317 miliardi negli USA, +18% in Medio Oriente

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SIPRI: “Continua la corsa agli armamenti nucleari tra superpotenze; per le aziende è un business di lunga durata”

L’industria delle armi non conosce crisi, soprattutto in tempi di guerra come questi. Sebbene i ricavi delle principali aziende italiane del settore degli armamenti siano calati del 10% nel 2023, quelli delle aziende più importanti a livello globale sono aumentati del 4,2% rispetto all’anno precedente. Questo dato, che non dovrebbe sorprendere, è stato pubblicato dal SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute) nel suo rapporto che analizza i ricavi complessivi delle 100 maggiori aziende del settore, la cosiddetta “SIPRI Top 100”. L’incremento è dovuto alla crescita costante della domanda, trainata dai conflitti in corso nella Striscia di Gaza e in Ucraina. In particolare, il settore continua a essere dominato dalle aziende statunitensi, i cui ricavi rappresentano la metà del totale globale, con 317 miliardi di dollari e un incremento del 2,5% rispetto al 2022. Tra le principali aziende americane inserite nella “SIPRI Top 100” figurano Lockheed Martin, RTX (precedentemente Raytheon Technologies), Northrop Grumman, Boeing e General Dynamics.

Per quanto riguarda l’Asia, la crescita è stata sostenuta soprattutto dalla Cina, dalla Corea del Sud e dal Giappone. Sebbene Pechino abbia registrato il tasso di crescita più basso dal 2019, a causa di un rallentamento economico generale, rimane il secondo paese al mondo per valore aggregato di ricavi nel settore. Le aziende sudcoreane, come il gruppo Hanwha, hanno visto aumenti significativi grazie ad acquisizioni strategiche e nuovi contratti di esportazione con paesi come Australia e Polonia. In Giappone, le aziende del settore hanno beneficiato di un notevole incremento degli ordini interni, frutto di un programma di riarmo senza precedenti dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. In Europa, invece, il quadro appare più eterogeneo. Le 27 aziende europee presenti in classifica hanno totalizzato ricavi per 133 miliardi di dollari, con una crescita marginale dello 0,2%, il tasso più basso tra tutte le regioni del mondo. Tuttavia, le aziende britanniche come BAE Systems e Atomic Weapons Establishment hanno registrato un incremento più significativo rispetto alle altre aziende del continente, principalmente grazie ai maggiori investimenti nel programma nucleare del Regno Unito.

Segnali di leggera flessione arrivano dalle aziende italiane e francesi. In particolare, le due aziende italiane presenti nella “SIPRI Top 100”, Leonardo e Fincantieri, hanno perso entrambe una posizione rispetto all’anno precedente. Leonardo, al 13° posto, ha registrato ricavi per 12,4 miliardi di dollari, segnando un calo dell’11%, dovuto principalmente alla riduzione delle entrate nei segmenti aeronautico ed elicotteristico. Fincantieri, al 51° posto, ha riportato un calo del 6% nei ricavi, attribuito alla conclusione della produzione e alla consegna di un importante contratto di esportazione con il Qatar. Le aziende francesi hanno subito un calo complessivo dei ricavi, trainato dalla diminuzione delle esportazioni dei caccia Dassault Rafale, progettati per l’attacco al suolo, la ricognizione e la deterrenza nucleare. Il Rafale è stato esportato in vari paesi, tra cui India, Egitto e Grecia. Passando alla Russia, le due aziende russe presenti nella classifica del SIPRI sono Rostec e United Shipbuilding Corporation (USC). Entrambe hanno visto un notevole aumento dei ricavi, con Rostec (holding statale che controlla numerosi produttori di armi) che ha registrato un incremento del 49%, principalmente per rispondere alle necessità del conflitto in Ucraina. Il Cremlino ha infatti deciso di aumentare significativamente la produzione di droni, carri armati, elicotteri, aerei da combattimento, missili e munizioni.

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Anche il Medio Oriente ha registrato una crescita notevole, con le aziende del settore degli armamenti che hanno riportato un aumento del 18%. Le tre aziende israeliane nella “SIPRI Top 100” hanno raggiunto ricavi record di 13,6 miliardi di dollari, influenzati dal conflitto in corso a Gaza. Anche le aziende turche hanno beneficiato di una domanda crescente sia interna che esterna, registrando un fatturato combinato di 6 miliardi di dollari, con una crescita significativa del 24%.

La modernizzazione degli arsenali nucleari

Volendo approfondire quella che potrebbe essere la parte meno rassicurante del rapporto redatto dai ricercatori del SIPRI, pare che molte delle aziende inserite nella classifica dei Top 100 siano coinvolte in diversi aspetti riguardanti la produzione e lo sviluppo delle armi nucleari, oltre che dei loro sistemi di consegna: un processo che, per le aziende che se ne occupano, viene considerato come una fonte di guadagno sul medio e lungo periodo. Addirittura, negli Stati Uniti, il programma di modernizzazione nucleare, avviato intorno al 2015, ha un valore stimato di almeno 1,5 trilioni di dollari e durerà circa 30 anni. L’obiettivo di questo programma è aggiornare o sostituire quasi tutti i componenti delle forze nucleari statunitensi, tra cui missili balistici intercontinentali (ICBM), sottomarini a propulsione nucleare (SSBN), bombardieri strategici e testate nucleari. L’azienda Northrop Grumman, ad esempio, è responsabile della produzione di una nuova flotta di 650 ICBM e di almeno 100 nuovi bombardieri strategici B-21. General Dynamics e HII (precedentemente Huntington Ingalls Industries) stanno costruendo 12 nuovi SSBN per sostituire la flotta attuale. RTX (ex Raytheon Technologies) e Rolls-Royce sono invece coinvolte nell’aggiornamento dei sistemi esistenti, come i motori dei bombardieri strategici.

Per quanto riguarda la Russia, il Paese ha quasi completato il ciclo di modernizzazione delle proprie forze nucleari, iniziato nei primi anni 2000. Il presidente Vladimir Putin ha dichiarato che circa il 95% delle forze strategiche nucleari della Russia sono state modernizzate. Il programma russo ha visto la produzione di nuovi sistemi, come ICBM capaci di trasportare più testate, SSBN di nuova generazione e bombardieri ipersonici strategici. Anche se c’è il sospetto che i dati in questione potrebbero non essere perfettamente completi, va comunque ribadito che la Rostec – che occupa la settima posizione nella classifica del SIPRI – è impegnata anche in progetti militari di tipo nucleare.

Il Regno Unito sembra che stia puntando soprattutto sui sottomarini per aumentare la propria capacità in termini di armamenti nucleari. La flotta esistente di quattro SSBN – ha specificato il SIPRI – sta subendo un programma di modernizzazione per estendere la durata del servizio, e tutti e quattro i sottomarini verranno sostituiti da una nuova classe di SSBN. All’interno di questo progetto di modernizzazione, BAE Systems e Rolls-Royce sono le principali aziende coinvolte nella costruzione e nel supporto di questi nuovi sottomarini.

Anche la Cina sembra essere intenzionata a modernizzare e migliorare le sue forze nucleari, sia dal punto di vista dei componenti aerei, sia terrestri che marittimi. L’azienda AVIC, infatti, sta producendo bombardieri a lungo raggio capaci di effettuare anche rifornimento in volo. Presente nella classifica del SIPRI è anche l’azienda CSSC, impegnata nella costruzione di sottomarini nucleari, mentre la China Academy of Engineering Physics, sebbene non riporti dettagli finanziari specifici, pare sia impegnata nella produzione di testate nucleari.

Foto © Imagoeconomica

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