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Nell’ultima puntata di Wall & Street Live, Mattia Adani, Ceo di Cbc-Cad Oil, ha offerto una lucida analisi sullo stato attuale della transizione energetica e sul futuro dell’industria europea. Secondo Adani, il Green Deal europeo, pur mosso da nobili intenti, ha avuto conseguenze problematiche. «Noi creiamo regole per alzare il nostro standard ambientale. Questo in realtà crea dei costi sulle imprese che poi vengono scaricati sui cittadini», ha spiegato, evidenziando come le politiche europee possano entrare in conflitto con la realtà del mercato globale.

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Uno dei fattori esterni che potrebbe amplificare queste difficoltà è il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. «Trump probabilmente uscirà, come aveva fatto già nel suo primo mandato, dagli accordi sul clima», ha dichiarato Adani. Questo scenario rafforzerebbe la posizione degli Stati Uniti, che puntano a politiche meno restrittive sul piano ambientale, lasciando l’Europa sempre più isolata nella sua corsa verso standard ecologici elevati. «Ci stiamo trovando un po’ da soli nella tundra gelata».

Adani ha anche richiamato l’attenzione su come il Mercosur, l’accordo commerciale tra l’Europa e i paesi sudamericani, stia creando tensioni tra i settori produttivi europei. «Le proteste degli agricoltori francesi contro il Mercosur vanno nella stessa direzione», ha evidenziato riferendosi alla concorrenza dei produttori sudamericani, che possono esportare carne a costi inferiori grazie a normative ambientali e sociali meno stringenti. Questo rende la competizione “infernale” per i produttori europei, già gravati da costi di produzione più elevati.

Questo sistema di regole stringenti, concepito per posizionare l’Europa come leader globale in sostenibilità, rischia però di compromettere la competitività delle imprese europee. Adani ha sottolineato l’incompatibilità tra alcuni obiettivi dell’Ue la concorrenza con Paesi come Usa e Cina, meno frenati dai regolamenti in materia ambientale. «Non si possono avere standard sociali e ambientali molto più alti rispetto al resto del mondo, frontiere aperte e una nostra industria», ha sottolineato. La combinazione di normative rigorose, apertura commerciale e concorrenza internazionale sta infatti accelerando la deindustrializzazione del continente, un fenomeno che, secondo il Ceo, si è acuito negli ultimi due anni con una contrazione significativa della produzione industriale.

Un esempio lampante di questo squilibrio è rappresentato dal settore delle auto elettriche, dove la Cina ha conquistato un ruolo dominante. «La transizione verde sull’auto elettrica non l’ha fatta l’Europa, che ne ha parlato molto, ma l’ha fatta la Cina», ha dichiarato Adani. Le politiche cinesi, sostenute da una forte capacità di raffinazione del litio, hanno permesso al paese asiatico di ridurre la sua dipendenza dal petrolio e al contempo di affrancarsi dalla dipendenza europea nella mobilità. «Mentre per la Cina uscire dal petrolio vuol dire rendersi indipendenti, per l’Europa vuol dire diventare dipendenti dalla Cina», ha aggiunto.

Il caso di Volkswagen è emblematico. La casa tedesca, che esportava il 40% delle sue auto in Cina, sta affrontando una crisi strutturale, con esuberi già annunciati. Il sindacato Ig Metall oggi ha indetto uno sciopero a oltranza dei dipendenti del gruppo automobilistico. «In questo momento noi comunque non abbiamo la leadership tecnologica sulle auto elettriche e stiamo perdendo quote di mercato. L’export europeo di automobili in Cina è perso in modo strutturale», ha rilevato Adani, collegando questa difficoltà alla perdita di competitività dell’Europa. Il problema, però, non riguarda solo Volkswagen. «La cosa strana è che l’Europa, invece che cercare di mitigare questa situazione, ci si è infilata con tutti e due i piedi, peggiorando la situazione», ha sottolineato.

Le difficoltà non si fermano a Volkswagen. Anche Stellantis sta rivedendo le sue strategie, come dimostrano le dimissioni dell’amministratore delegato Carlos Tavares. Ford, dal canto suo, è già stata costretta a ridimensionare la propria presenza produttiva nel continente, mentre altre case automobilistiche si trovano nella stessa posizione critica. Questo panorama evidenzia una crisi sistemica del settore, causata non solo dalla competizione globale, ma anche da scelte normative che, secondo Adani, hanno indebolito l’industria europea. «Dobbiamo diventare un po’ più pratici. Certamente dobbiamo essere ambiziosi, ma non possiamo essere arroganti e pensare che possiamo darci qualsiasi obiettivo di standard sociale ambientali», ha suggerito, invitando a una riflessione pragmatica.

Nonostante il quadro preoccupante, Adani ha espresso un cauto ottimismo, suggerendo una strada per uscire dalla crisi. «Dobbiamo diventare un po’ più pratici. Certamente dobbiamo essere ambiziosi, ma non possiamo essere arroganti e pensare che possiamo darci qualsiasi obiettivo di standard sociali e ambientali», ha affermato. Secondo il manager, è necessario un cambio di approccio: meno burocrazia, meno regolamentazione asfissiante e più attenzione alla concretezza.

Adani ha concluso il suo intervento con un appello alla classe dirigente europea: «Dobbiamo prenderci una pausa e pensare che non possiamo permetterci regole molto più stringenti rispetto al resto del mondo». Solo ridimensionando le ambizioni irrealistiche e tornando a legiferare con pragmatismo sarà possibile invertire la rotta e salvaguardare il tessuto industriale europeo, che resta fondamentale per la competitività globale del continente.

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