Quali sarebbero gli eventuali scenari in caso di conflitto in materia di leva militare per l’Italia? Ecco alcuni interessanti chiarimenti in merito.
Lo sviluppo del conflitto tra Russia-Ucraina attualmente in corso ha portato le autorità e i cittadini ad interrogarsi sulla possibilità che l’Italia, in quanto membro della NATO, possa dover rispondere ad una chiamata ad una chiamata alle armi. La discussione è ulteriormente attualizzata dalla proposta di legge della Lega riguardo la reintroduzione della leva militare obbligatoria per i cittadini idonei dai 18 ai 26 anni, ma quale sarebbe la prassi da rispettare?
Le disposizioni internazionali
L’Italia, da paese membro del Patto Atlantico risponde alle disposizioni del Trattato dell’Alleanza atlantica ratificato nel 1949, che all’articolo 5 impegna i paesi membri ad intervenire in aiuto di qualsiasi membro la cui sovranità o il cui territorio siano attaccati.
Cosa dice la legge in Italia sulla leva militare in caso di conflitto
L’articolo della Costituzione al quale si fa riferimento in materia di conflitti internazionali è principalmente l’articolo 11: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa agli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. In caso di attacco diretto, interviene l’articolo 78 della Carta, che dichiara che sono le Camere a deliberare lo stato di guerra, conferendo al Governo i poteri necessari all’intervento. Inoltre, l’articolo 52 ribadisce che la difesa della Patria è un “sacro dovere del cittadino”, e che il servizio militare è obbligatorio nei limiti previsti dalla legge. In Italia, il servizio militare obbligatorio è stato sospeso (ma non abolito) con la legge Martino, la n. 226 del 2004, riformando di conseguenza il ruolo dei volontari nelle forze armate.
Chi verrebbe arruolato per primo?
I cittadini civili sono ultimi in ordine di chiamata alle armi, perché i primi a rispondere alla chiamata sarebbero i diversi corpi armati nazionali, come Esercito, Marina, Aeronautica militare, Carabinieri e Guardia di Finanza. A seguire, verrebbero interpellati i membri delle Forze Armate che abbiano lasciato il servizio da meno di cinque anni, e solo alla fine i civili. Le liste di leva comprendono i cittadini maschi dai 18 ai 45 anni d’età ritenuti idonei. L’ipotesi di ricorrere alla chiamata per i civili è meno probabile perché i civili avrebbero bisogno di una formazione fisica e tecnica che invece i membri delle Forze Armate e delle Forze dell’Ordine già posseggono. In ogni caso, la chiamata non può essere rifiutata.
Tuttavia, sono esclusi dalla chiamata i Vigili del fuoco e gli appartenenti alle Forze di polizia ad ordinamento civile, dalla Polizia di Stato alla penitenziaria alla Polizia locale.
La proposta della Lega per la leva obbligatoria
Da queste riflessioni nasce la proposta della Lega in materia di ripristino del servizio militare obbligatorio, presentata a Maggio 2024. Il progetto di legge si intitola “Istituzione del servizio militare e civile universale territoriale e delega al Governo per la sua disciplina” e prevede sei mesi di servizio militare per ragazzi e ragazze dai 18 ai 26 anni d’età, da svolgersi prioritariamente nella propria Regione e Provincia di residenza salvo diversa richiesta. Alternativamente, sarà possibile svolgere il servizio civile, inserendosi nel sistema nazionale della Protezione Civile e del soccorso pubblico o collaborando con il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. Il percorso, che sia militare e civile, è da intendersi come percorso di formazione.
Quanto costa un anno di leva?
I costi economici del progetto di leva obbligatoria sono stati reputati poco sostenibili: l’Istituto IFO di Monaco di Baviera, un istituto di ricerca economica legato all’Università di Monaco, ha stimato che se il servizio di leva fosse obbligatorio per un anno in Germania per un intero gruppo d’età, l’economia potrebbe subire una battuta d’arresto di 70 miliardi di euro, pari all’1,6% della crescita. Se venisse chiamato solo un quarto degli arruolabili la perdita si attesterebbe intorno ai 17 miliardi di euro, mentre se il servizio militare fosse svolto dal 5% degli arruolabili la perdita sarebbe di circa 3 miliardi.
Fonte: articolo di Maria Luisa Rescigno
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