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Non è stato fortunato il primo giorno da ministro di Tommaso Foti, che ieri è subentrato a Raffaele Fitto in tutte le deleghe che l’attuale Commissario europeo aveva nel governo, e in particolare in quelle che riguardano l’attuazione del Pnrr. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha infatti nel pomeriggio tenuto un discorso sul ruolo della Corte dei Conti che è sembrato una richiesta alla maggioranza di riflessione su una proposta di legge dello stesso Foti. Una proposta, ora al voto in Commissione Affari costituzionali della Camera, che taglia le unghie proprio della Corte dei Conti, con l’obiettivo di velocizzare le opere del Pnrr.
In un curioso gioco di specchi, Foti, allora presidente dei deputati di Fdi, aveva presentato una proposta di legge ispirata ad alcune sollecitazioni di Fitto di fronte alla difficoltà delle amministrazioni, centrali e periferiche, di spendere i fondi del Pnrr che via via sono stati già versati dalla Commissione Ue: finora abbiamo speso la metà di quanto è giunto. Fitto, ispiratore delle norme, le aveva pensate a vantaggio del proprio successore, che curiosamente è ora Foti, eventuale beneficiario di sé medesimo, della propria proposta di legge. Nella relazione illustrativa Foti motivava il proprio testo come soluzione alla «paura della firma» da parte di amministratori e funzionari pubblici, con una soluzione che avrebbe velocizzato le procedure.
Peccato che ci sia il trucco: come se, non riuscendo a migliorare il proprio record sui 100 metri, un atleta prenda i propri tempi sui 90 metri. Ma funziona così. La proposta di legge, è diventata subito una priorità per la maggioranza, tanto da essere velocemente incardinata anche a scapito di altre riforme, come il premierato o la separazione delle carriere: questa settimana inizierà il voto in Commissione e forse non è casuale l’odierno intervento di Mattarella. Leggendo in parallelo le norme della pdl e le parole del Capo dello Stato il dubbio della non casualità sorge.
Ricevendo i referendari di nuova nomina della Corte dei Conti, Mattarella ha voluto svolgere un discorso non protocollare. Ha preso spunto da una recente sentenza della Corte Costituzionale (la 132 del 2024) sulla azione amministrativa e sui controlli su di essa. Una sentenza che ha sollecitato il Parlamento a legiferare in materia per rendere più trasparenti e quindi più semplici e più facilmente controllabili gli atti amministrativi. Il Presidente ha rilanciato l’appello al Parlamento a cui «spetterà adesso dettare una disciplina in grado di contemperare, nel rispetto del fondamentale principio della separazione tra potere giurisdizionale e potere amministrativo, l’esercizio imparziale ed efficace dei compiti che la Costituzione affida alla magistratura contabile, con la salvaguardia dei principi, anch’essi di natura costituzionale, di buon andamento e imparzialità dell’Amministrazione».
Orbene la proposta Fitto-Foti si muove in direzione diametralmente opposta: da una parte sana in anticipo atti di mala gestione, impedendo un controllo di merito della Corte; in secondo luogo si muove in una pericolosa commistione tra «potere giurisdizionale e potere amministrativo». Per quanto riguarda il primo punto, la proposta di legge limita la possibilità della Corte dei Conti di accusare un sindaco o un funzionario di danno erariale per colpa grave. Se infatti la Corte dei Conti darà un parere di legittimità per uno dei profili di un atto, la colpa grave non potrà scattare anche per gli altri profili di quell’atto. Addio dunque al ruolo della Corte dei
Conti, ricordato ieri da Mattarella, di «garante imparziale della corretta gestione delle risorse pubbliche». Per quanto riguarda il secondo punto, forse più grave, la proposta di legge prevede che per i bandi del Pnrr tutte le amministrazioni potranno chiedere alla Corte un parere non solo di legittimità (come già oggi), bensì anche su «fattispecie concrete» connesse alla realizzazione delle opere, del valore superiore al milione di euro. Il parere dovrà essere reso dalla Corte entro un mese, e se non arriverà si intenderà reso in senso conforme a quanto prospettato dall’amministrazione richiedente, ai fini dell’esclusione della gravità della colpa. La Corte diventa a tutti gli effetti amministratore dei bandi, dovendo mettere da parte il potere giurisdizionale.
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