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Basilicata Casa Comune: un nuovo inizio per la nostra terra

Cari amici, Un anno… e siamo già grandi. Sono passati poco meno di 12 mesi da quando, il 16 dicembre 2023, con l’assemblea al Motel Park di Potenza chiamammo la società civile all’impegno per contribuire a mettere sui binari questa nostra Regione e già oltre 11 lucani su cento hanno condiviso col voto la scelta di Basilicata Casa Comune.

Abbiamo percorso insieme un lungo cammino, un cammino fatto di sogni, di speranze e di un profondo amore per la Basilicata.

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Ricordo ancora l’emozione di quei primi incontri, quando un gruppo di persone unite dalla passione per la nostra terra ha deciso di intraprendere questo percorso.

Ora, quel sogno diventa realtà. Basilicata Casa Comune non è solo un movimento politico, è un progetto di rinascita per la Basilicata, un impegno solenne a restituire speranza e futuro alla nostra regione.

Un movimento che nasce dalla volontà di dare una voce a tutti coloro che credono in un futuro migliore per la Basilicata.

La politica troppo spesso è percepita come lontana e astratta, deve tornare ad essere uno strumento al servizio dei cittadini. Vogliamo avvicinare le persone alla politica, perché il contributo di ognuno è fondamentale per costruire il bene comune.

Oggi siamo qui per dare un corpo più forte alla nostra organizzazione, affinché possa incidere maggiormente nella nostra realtà locale e possa anche diventare fermento per tutta l’Italia come ci dicono le attese di quanti, da altre regioni, ci hanno contattato.

Non posso non ricordare con emozione e affetto quanti hanno condiviso questo cammino sin dall’inizio.

La semplicità con cui siamo partiti e abbiamo mosso passi importanti, ma ora dobbiamo essere capaci di cogliere le sfide anche organizzative, che impone il passaggio da un gruppo che può riunirsi intorno a un tavolo a una realtà rappresentativa di una platea più vasta.

E lo dico subito: dobbiamo farlo senza cadere nella trappola di deleganti e delegati, ma con un’azione continua mirata al coinvolgimento attivo di tante persone esponenti di quel civismo di cui siamo espressione.

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Oggi non mettiamo le basi di piedistalli ma di una Casa Comune, aperta, inclusiva partecipata, con solide fondamenta e ampie finestre. Perché le nostre fondamenta sono solide.

L’ho detto a un giornalista che mi ha intervistato nei giorni scorsi: non abbiamo posizioni ondivaghe, non percorriamo strade terzaforziste – magari per più agevolmente spaziare tra destra e sinistra – 

Ma siamo il centro del centrosinistra. E la visione che abbiamo dalle nostre finestre è quella di un centro che cresce. Un centro che cresce innanzitutto motivando la “forza dei miti” che in questi anni passati hanno scelto la strada del non voto non riconoscendosi in quello che era diventato un “mercato politico”; ma anche un Centro che cresce riunendo quella che da alcuni decenni è diventata una diaspora, tra galassie di sigle minori, minoranze di forze eterogenee e aree di centro collocate in contesti innaturali.

Un proverbio africano dice che se vuoi andare veloce devi viaggiare da solo, ma se vuoi andare lontano devi muoverti in gruppo. Ed è in questa prospettiva che è opportuno iniziare anche a pensare a un progetto federativo delle forze di centro.

Almeno di quelle forze che ritengono sia venuto il momento di dare a questa area culturale del Paese una capacità di incidere pari al suo peso, senza venire vissuti come un male necessario per conquistare al centro la soglia della maggioranza necessaria a governare l’Italia, salvo poi vivere il contributo dei moderati come un peso da limitare.

E’ quello che vediamo anche negli ultimi giorni. Nel centrodestra nazionale, con i moderati dell’Udc praticamente usciti di scena e quelli di Forza Italia a vivere imbarazzi quotidiani per le intemerate di una destra autoritaria e violenta.

E sull’altro versante vediamo che dove il centrosinistra riesce ad essere più inclusivo, non solo in termini di sigle, ma di apertura al civismo e ai livelli di rappresentanza più prossimi alle persone, riesce non solo a costruire progetti vincenti ma a ottenere la partecipazione delle comunità.

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Lo abbiamo visto in Emilia, lo abbiamo visto in Umbria, dove la presenza di una lista a noi affine è sfumata anche perché, lo dico con una battuta, per mesi sono stati impegnato a testare la sanità lucana in prima persona, ma dove nella stessa figura della presidente Stefania Proietti, con il nostro stesso portato di valori, nel consenso raccolto dalle liste civiche e nello sforzo fatto anche dai tanti amici di Umbria Casa Comune ci dicono che la strada tracciata è quella giusta. Nonostante la comune provenienza cattolica e la profonda stima e amicizia con la Presidente Proietti, il discorso non è confessionale.

