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Con oltre 5 miliardi di profili attivi nel 2024, i social network sono diventati il fulcro digitale della nostra quotidianità, strumenti imprescindibili sempre a portata di mano. Originariamente concepite per mettere in contatto individui all’interno delle proprie cerchie sociali, oggi queste piattaforme sono diventate veri e propri spazi polivalenti: luoghi di intrattenimento, fonti di informazione e strumenti di interazione globale.
Come è cambiato il modo di esprimersi nell’ecosistema digitale
Poiché attraverso di essi scorre la vita quotidiana di miliardi di utenti in tutto il mondo, i social media sono oggi finestre perfette da cui osservare le dinamiche sociali e di interazione del linguaggio, per comprendere come ognuno costruisca la propria realtà.
Dall’invenzione del World Wide Web nel 1989 ad opera di Tim Berners Lee e, pochi anni dopo, lo sviluppo dei primi forum di discussione online, passando attraverso la nascita dei primi siti di social networking (MySpace nel 2003 e Facebook l’anno successivo): molta ne è passata di strada, se si pensa alle prime interfacce e alle loro opzioni disponibili, arrivando fino agli attuali algoritmi, che premiano l’engagement, più che il contenuto di qualità. In questo processo, anche la lingua degli utenti in tutto il mondo si è dovuta adattare alle affordances digitali e alle caratteristiche delle piattaforme, progettate per stimolare l’interazione continua. Ma come è cambiato il nostro modo di esprimerci all’interno dell’ecosistema digitale?
Social e semplificazione linguistica: lo studio della Sapienza di Roma
Questa è la domanda al centro dello studio condotto dal Centro di Data Science and Complexity for Society dell’Università La Sapienza di Roma, recentemente pubblicato sulla rivista PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences). Il lavoro, intitolato “Patterns of Linguistic Simplification on Social Media Platforms Over Time”, rappresenta il primo tentativo di analizzare in modo sistematico oltre tre decenni di interazioni linguistiche sui social media, grazie a un dataset monumentale di circa 300 milioni di commenti in inglese provenienti da otto piattaforme diverse.
L’approccio: un’analisi senza precedenti
Basato su un’analisi multidisciplinare che unisce strumenti di linguistica computazionale, data science e analisi statistica avanzata, lo studio “Patterns of Linguistic Simplification on Social Media Platforms Over Time” ha utilizzato un approccio integrato per comprendere le dinamiche evolutive del linguaggio sui social media.
L’approccio multidisciplinare dell studio
È stato esaminato, in particolare, un corpus di commenti provenienti da otto diverse piattaforme: Facebook, Twitter, YouTube, Voat, Reddit, Usenet, Gab e Telegram, coprendo un arco temporale che va dai primi giorni delle community Usenet degli anni ’90, fino alle piattaforme più utilizzate oggi come Telegram.
Questa diversità di canali ha consentito di catturare un panorama eterogeneo e rappresentativo del comportamento linguistico online. I dati raccolti non si limitano, infatti, a una piattaforma o a un periodo specifico, ma abbracciano ben 34 anni di interazioni, offrendo una prospettiva unica sull’evoluzione del linguaggio in relazione alle trasformazioni tecnologiche e sociali. Ogni commento è stato analizzato secondo specifiche metriche, considerando lunghezza, ricchezza lessicale, ripetitività e capacità di introdurre nuovi termini. Il fine è utilizzare i social network per rivelarci qualcosa di più sulle dinamiche evolutive umane, rivelando l’esistenza di fenomeni linguistici ricorrenti indipendenti dal contesto specifico, grazie all’enorme quantità di dati che le piattaforme rendono disponibile.
I risultati: l’impatto dei social sulla ricchezza lessicale
Il quadro che emerge dalla ricerca è chiaro: sui social media si sta verificando un processo di semplificazione linguistica. Essa si manifesta in diversi modi, tra cui una ridotta ricchezza lessicale, una diminuzione delle parole uniche nel tempo e commenti di lunghezza più breve. Tuttavia, in modo sorprendente, si osserva un’introduzione stabile di nuovi termini, a dimostrazione di come il linguaggio rimanga dinamico anche in un contesto di impoverimento lessicale.
