Fondi di sviluppo e coesione, Oristano è la cenerentola La Nuova Sardegna

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Oristano Sono 231 milioni. In termini assoluti non si può dire che si tratti di briciole, ma se si guarda all’intera torta qualche dubbio viene e quei 231 milioni sono appena un panino, non certo un lauto banchetto. Dei tre miliardi e 300 milioni destinati alla provincia di Oristano dal fondo di sviluppo e coesione il 7% finirà in provincia di Oristano, secondo un rapporto che ricalca a grandi linee la percentuale di popolazione che vi abita. A voler essere precisi si sarebbe dovuti arrivare al 10%, ma non è tanto questo fatto a suscitare le prime reazioni di parte del mondo politico, mentre un’altra parte che non è solo quella vicina al colore della giunta regionale in carica sinora non ha proferito verbo.

L’unica eccezione era stata il consigliere regionale Emanuele Cera, ma ora il caso investe in pieno il capoluogo superando anche i confini ristretti del municipio e coinvolgendo la Provincia, intesa come ente, e il suo amministratore straordinario Battista Ghisu. Lui, il sindaco Massimiliano Sanna, i consiglieri regionali del territorio e persino il deputato Francesco Mura sono finiti tutti nell’elenco di coloro che hanno avuto comportamenti pilateschi. Sono i tre consiglieri comunali di Progetto Sardegna Umberto Marcoli, Giuseppe Obinu e Maria Obinu a portare il problema all’attenzione del dibattito politico, nella speranza che l’appello di fare una lotta comune sortisca effetti.

Sorpresi da tanto silenzio, rimarcano che la provincia di Oristano «è stata ancora una volta relegata ai margini del processo per lo sviluppo». Tornando ai numeri, che servono per capire meglio il quadro entro cui ci si sta muovendo, sottolineano che il 66% delle risorse del fondo di coesione è finito alle città metropolitane di Cagliari e Sassari, «un approccio che penalizza le aree periferiche e pone seri interrogativi sulla strategia regionale e sull’efficacia di un modello che, anziché ridurre le diseguaglianze, le amplifica». Ci sarebbe stato bisogno di un’iniezione di denaro importante per la sanità, per la viabilità, per la scuola, invece arrivano soldi col contagocce. E ciò che più preoccupa è l’elettroencefalogramma piatto di quasi tutto il mondo politico, partendo dal sindaco del capoluogo per arrivare all’amministratore straordinario della Provincia. Quest’ultimo viene investito di critiche dai consiglieri di Progetto Sardegna: «Ha un canale privilegiato con la Regione, lo sfrutti visto che la Regione quando ci sono gli assestamenti di bilancio trova sempre i soldi per tantissimi interventi che, più che essere utili per il territorio, sembra accontentino clientele».

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È per questo che la Provincia deve riprendere il suo ruolo, tanto che Progetto Sardegna, con una mozione che presenterà in Comune, si metterà alla testa del gruppo di coloro che chiedono le elezioni di secondo livello per far rinascere il consiglio provinciale e scegliere il presidente che manca da parecchi anni. È forse il modo per rompere l’inerzia e il silenzio che hanno caratterizzato questa vicenda delle risorse del Fondo di sviluppo e coesione. A tal riguardo, il primo a sollevare il problema era stato il consigliere regionale di Fratelli d’Italia, Emanuele Cera, che aveva criticato la distribuzione delle risorse dettata dalla Regione: «Rispecchia una tendenza a concentrarle nei poli principali della regione: nord e sud. Pur riconoscendo il ruolo strategico di questi due territori, l’elevata percentuale di risorse a loro destinate solleva dubbi su una pianificazione regionale che dovrebbe ridurre prioritariamente le disparità territoriali e permettere alla nostra regione di viaggiare alla stessa velocità». Per Emanuele Cera, infatti, il piano degli interventi «solleva interrogativi sull’equità della ripartizione e sull’efficacia della pianificazione per uno sviluppo omogeneo dell’intera Sardegna. Non sembra adeguata a rispondere alla necessità di colmare i divari socioeconomici e infrastrutturali tra le diverse aree, mettendo a rischio una crescita equilibrata». Un grave errore, insomma «che rischia di penalizzare in modo significativo una parte fondamentale e nel contempo molto fragile del territorio. Oristano rappresenta un esempio emblematico: per le sue caratteristiche e le sue potenzialità, avrebbe un gran bisogno di maggiori investimenti. Si continuano a commettere gli errori del passato e a ignorare le reali esigenze».



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