Il secondo novecento italiano si resse prima sulla competizione e poi sulla cooperazione di due grandi forze popolari, una di sinistra l’altra nata in ambito cattolico, ma che ribadiva, in pubblico come nei pur frequenti confronti con le gerarchie d’oltretevere, la natura laica di una forza politica improntata al principio di Libera Chiesa in Libero Stato.

Due forze che avevano a fondamento uno stesso concetto che Giorgio La Pira ben sintetizzò quando disse “L’autorità appare ai miei occhi solo come tutrice dell’oppresso contro il potente”.

E l’oppresso, in questi tempi, ha un volto anche più difficile da decifrare. In molti casi ha i volti di persone e famiglie che hanno difficoltà quotidiane per la spesa come per le cure e per l’istruzione.

Donne ed uomini che magari hanno anche un lavoro, ma che tra redditi insufficienti e servizi che mancano non riesce a garantirsi una vita tranquillità E’ a loro che abbiamo pensato in questi giorni, perché nelle prossime ore presenteremo una proposta di legge regionale con misure di sostegno alle famiglie che vanno dall’assegno di natalità alle cure odontoiatriche per i minori, dal sostegno a chi deve andare fuori regione per cure a voucher per i nidi, e ancora a misure per la conciliazione casa-lavoro e al supporto per gli studi universitari.

Decine di migliaia di persone che, nella loro dignità, spesso non chiedono nulla e a cui con poco si potrebbe rendere una vita migliore.

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Con un’azione rigorosamente improntata alla legalità che assicuri a tutti sanità, istruzione, lavoro, accesso alla cultura, con un modello di sviluppo sostenibile, basato sulle risorse naturali che questa terra ci offre e che metta al centro, proprio quanti da soli stentano a farcela.

Ma a loro nessuno ci pensa, spesso concentrati su livelli di interessi ben diversi e su bonus a pioggia improntati al populismo che fanno parti uguali tra disuguali e a volte danno più a chi ha più o consuma di più e meno a chi non ha mezzi.

E’ una visione della politica. Attenti a chi è forte per avere un forte sostegno. E così, a volte, si superano anche le elezioni.

Correre in soccorso a potenti e vincitori, come diceva Flaiano, è uno sport molto praticato in questa Italia, ma non ci appartiene. E ci preoccupa, invece che questa attitudine a fronte di tendenze autoritarie possa favorire le tentazioni di un potere che prova ad autolegittimarsi e autoprorogarsi mettendo alla berlina chiunque si frapponga, dalla stampa ai magistrati, dai lavoratori alle forze sociali.

Questo perché, come ci ha ricordato il Presidente della Repubblica Sergio Matterella intervenendo a luglio scorso alla settimana sociale dei cattolici a Trieste, riportandoci a Norberto Bobbio “le condizioni minime della democrazia sono esigenti: generalità e uguaglianza del diritto di voto, la sua libertà, proposte alternative, ruolo insopprimibile delle assemblee elettive e, infine e non da ultimo, limiti alle decisioni della maggioranza, nel senso che non possano violare i diritti delle minoranze e impedire che possano diventare, a loro volta, maggioranze. È la pratica della democrazia che la rende viva, concreta, trasparente, capace di coinvolgere”.

Non c’è democrazia senza coinvolgimento e non c’è coinvolgimento senza trasparenza. E senza trasparenza non c’è nemmeno autorevolezza.

Bardi e la sua maggioranza di centrodestra, in questo, hanno perso l’ennesima occasione quando hanno detto no alla proposta che, come Gruppo di Basilicata Casa Comune e col sostegno di tutto il centrosinistra abbiamo avanzato sulla necessità di una commissione di inchiesta sull’emergenza idrica. Hanno perso un’occasione e non solo perché anche a loro farebbe bene capire quali sono cause, motivi e colpe di una situazione paradossale in uno dei territori più ricchi di acqua dell’Italia.

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Ma hanno perso un’occasione forse soprattutto perché hanno continuato a lacerare il rapporto di fiducia coi cittadini, non lavorando per offrire quelle risposte di sicurezza, salute e stabilità che le persone chiedevano.

E il fatto che sia arrivata prima la magistratura a fare questa operazione di chiarezza, indipendentemente da eventuali responsabilità che emergeranno, rappresenta l’ennesima sconfitta per questa politica. Una sconfitta di chi vuole chiudere gli occhi.

