 6,7% degli occupati totali provinciali (il 3,1% a livello regionale e il 3,6% a livello nazionale), mentre nel 2002 l’incidenza era pari al 7,5%.

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Nelle province romagnole, la superficie dedicata a barbabietola da zucchero risulta in aumento rispetto all’annata precedente; in totale si contano circa 1.174 ha, di cui 200 in coltivazione biologica, nella provincia di Forlì-Cesena sono 255 ha. L’annata è stata caratterizzata da una primavera particolarmente piovosa, che ha comportato importanti ritardi nella semina delle barbabietole, con la conseguenza che le rese produttive medie sono ai minimi storici con circa 40 ton/ha. Sul fronte delle oleoproteaginose mentre soia e colza segnano cali a doppie cifre degli ettari coltivati, la provincia mostra segnali di moderata crescita in particolare per il girasole con 1.680 ettari (+15,1%).

Forlì-Cesena guida la regione per numero di produttori biologici e per la vastità delle superfici coltivate con questo metodo, con 27.933 ettari certificati, il 33% della Sau complessiva. La provincia rappresenta un punto di forza nel contesto biologico regionale, nonostante le difficoltà economiche e climatiche abbiano rallentato l’espansione del settore. L’Emilia-Romagna è al quinto posto in Italia per quota di superficie certificata, a fine 2022 la regione era la prima in Italia.
Forlì-Cesena si distingue per la diversificazione delle attività proposte dai suoi 183 agriturismi, nonostante un calo del 5,2% nel numero di aziende rispetto al 2022, con 13 chiusure. È la provincia leader in regione per attività didattiche (123 aziende), culturali (144), sportive (120) e ricreative (147), consolidando il suo ruolo come centro attrattivo per il turismo esperienziale.

La provincia di Forlì-Cesena mostra stabilità nel settore delle orticole, ma risente delle difficoltà climatiche che limitano i guadagni dei produttori. La coltivazione di pomodoro da industria è salita a 95 ettari (+23 rispetto al 2023), con una resa stabile di 750 q/ha. Buon andamento anche per cipolle (380 q/ha) e spinaci, nonostante una lieve riduzione delle superfici coltivate. L’andamento climatico estivo ha colpito le semine successive, in particolare zucchine e lattughe, con produzioni complessivamente in calo.

Frutticolo. Per quanto riguarda il comparto frutticolo il territorio di Forlì-Cesena riflette un adattamento alle nuove condizioni climatiche, con una progressiva riduzione delle colture estive a favore di coltivazioni più resistenti. In provincia sono in calo gli ettari a ciliegio (-6%) e ad albicocco (-6.7%), ma nonostante una riduzione della superficie ad albicocche, la produzione è cresciuta del 10%, confermando una resa media di 120 quintali/ettaro (+16%). La provincia mantiene un ruolo significativo per le fragole con una produzione totale di oltre 30.000 quintali, nonostante una contrazione delle superfici (-25,9%).

Prezzi in aumento: 2,79 €/kg per la prima qualità. Pesche e nettarine proseguono la contrazione delle superfici. A tal proposito si precisa che per questo territorio è particolarmente evidente nel pesco (-21%), ma la riduzione degli ettari da un lato riflette la loro effettiva erosione per i continui estirpi, dall’altro nel 2024 è acutizzata da esigenze statistiche di riallineamento della serie dei dati alla fonte. C’è una ripresa delle rese medie (+29% circa), ai livelli del 2022, con una maggiore produzione. Ottima annata per il noce, che esprime la piena potenzialità produttiva con un miglioramento delle rese medie (+60%). Maggiori gli ettari coltivati (+2,5%) e in produzione (+11%). Stanno crescendo anche le superfici a nocciolo: gli impianti non hanno ancora raggiunto la piena produzione, ma il 2024 ha visto anche la prima raccolta nelle prime aziende agricole forlivesi che aderirono al progetto sulla coltura nel 2020.

Olivicoltura. dopo un 2023 da dimenticare, vede una produzione molto abbondante di olive, superiore all’annata 2022, che fu una campagna record in Romagna. Il forlivese-cesenate registra un aumento di produzione del 20,5% sul 2022, con 29.890 quintali di olive. Le rese medie in olio sono inferiori al potenziale: l’olio prodotto è circa 250.000 kg (-26,7% sul 2022) con qualità molto elevata. Per l’olio Dop “Colline di Romagna” (che comprende anche la provincia di Rimini) la produzione si prevede in linea con quella del 2022. La raccolta è iniziata il 7 ottobre e la previsione è che proceda per tutto novembre, e forse anche parte di dicembre, vista l’elevata produzione e la relativa scarsa disponibilità di manodopera nelle aziende agricole.

Vitivinicolo. La vendemmia è stata una delle più lunghe mai realizzate, dai primi di agosto sino ai primi di ottobre, anche a causa della sospensione del raccolto causata dall’alluvione di settembre. Le grandinate e il caldo torrido hanno ridotto le rese in alcune zone, ma nel complesso la produzione (615.000 quintali) è aumentata del 15% rispetto al 2023 ed è in crescita rispetto agli anni precedenti, ma ancora lontana dai livelli del 2020 (716.000 q.). Le uve precoci hanno mostrato condizioni eccellenti, l’acqua in eccesso durante l’alluvione ha invece penalizzato le uve tardive, con marciumi e abbassamento del grado zuccherino. In diversi casi l’appassimento è stato utilizzato per migliorare la qualità delle uve danneggiate. La superficie coltivata resta al livello dello scorso anno, in linea con quella degli anni precedenti.

Cerealicolo. Continua il calo delle superfici a frumento e di sorgo, mentre è cresciuto notevolmente il mais, arrivato a 450 ettari invertendo la tendenza degli anni passati. Nelle produzioni la provincia ha invece registrato un buon recupero sul disastroso 2023 e i volumi sono tornati vicini alla media storica, anche se i frumenti (142mila q. il duro, 468mila q. il tenero) e l’orzo (oltre 108mila q) restano lontani dai livelli del buon 2022.

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Zootecnia. Il comparto zootecnico in Romagna ha registrato un calo diffuso nel 2024, aggravato dai costi di gestione elevati, prezzi di vendita bassi, problemi burocratici e calo del personale. Gli allevamenti di bovini sono diminuiti da 386 a 373 (-3,4%), con una riduzione di circa 483 capi. Gli allevamenti suini sono calati maggiormente, da 171 a 155 (-9,4%), con una riduzione di oltre 6.300 capi, così come quelli di ovini, i cui allevamenti sono passati da 783 a 756 -3,5% e i capi calati di 1.500 ovini e 528 caprini. Stabile il settore avicolo, dove si registrano solo un leggero calo degli allevamenti di galline ovaiole (da 105 a 103) e un aumento degli allevamenti di tacchini (da 19 a 18).

Nell’apicoltura si è avuto un aumento di apicoltori, da 762 (2023) a 791 (2024), stabili i 18 biologici, mentre sono diminuiti in modo significativo gli alveari, biologici compresi. Il 2024 è stato un anno critico per il settore apistico a causa delle condizioni meteorologiche estreme che hanno ridotto drasticamente la produzione di miele, con rese insufficienti a coprire i costi di gestione per molti apicoltori.



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