Un’impresa in stato di liquidazione e in possesso di
crediti Superbonus, non può portarli in
compensazione dei debiti erariali, come stabilito dal comma 3-bis
dell’art. 121 del D.L. n. 34/2020; tuttavia, in applicazione
dell’art. 155 del d.Lgs. n. 14/2019 (Codice della Crisi d’Impresa),
questa tipologia di crediti può essere vantata da eventuali
creditori, a garanzia di un incasso certo.
Impresa in stato di liquidazione: come può usare i crediti
Superbonus?
È questo in sintesi il parere che l’Agenzia delle Entrate ha
reso, con la Risposta
del 29 novembre 2024, n. 237, al curatore e legale
rappresentante di un’impresa dichiarata in liquidazione giudiziale,
titolare presso la Piattaforma cessione crediti di diversi crediti
di imposta Superbonus. La stessa impresa, ha diversi debiti
erariali scaduti ed è destinataria di cartelle/avvisi emessi
dall’Agenzia delle entrate Riscossione.
Intenzione del curatore è quella di cedere a terzi i crediti di
imposta tramite procedure competitive, previa autorizzazione da
parte degli organi della procedura, per poi ripartire il ricavato
tra tutti i creditori nel rispetto della par condicio
creditorum e delle cause legittime di prelazione previste dal
Codice Civile.
Crediti edilizi: il blocco della compensazione in presenza
di debiti erariali e somme iscritte a ruolo
Sulla questione il Fisco ha ricordato, che l’articolo 121, comma
1, del D.L. n. 34/2020, consente ai soggetti che sostengono spese
per gli interventi elencati al comma 2 della medesima norma di
optare, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione spettante,
alternativamente:
- per un contributo sotto forma di sconto sul
corrispettivo dovuto (lettera a); - per la cessione di un credito d’imposta di
pari ammontare ad altri soggetti (lettera b); - il fornitore ed il cessionario possono a loro volta cedere i
crediti acquisiti ad altri soggetti, nel rispetto delle condizioni
disposte dallo stesso articolo 121.
Si tratta di una disciplina speciale relativa alla cessione dei
crediti derivanti dalla effettuazione di lavori specificamente
previsti dalla norma, che deroga a quella generale disposta
dall’articolo 43-bis del d.P.R. n. 602/1973, secondo cui è
espressamente previsto che il cessionario non possa cedere il
credito oggetto della cessione.
Crediti a compensazione: la sospensione in caso di ruoli e
carichi pendenti
Tornando al comma 3-bis dell’art. 121, esso stabilisce che
«in presenza di iscrizioni a ruolo per imposte erariali e
relativi accessori, nonché iscrizioni a ruolo o carichi affidati
agli agenti della riscossione relativi ad atti comunque emessi
dall’Agenzia delle entrate in base alle norme vigenti, (…), per
importi complessivamente superiori a euro 10.000, per i quali sia
già decorso il trentesimo giorno dalla scadenza dei termini di
pagamento e non siano in essere provvedimenti di sospensione, o per
i quali sia intervenuta decadenza dalla rateazione,
l’utilizzabilità in compensazione ai sensi
dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, dei
crediti d’imposta di cui al presente articolo, presenti nella
piattaforma telematica disciplinata dal provvedimento del direttore
dell’Agenzia delle entrate di cui al comma 7, è sospesa
fino a concorrenza degli importi dei predetti ruoli e
carichi».
Tuttavia, per espressa previsione del legislatore, «le
modalità di attuazione e la decorrenza delle disposizioni del
presente comma sono definite con regolamento del Ministro
dell’economia e delle finanze adottato ai sensi dell’articolo 17,
comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400».
Considerato che ancora il regolamento attuativo non è stato
emanato, la sospensione dell’utilizzabilità in
compensazione dei predetti crediti non può ritenersi
ancora applicabile.
