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Di Sanremo ce n’è uno, tutti gli altri son nessuno. La longevità del Festival della canzone italiana, in effetti, non mette in discussione l’assunto: qualunque altra manifestazione musical-canora nel corso del tempo ha ceduto il passo. Alcune sembravano soverchiarlo ma no, niente, Sanremo è l’highlander delle kermesse e del nazionalpopolare, che forse prima di Sanremo nemmeno esisteva (non fate fact-checking, restiamo con la convinzione che sia così). N appellativi fané che ne codificano l’essenza e la struttura, il concorso canoro poi trasceso in show che tutti sono pronti a criticare, giudicare, ignorare e seguire in egual misura. Sanremo e gli anti-Sanremo, che ne hanno fortificato la storia. Tra questi, il Festival di Zurigo, che per dieci brevissimi anni fece concorrenza indiretta al carrozzone della città dei fiori. Prima come veicolo promotore dell’Italia all’estero e traghettatore dei talenti cultural-popolari italiani, poi come temibile avversario da silenziare, tra polemiche e libri bianchi vergati da mamma Rai.
La prima edizione del Festival di Zurigo, organizzata dalla Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, si tenne nel 1957, puntando inizialmente a promuovere la musica tricolore nella Confederazione Elvetica, dove vivevano moltissimi italiani. In realtà era un modo per raccogliere fondi per l’assistenza sanitaria degli emigrati in Svizzera, che non potevano permettersi di spendere i magri stipendi per curarsi, ricostruì l’Unità in un articolo del 1968: con la scusa di animare la festa per la musica italiana, si raggranellavano diverse centinaia di migliaia di franchi, e la comunità italiana all’estero restava particolarmente coesa. A dare la consulenza organizzativo musicale nel 1957 ci fu nientemeno che Claudio Villa, il reuccio del Festival di Sanremo, mentre dalla città dei fiori arrivarono tutti gli addobbi per l’allestimento del palco nella Kongresshaus di Zurigo: ad aggiudicarsi la vittoria furono altri due storici protagonisti dei primissimi Sanremo, Carla Boni e Gino Latilla, con la canzone Tutta colpa della luna. Boni e Latilla cantarono quasi tutti i brani in gara -all’epoca poteva succedere: si premiavano essenzialmente le canzoni e non gli interpreti-, e la serata fu trasmessa sul canale Programma Nazionale, l’antesignano di Rai Uno, usufruendo dell’Eurovisione.
Il format del Festival della canzone italiana di Zurigo prende piene, piace il contorno: non c’è manifestazione canora senza polemiche, montate ad arte o meno, i giornalisti italiani e svizzeri ne approfittano per montare curiosità e attenzione attorno ai cantanti partecipanti, tra i quali Tonina Torrielli, Lolita, Giacomo Rondinella, il Duo Fasano, Tullio Pane (che lo vincerà per due volte consecutive). Alla conduzione nelle prime edizioni vengono chiamati presentatori italiani come Alighiero Noschese, Adriana Serra, Enzo Tortora, fino a quando non si opta per la coppia professionale formata da Heidi Abel, regina della televisione svizzera in lingua tedesca, e Raniero Gonnella, attore e caratterista di successo nei teatri della Confederazione, che porteranno a compimento l’avventura del Festival di Zurigo fino all’ultima edizione.
La Rai, dal canto suo, promuove il Festival della canzone italiana di Zurigo a partire dal 1959, quando comincia a trasmetterlo in diretta e non in differita. Prima sul Programma nazionale, poi sul Secondo canale, tradizionalmente dedicato ai più giovani (anche se poi Sanremo troverà casa fissa proprio su Rai Uno). Le case discografiche accorrono, pagando, per portare i loro cantanti a farsi l’ugola all’estero e allargare il mercato. Le casse sono belle rimpinguate, anche al netto dell’iniziale mutualismo per gli immigrati. Sembra la classica situazion win-win che fa contenti tutti, ma non è esattamente così. Nel 1967, l’annus horribilis di Sanremo con la morte di Luigi Tenco e il fallout drammatico della sua scomparsa, la Rai fa una mossa che nessuno riesce a spiegarsi: invece di mandare in diretta il Festival della canzone italiana di Zurigo, lo trasmette in differita. Di ben 16 giorni, stavolta, e non di poche ore. La motivazione? Il controllo del materiale girato, nonostante la manifestazione vada in diretta eurovisiva in altri paesi europei. I discografici sono furiosi, si lamentano con le dirigenze e i capistruttura della tv di Stato: hanno pagato per avere un certo tipi di visibilità, non gli è stata concessa. “Ci hanno pugnalato alle spalle” avrebbe commentato dolente Giovanni Iviglia, il segretario generale della Camera di Commercio italiana e presidente effettivo del Comitato delegato della Croce Rossa in Svizzera, dalle pagine dell’Unità nel 1968. Non si è mai saputo il perché della decisione, anche visti gli elogi che la manifestazione era arrivata a ottenere pure dall’estero. Il Festival della canzone italiana di Zurigo si esaurì all’improvviso, interrotto per mancanza di interesse (o per altri interessi mai chiariti), e calò il sipario su una vetrina fiorata per la musica nazionalpopolare, perfetta per un certo tipo di esportazione. Soffiava già la contestazione, anche in Svizzera, forse e non era più tempo di dolci melodie. Ma questa probabilmente era solo un’altra scusa.
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