Come avviene per la Sanità, come è avvenuto qui a Matera, una delle 5 peggiori Asl d’Italia secondo la valutazione Agenas.

Una situazione di cui per cinque anni Bardi e le sue giunte non hanno preso nemmeno coscienza, lasciando che le incapacità di un management inadeguato ma amico fossero superate solo – e fortunatamente – da occasioni professionali fuori regione, e che oggi troppo spesso vengono affrontate con misure spot, che spostano l’asse della spesa dal pubblico al privato, e vissute più in termine di narrazione che di sostanza, come quando si presenta anche l’assunzione di un singolo operatore socio assistenziale al posto di chi è andato via come l’operazione strategica che cambierà le sorti dei pazienti lucani.

Eppure anche su questo fronte il concetto è semplice: “L’importante – diceva Gino Strada – è capire fino in fondo che se ci sono persone che hanno bisogno di essere curate questo vada fatto”;

Ma questo evidentemente al nostro governo regionale non importa. Le esigenze di filiera hanno preso il sopravvento sulle esigenze di servizio.

E’ lo stesso di quanto accaduto nel processo di Matera capitale della Cultura 2019.

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La città, con la sua intrinseca forza, oggi si appresta al ruolo di “Capitale mediterranea 2026 della cultura e del dialogo” ma l’aver interrotto il processo virtuoso partito col traguardo del 2019 rappresenta un’occasione persa non solo per questa comunità ma per l’intera Basilicata con le ricadute che potevano esserci e iniziavano ad esserci.

Un atto di sabotaggio nei confronti della Fondazione Matera Basilicata 2019 che rappresenta un sabotaggio per una comunità in cui il centrodestra non è riuscito a sfondare e dove, anche alle ultime elezioni regionali, il centrosinistra ha ottenuto un consenso molto superiore alle forze di governo regionale. Anche questo deve chiamare la nostra area politica a responsabilità.

Matera merita unità e un programma chiaro, perché nulla è compromesso ma bisogna recuperare il tempo perduto. Lo dico in spirito di servizio: mettiamoci al lavoro quanto prima, apriamo porte e menti e abbandoniamo vecchi schemi e tentazioni antistoriche per dare a Matera l’amministrazione che merita, per garantire a tutta la Basilicata il potenziale di crescita che questa straordinaria città può offrire.

Un’offerta generosa che può andare anche oltre i confini della Basilicata, dell’Italia e dell’Europa.

Essere capitale del dialogo del Mediterraneo in un tempo funestato da guerre dichiarate e non, è una responsabilità a cui Matera è chiamata.

Scrivere il nome di questa terra in un processo di pacificazione che non si basi solo sul semplice tacere delle armi, ma su condizioni di equità e giustizia per i popoli.

Il mio sogno è che Matera, possa proporsi come punto d’incontro per sanare le fratture. Una ribalta di livello già internazionale che si caratterizzi ulteriormente su questi temi dando un contributo decisivo e assumendo un ruolo di primo piano.

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Ai giovani diciamo non arrendetevi, la Basilicata ha bisogno del vostro talento, della vostra creatività. Investite nella vostra formazione, coltivate le vostre passioni e non abbiate paura di pensare in grande.

La Basilicata può e deve diventare una regione all’avanguardia, un modello di sviluppo per tutto il mezzogiorno, ma per farlo abbiamo bisogno di un impegno corale, di una visione condivisa e di azioni concrete.

È tempo di agire, di trasformare le parole in fatti e costruire un futuro migliore per noi e per le generazioni che verranno.

Il cammino che ci aspetta, su tutti questi fronti, è lungo e impegnativo. Sono convinto che già l’azione sviluppata in questi mesi, tra la gente e alla Regione, non è poca cosa; ma sono certo che insieme possiamo raggiungere risultati molto più grandi. Come diceva Giorgio La Pira, “La politica non è un mestiere, ma una missione”.

Una missione che noi di Basilicata Casa Comune intendiamo svolgere con umiltà e determinazione avendo appreso la lezione di De Gasperi quando spiegava che “Un partito non è fine a sé stesso; un partito è l’organizzazione di una buona volontà che ha un certo programma con un certo spirito, che viene da concetti superiori a quelli che possono muovere la vita quotidiana ed è al servizio di una causa.”

Ringrazio tutti voi per la vostra presenza e per il vostro sostegno. Un ringraziamento particolare va al Presidente Mattarella, per il suo impegno costante a favore dell’unità nazionale e per il suo esempio di alto senso dello Stato.

Insieme possiamo costruire una Basilicata migliore, una Basilicata dove tutti abbiano la possibilità di realizzare i propri sogni.

Angelo Chiorazzo



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