La prima analisi si è concentrata sulla ricchezza lessicale del vocabolario degli utenti, definita come il numero di parole uniche utilizzate nei commenti. I dati mostrano che gli utenti tendono a impiegare un vocabolario limitato, caratterizzato da meno parole uniche e una maggiore ripetitività. In modo consistente, attraverso vari argomenti e piattaforme social, la maggior parte degli utenti utilizza tipicamente fino a 10 parole uniche, indicando una dimensione lessicale relativamente modesta.
Si è approfondito, inoltre, se questa osservazione fosse influenzata dall’attività degli utenti, un fenomeno noto per seguire una distribuzione a coda lunga, ovvero, solo pochi utenti mostrano un’elevata attività, mentre la maggior parte partecipa molto poco al dibattito. Come prevedibile, livelli più alti di attività sono associati a una maggiore diversità lessicale, con distribuzioni di vocabolario centrate su valori più elevati.
Parallelamente, è stata indagata l’introduzione di parole diverse, osservando che, nonostante la semplificazione generale, continuano a utilizzare nuovi termini a un ritmo stabile. In media, si nota un’aggiunta continua ma modesta di parole al vocabolario, con una minoranza di utenti che esaurisce il proprio repertorio linguistico già nei primi commenti.
Infine, abbiamo introdotto una prospettiva temporale per valutare se la complessità linguistica dei commenti sia cambiata nel tempo. Analizzando dataset con un arco temporale sufficientemente ampio, abbiamo riscontrato una diminuzione del numero di parole uniche in quasi tutte le classi di utenti, con l’eccezione delle piattaforme Twitter e YouTube. Questa riduzione è accompagnata da una minore attività degli utenti, con commenti sempre più brevi e meno diversificati. Nel complesso, i dati indicano che, col passare del tempo, i commenti sui social media diventano più semplici e meno vari, confermando un trend di semplificazione linguistica diffusa.
Perché il linguaggio cambia?
La semplificazione linguistica che abbiamo osservato non è affatto un fenomeno nuovo, ma piuttosto una dinamica ben documentata e già nota in altri contesti storici e culturali. La lingua, infatti, si adatta all’ecosistema digitale e questo effetto è sotto i nostri occhi quando quotidianamente scriviamo, per esempio, su un social di messaggistica come Whatsapp. Tra le pratiche più evidenti e ampiamente riconosciute rientrano l’emergere di nuove forme linguistiche come abbreviazioni, neologismi ed elementi multimediali quali hashtag ed emoji, ma anche le GIF e i meme utilizzati al posto delle parole per esprimere un concetto.
La semplificazione linguistica, a livello più ampio di quello semantico e lessicale, comprende la regolarizzazione di costrutti irregolari, il rafforzamento della trasparenza lessicale e morfologica e la riduzione della ridondanza. Soprattutto, spiega la letteratura scientifica, la semplificazione linguistica tende a prevalere quando persone di comunità e lingue diverse entrano in contatto, come nel caso dell’urbanizzazione e della colonizzazione, portando alla riduzione del vocabolario, all’impoverimento di dialetti e all’eliminazione di categorie sintattico-grammaticali complesse. Ovvero, la lingua è anche un fenomeno sociale e dipende strettamente dalle comunità di parlanti, dal contesto in cui si trovano e dalle interazioni che hanno tra loro.
Il contesto digitale rappresenta un caso di studio particolarmente affascinante, poiché connette l’intero globo all’interno di un unico ecosistema, in cui le dinamiche linguistiche sono modellate da specifici fattori tecnologici e sociali. Innanzitutto, i modelli di business delle piattaforme di social networking, orientati a massimizzare il tempo degli utenti online, favoriscono contenuti brevi, semplici ed emotivamente coinvolgenti, che hanno una maggiore probabilità di diventare virali. Inoltre, in un ecosistema dove gli utenti tendono a cercare conferme alle proprie idee, secondo il proprio bias di conferma, il linguaggio si adatta per rafforzare identità di gruppo e narrative condivise.
Mentre nella storia delle lingue la semplificazione linguistica è stata spesso legata a processi di urbanizzazione e globalizzazione, l’ecosistema digitale rappresenta un caso peculiare, che modella l’evoluzione del linguaggio in funzione delle logiche economiche e sociali proprie dei nuovi media.
