Energie rinnovabili in Sicilia, il cammino tortuoso verso il 2030

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La necessità di sfruttare meglio l’enorme potenziale dell’isola

Una corsa contro il tempo. Così si presenta il percorso che dovrà essere intrapreso dalla Sicilia in direzione delle energie rinnovabili per rispettare gli obiettivi 2030 richiesti dall’Unione europea. A tracciare quanto indietro sia rimasta in tal senso l’Isola è l’ultimo rapporto di Legambiente su “Regioni e aree idonee. Le fonti rinnovabili nelle Regioni italiane, la sfida verso il raggiungimento degli obiettivi al 2030 attraverso le aree idonee”.

La Regione, nonostante l’enorme potenziale per le fonti rinnovabili, registra una crescita troppo lenta e incerta, ostacolata da problemi strutturali e decisionali. E i prossimi passaggi saranno decisivi per comprendere in che direzione andare e quanto tempo sarà necessario per raggiungere gli obiettivi, a oggi ancora distanti.

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Il quadro complessivo descritto da Legambiente evidenzia che in Italia, dal 2021 al 2024, sono stati realizzati 17,88 GW di impianti a fonti rinnovabili, superando l’obiettivo fissato per il 2024 di 16,1 GW. Nonostante questo, il Paese ha raggiunto solo il 23,2% del traguardo per il 2030, che prevede un incremento di 80 GW. La Sicilia si inserisce in questo contesto con una performance modesta, che la colloca tra le regioni in difficoltà.

Secondo i dati, la Sicilia ha registrato una crescita insufficiente sia nell’ambito dell’energia solare che in quello eolico, non riuscendo a sfruttare pienamente il proprio potenziale. Il report segnala che l’isola, come altre regioni del Sud Italia, soffre di ostacoli burocratici e amministrativi, oltre che di una scarsa capacità di pianificazione strategica.

Entro il 2030, la Sicilia dovrà installare 10,5 GW di nuova capacità per rispettare il cosiddetto “burden sharing”, ossia la distribuzione degli obiettivi climatici tra le regioni italiane. Per raggiungere questo traguardo, la Sicilia dovrebbe triplicare annualmente la capacità installata e mantenerla costante fino al termine del decennio.

Il decreto del Governo, che delega alle Regioni la definizione di tali aree, ha portato a interpretazioni contrastanti. In Sicilia, come in altre regioni, questa responsabilità non è stata ancora tradotta in un quadro normativo chiaro e stabile. Legambiente richiama la necessità di individuare aree idonee in maniera strategica, senza relegarle a zone marginali o degradate, come spesso accade. La definizione delle aree idonee e lo snellimento dei procedimenti autorizzativi saranno i cardini di questo processo. 

Un ritardo preoccupante

Dati alla mano, nel 2023 la Sicilia ha aggiunto solo 571 MW di nuova capacità rinnovabile, un dato ben lontano dal target necessario per il 2030, che richiede un triplicamento annuale della potenza installata. Al momento, oltre il 70% dell’energia elettrica siciliana proviene da fonti fossili, un paradosso per una regione che potrebbe essere trainante nel panorama italiano delle rinnovabili. Non solo un problema ambientale, ma anche economico e sociale: la mancata transizione energetica implica una dipendenza persistente da combustibili inquinanti e costosi.

Tra i fattori che rallentano la transizione figurano le lungaggini burocratiche, con progetti ancora in attesa di approvazione. La complessità normativa e le sindromi “NIMBY” e “NIMTO” (opposizione locale ai nuovi impianti) rappresentano un’altra criticità. Tra i temi approfonditi dal QdS nel corso delle ultime settimane, proprio quello delle rinnovabili e dello sprint voluto da Calogero Giuseppe Burgio, Dirigente Generale del Dipartimento dell’Energia della Regione Sicilia.

L’obiettivo della Regione in prospettiva è chiaro: puntare sulle rinnovabili anche in funzione dei posti di lavoro che il settore può produrre. “Il presidente Schifani e l’assessore Di Mauro sono stati chiari sin dal primo momento: era necessario arginare l’emorragia di siciliani in fuga all’estero o al Nord Italia. Per farlo bisognava trovare nuovi posti di lavoro e pensare a una filiera industriale che potesse affermarsi nell’Isola grazie anche alle sue capacità geomorfologiche. Da qui, l’idea di investire in un comporta ad alto rendimento di posti di lavoro: l’eolico offshore”, ha spiegato Burgio al QdS.

