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Di Roberto Demaio
Per la prima volta, Volodymyr Zelensky ha ipotizzato il raggiungimento del cessate il fuoco e della “pace” senza esigere la restituzione immediata dei territori dichiarati russi nel settembre 2022. In un’intervista, il presidente ucraino ha dichiarato che una possibile soluzione al conflitto sarebbe porre i territori attualmente controllati da Kiev «sotto l’ombrello della NATO», accettando temporaneamente il controllo russo sulle aree occupate ma con l’obiettivo di riportarle sotto la propria gestione tramite futuri accordi diplomatici. Zelensky ha infatti ricordato che, secondo la costituzione ucraina, sarebbe impossibile riconoscere i «territori occupati» da Mosca come russi anche se, d’altra parte, si è detto disponibile a considerare l’idea di far entrare nell’alleanza atlantica solo la parte di Ucraina attualmente controllata, nonostante ad oggi non sia arrivata alcuna proposta ufficiale a riguardo. Tutt’altro che infondati i sospetti riguardanti il nuovo inquilino alla Casa Bianca, visto che lo stesso Zelensky ha dichiarato di aver avuto una «costruttiva» conversazione con il nuovo presidente statunitense in seguito alla sua elezione.
L’intervista si è svolta con il corrispondente capo di Sky News, Stuart Ramsay, il quale ha chiesto al presidente ucraino se fosse disposto ad accettare un accordo che preveda l’ingresso di Kiev nella NATO e il congelamento della linea del fronte. «Nessuno ci ha mai proposto di entrare nell’Alleanza con una parte o l’altra dell’Ucraina. I fatti dicono che è una soluzione per far cessare le ostilità, in quanto potremmo semplicemente far entrare nella NATO la parte di Ucraina che controlliamo. Potrebbe essere possibile, ma l’invito di adesione dovrebbe essere mandato all’Ucraina riconoscendo i confini accettati internazionalmente. Non puoi mandare l’invito a solo una parte del Paese. Sarebbe come riconoscere che l’Ucraina è solo quella parte del territorio, mentre il resto è russo», ha risposto Zelensky, aggiungendo che per porre fine alle ostilità bisognerebbe proteggere «sotto l’ombrello NATO» i territori ancora sotto il controllo di Kiev, puntando alla riacquisizione diplomatica di quelli occupati. Ramsay ha poi chiesto chiarimenti su come considerare i “territori occupati” come ucraini lasciandoli di fatto a Mosca, e Zelensky ha risposto: «Molti paesi ci hanno proposto un cessate il fuoco. La domanda è: “cessate il fuoco dove?”. Il secondo punto è il seguente: si parlerà di cessate il fuoco garantendo che Putin non tornerà più? Per questo parlavo di NATO. Ne abbiamo bisogno. Altrimenti Putin tornerà. Altrimenti come potremmo parlare di cessate il fuoco?».
Presumibilmente, la vittoria di Trump sembra un fattore rilevante per Kiev, poiché Zelensky ha parlato di un “nuovo modello” di relazioni: «Voglio lavorare direttamente con lui perché ci sono voci diverse nelle persone che lo circondano. Ed è per questo che non dobbiamo permettere a nessuno di distruggere la nostra comunicazione. Ciò non sarà utile e sarà distruttivo. Dobbiamo cercare di trovare il nuovo modello. Voglio condividere con lui idee e voglio sentire da lui». D’altra parte invece, le agenzie di stampa russe non riportano ancora commenti alle ultime affermazioni del presidente ucraino, ma è lecito aspettarsi che nei prossimi giorni alcune dichiarazioni verranno fatte, visto che non è stato spiegato con precisione che cosa si intende con «ombrello NATO» e considerando che Putin dall’inizio del conflitto ha spesso mostrato una posizione intransigente riguardo a qualsiasi accordo che implicasse l’ingresso di Kiev nell’alleanza. Per ora, la stampa di Mosca riporta le ultime novità riguardanti il conflitto in corso e la sua inerzia, la quale certamente non sembra favore di Kiev: la Tass scrive di oltre 36.800 soldati e 225 carri armati ucraini persi a Kursk dall’inizio dei combattimenti nella regione, mentre RIA Novosti rivela come l’Ucraina, a causa della carenza di elettricità, starebbe richiedendo aiuto a «Polonia, Slovacchia, Romania, Ungheria e Moldavia per un volume totale di 11.747 MW». Il tutto in aggiunta alle migliaia di disertori che, secondo militari intervistati dalla stampa internazionale, avrebbero compromesso significative linee del fronte e ai consigli della Casa Bianca riguardanti l’aumento dell’esercito abbassando a 18 anni l’età della coscrizione.
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