Le implicazioni per la società
I risultati dello studio sollevano questioni cruciali riguardo alle implicazioni sociali della evoluzione linguistica, evidenziando potenziali effetti su diversi aspetti fondamentali. La semplificazione del linguaggio potrebbe incidere negativamente sulla qualità del dibattito pubblico. In effetti, viviamo in una contemporaneità complessa, in cui i meccanismi costitutivi non sempre sono lineari, pertanto la povertà lessicale non descrive completamente le sfumature e non permette di comprendere appieno la realtà. Inoltre, questa convergenza verso forme espressive più elementari, se combinata con algoritmi che privilegiano contenuti polarizzanti, rischia di rafforzare divisioni già esistenti tra gruppi con opinioni divergenti. Inoltre, una standardizzazione del linguaggio a livello globale potrebbe compromettere la diversità culturale, un fenomeno che si riscontra anche fuori dall’ecosistema digitale con la scomparsa dei dialetti e delle tradizioni linguistiche locali. Queste dinamiche richiedono una riflessione approfondita sulle loro possibili ripercussioni a lungo termine nel contesto sociale e culturale dell’era digitale.
Come la data science può guidare le politiche
L’analisi delle dinamiche linguistiche e sociali nell’ecosistema digitale va quindi ben oltre il semplice interesse accademico e permette di approfondire fenomeni prettamente umani e con cui tutti, decisori politici compresi, saremo chiamati a scontrarci negli anni a venire.
La presenza di grandi quantità di dati nell’era digitale è una risorsa che può essere utilizzata a scopo scientifico e di studio e che può rivelarsi utile nella definizione di politiche pubbliche per lo sviluppo di policy che siano anche guidate dalle evidenze. Si tratta, infatti, di una necessità per progettare politiche capaci di promuovere un ecosistema digitale sano e arricchire il dibattito pubblico. Tra le azioni concrete che potrebbero scaturire da tali analisi spiccano:
- l’implementazione di programmi di alfabetizzazione digitale, volti a educare gli utenti a riconoscere e contrastare le dinamiche che compromettono la qualità delle discussioni;
- la regolamentazione delle piattaforme social per incentivare modelli di business che non privilegino contenuti di natura esclusivamente emotiva;
- le iniziative di prebunking e media literacy, mirate a sensibilizzare gli utenti sull’importanza di un linguaggio articolato e di un pensiero critico.
Le priorità future
Il nostro studio offre una prospettiva unica su come i social media stiano trasformando non solo la comunicazione, ma anche le dinamiche sociali e culturali che essa rappresenta. Semplificazione e innovazione sono due facce della stessa medaglia: se da un lato osserviamo una riduzione della complessità linguistica, dall’altro emergono nuove modalità espressive che rispondono alle esigenze di un ecosistema digitale in costante evoluzione.
Questa evoluzione del linguaggio, però, non è un processo neutrale. È profondamente influenzata dai modelli economici delle piattaforme digitali, progettate per massimizzare l’attenzione degli utenti e favorire contenuti brevi e coinvolgenti. Questa dinamica rischia di ridurre la qualità del dibattito pubblico e amplificare fenomeni come la polarizzazione, la disinformazione e la perdita di diversità culturale.
Comprendere questi fenomeni non è solo una sfida accademica, ma una necessità cruciale per le istituzioni e i decisori politici. In un contesto globale sempre più interconnesso, dove il linguaggio svolge un ruolo fondamentale nella costruzione delle narrative e delle identità collettive, è indispensabile promuovere politiche che garantiscano un ecosistema digitale più inclusivo e resiliente.
Tra le priorità future emergono tre direzioni chiave:
- Media literacy e prebunking: sensibilizzare le nuove generazioni sull’importanza di un linguaggio diversificato e di una comunicazione critica, per ridurre l’impatto della polarizzazione e della semplificazione estrema. L’evoluzione del linguaggio sui social media non è un fenomeno che possiamo ignorare. È uno specchio delle trasformazioni più ampie che attraversano la nostra società e, al tempo stesso, un campo di battaglia dove si definiscono le regole del futuro del dibattito pubblico.
- Per preservare la ricchezza e la complessità della comunicazione umana, è necessario agire con urgenza, traducendo le evidenze scientifiche in politiche concrete. L’era digitale sta riscrivendo le regole del linguaggio, ma abbiamo ancora il potere di scegliere come usare questa trasformazione per il bene comune.
- Educazione e alfabetizzazione digitale: insegnare agli utenti a riconoscere e gestire le dinamiche dei social media, per favorire una comunicazione più consapevole e articolata.
- Modelli di business etici: incentivare piattaforme che privilegino la qualità dei contenuti rispetto alla viralità, integrando meccanismi che stimolino il dibattito costruttivo.
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