In ogni caso resta ferma la disposizione di cui al comma
49-quinquies, dell’articolo 37 del D.L. n. 223/2006, convertito con
modificazioni dalla legge n. 248/2006, recentemente modificata
dall’articolo 1, comma 94, lettera b), della legge di Bilancio 2024
e richiamata dallo stesso articolo 121, comma 3-bis, secondo cui
“in deroga all’articolo 8, comma 1, della legge 27 luglio 2000,
n. 212, per i contribuenti che abbiano iscrizioni a ruolo per
imposte erariali e relativi accessori, nonché iscrizioni a ruolo o
carichi affidati agli agenti della riscossione relativi ad atti
comunque emessi dall’Agenzia delle entrate in base alle norme
vigenti, ivi compresi quelli per atti di recupero emessi ai sensi
dell’ articolo 1, commi da 421 a 423, della legge n. 311/2004, e
dell’articolo 38-bis del d.P.R. n. 600/1973, per importi
complessivamente superiori a 100mila euro, per i quali i termini di
pagamento siano scaduti e non siano in essere provvedimenti di
sospensione, è esclusa la facoltà di avvalersi della
compensazione di cui all’ articolo 17 del decreto legislativo 9
luglio 1997, n. 241, fatta eccezione per i crediti indicati alle
lettere e), f) e g) del comma 2 del medesimo articolo 17.
La previsione non opera con riferimento alle somme oggetto di piani
di rateazione per i quali non sia intervenuta decadenza. Sono fatte
salve le previsioni di cui al quarto periodo dell’articolo 31,
comma 1, del D.L. n. 78/2010, convertito in legge n.
122/2010”.
Pertanto, in presenza di debiti scaduti per importi
complessivamente superiori a 100mila euro è esclusa la facoltà di
compensare non solo i crediti relativi ad imposte erariali, ma
anche quelli agevolativi, indipendentemente dalla natura degli
stessi. Il blocco della compensazione può essere rimosso solo con
il versamento dei ruoli scaduti.
Al riguardo, con la circolare
28 giugno 2024, n. 16/E, il Fisco ha chiarito che
«il nuovo comma 49-quinquies (…), facendo salve, al terzo
periodo, le previsioni di cui al quarto periodo dell’art. 31, comma
1, del decreto legge 31 maggio 2010 n. 78, convertito con
modificazioni dalle legge 30 luglio 2010, n. 122, consente il
pagamento anche parziale, delle somme affidate per imposte erariali
e relativi accessori mediante l’utilizzo in compensazione dei
crediti concernenti le sole imposte erariali».
La norma speciale nel Codice della Crisi di Impresa
Ciò che assume particolare rilevanza nel caso di specie è lo
stato di liquidazione giudiziale in cui versa la
società. In tale circostanza, come già chiarito con la risposta n.
439/2023, si applica l’articolo 155 del d.Lgs. n. 14/2019 (Codice
della Crisi d’Impresa) – ex articolo 56 della legge fallimentare,
secondo cui «i creditori possono opporre in compensazione dei
loro debiti verso il debitore il cui patrimonio è sottoposto alla
liquidazione giudiziale i propri crediti verso quest’ultimo,
ancorché non scaduti prima dell’apertura della procedura
concorsuale».
La relazione illustrativa al nuovo codice precisa che questa
disposizione risponde ad esigenze equitative: il
creditore realizza pienamente il proprio credito nei confronti
dell’imprenditore in stato di liquidazione giudiziale mediante
l’estinzione del proprio debito, senza rischiare che lo stesso
resti soddisfatto soltanto parzialmente a causa delle regole
civilistiche sulla par condicio creditorum applicabili
nell’ambito della procedura concorsuale, purché il fatto genetico
dei crediti sia antecedente all’apertura della procedura
medesima.
Affinché la compensazione operi, è necessario che i rispettivi
crediti siano:
- omogenei, nel senso che possono essere
compensati soltanto crediti della stessa specie (es: obbligazioni
pecuniarie, obbligazioni aventi ad oggetto la consegna di una certa
quantità di cose fungibili o di uno specifico bene); - liquidi, ossia certi nel loro ammontare –
requisito, tuttavia, che non deve necessariamente, preesistere
rispetto all’apertura della procedura, potendo sussistere al
momento della pronuncia della compensazione, ovvero quando la
compensazione viene eccepita ed esigibili, ovvero non sottoposti a
termini o condizioni.
Nel caso di specie prevale quindi la “norma speciale” contenuta
nell’articolo 155 del Codice della Crisi d’Impresa,
indipendentemente dalla natura dei crediti vantati, considerato che
è prioritaria l’esigenza di garantire un incasso
“certo”, sia pure mediante compensazione anche con crediti
agevolativi, a fronte del rischio di un pagamento “falcidiato”
all’esito della procedura.
Ne deriva che i crediti non potranno essere usati in
compensazione con l’erario, ma essere vantati dai
creditori per come previsto dall’art. 155 del d.Lgs. n.
14/2019.
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