Energia solare, idroelettrica, eolica. Con un occhio di riguardo per una delle energie prodotte nel sottosuolo della Sicilia e mai sfruttate: quella geotermica. E con la possibilità, partendo dall’eolico offshore, di realizzare una filiera che consenta alla Sicilia di diventare un hub per tutta l’area del Mediterraneo. 

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Oltre agli aspetti energetici, la transizione alle rinnovabili rappresenta una leva per affrontare le ferite ambientali e sociali del territorio, come dimostrano le aree industriali inquinate di Priolo e Gela. Convertire questi siti in poli di innovazione ecologica potrebbe garantire non solo energia pulita, ma anche opportunità di sviluppo sostenibile.

Per cambiare rotta, la Sicilia deve accelerare l’identificazione delle aree idonee per un processo che dovrà essere inclusivo e trasparente, coinvolgendo esperti, amministrazioni locali e cittadini. Centrale poi il tema della semplificazione autorizzativa con la creazione di una cabina di regia nazionale sullo standard di quella proposta per l’emergenza siccità.

E ancora la possibilità di incentivare gli investimenti privati attraverso operazioni di project financing. La chiarezza normativa e l’eliminazione delle incertezze, sono in tal senso essenziali per attrarre capitali e accelerare la transizione.

Confronto nazionale

A livello italiano, sono stati installati solo 5.677 MW di nuove rinnovabili nel 2023. Ma ben 81 progetti sono ancora bloccati per via di contenziosi o attese autorizzative tra Mase e regioni. Con i suoi 571 MW, la Sicilia si posiziona tra le regioni con un contributo limitato, lontana da realtà come la Puglia, che registra progressi più significativi grazie a una pianificazione più incisiva e a meno ostacoli burocratici rispetto a una normativa nazione obsoleta, risalente al 2010, e non più in linea con le nuove tecnologie.

Non a caso al largo di Taranto è presente il primo e unico parco eolico marino del Mediterraneo. Il Beleolico, inaugurato nel 2022, assicura una produzione pari al fabbisogno annuo di 60mila persone. Gli impianti che nella volontà del governo regionale saranno realizzati in Sicilia contribuiranno a una produzione di molte superiore a questi numeri. Ma i MW necessari per raggiungere gli obiettivi europei non arriveranno in tempo: bisognerà attendere degli anni prima che tutto il sistema entri a regime anche in Sicilia.

A livello nazionale, il Trentino-Alto Adige guida la classifica con un impressionante 60,8% dell’obiettivo raggiunto per il 2030. Seguono regioni come Friuli-Venezia Giulia, Lazio e Valle d’Aosta, che si attestano tra il 30% e il 35%. Al contrario, la Sicilia si posiziona tra le regioni più in ritardo, con una percentuale inferiore al 20%, simile a quella di Calabria (14%) e Sardegna (13,9%).

Quest’ultima, con un disegno di legge, ha volontariamente rinunciato al raggiungimento degli obiettivi imposti dall’Europa con il divieto di costruzione di nuovi impianti sul 99% del proprio territorio. Bloccati non solo i nuovi progetti, ma anche gli interventi di repowering o revamping su impianti esistenti. 

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Un passaggio che non salverà la Sardegna dal tema del rischio ambientale. Questo perché l’Isola presenta nelle sue viscere uno dei dati più elevati tra le regioni italiane riguardanti la presenza di cave e miniere. Proprio quelle che l’Europa ha chiesto all’Italia di riaprire, ben prima del 2030, per andare alla ricerca di materie prime non più estratte da oltre quarant’anni.

Le proposte di Legambiente per accelerare il cambiamento

Nel suo report, Legambiente ha avanzato una serie di proposte operative per aiutare regioni come la Sicilia a colmare il gap. Tra queste, la semplificazione delle procedure autorizzative, l’ampliamento delle aree considerate idonee e il coinvolgimento delle comunità locali. È fondamentale, secondo l’associazione, superare l’idea che il paesaggio debba rimanere immutabile. La convivenza tra rinnovabili e tutela del territorio è possibile, a patto che i progetti siano ben integrati e sviluppati con il consenso delle comunità.

Nel report, Legambiente sottolinea anche l’importanza di promuovere l’agrivoltaico, una tecnologia che consente di combinare produzione agricola e generazione di energia solare. In una regione come la Sicilia, dove l’agricoltura è una risorsa fondamentale, questa soluzione potrebbe rappresentare un punto di svolta, garantendo benefici sia economici che ambientali.

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