«Fare sistema per l’innovazione e sviluppare di più il turismo»

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Paola Carron è da poche settimane presidente di Confindustria Veneto Est, l’associazione che riunisce gli imprenditori di Rovigo, Treviso, Padova, Venezia. In questa intervista delinea gli obiettivi e le sfide che dovrà affrontare: «Sono onorata ed emozionata. Essere presidente di questa grande associazione, la seconda di Confindustria con oltre 5000 imprese socie, è motivo di profondo orgoglio e mi impegnerò ogni giorno per meritare la fiducia ricevuta. Nel farlo so di non essere sola, mi aiuteranno tutti i colleghi e i collaboratori di una struttura di professionisti di assoluto livello, e mi saranno vicini Vincenzo Marinese e Leopoldo Destro, ora vicepresidente e delegato in Confindustria nazionale. Dobbiamo saper accompagnare il radicamento nei territori con la proiezione regionale, nazionale ed europea. E dare forza alla rappresentanza di un territorio, delle sue imprese formidabili e di tutti i loro collaboratori».


Come vede la fine del 2024 e il 2025?
«Il 2024 è stato caratterizzato da una sostanziale incertezza per l’industria europea e da una grande difficoltà per la manifattura italiana che, per il ventesimo mese consecutivo, è in calo. Sentiamo questo effetto anche nel nostro territorio: domanda internazionale debole, automotive in crisi e Germania, primo mercato per le nostre esportazioni, in sostanziale recessione. Le stime relative alla crescita del Pil regionale a settembre sono al ribasso (+ 0,8%) rispetto a quelle di luglio (+ 1,1%). In questo scenario complesso, si rileva come le imprese nel loro complesso siano comunque più solide rispetto a precedenti crisi come il 2008 e il 2011. Il rischio però è che si crei una divaricazione sempre più netta tra le imprese più performanti, spesso inserite in filiere internazionali competitive, e quelle meno strutturate, spesso Pmi, parte essenziale del tessuto produttivo del nostro territorio. Vanno creati gli strumenti e le condizioni per continuare a farle crescere: riduzione dei tassi, sostegno agli investimenti, taglio del cuneo fiscale e dell’Ires. Ed è necessario intervenire per ridurre la burocrazia».

Transizione 5.0 è in panne?
«La misura del governo, Transizione 5.0, non sta decollando per effetto della troppa burocrazia e del limite della scadenza per gli investimenti agevolabili. Fino a ora sono arrivate richieste per soli 100 milioni di crediti d’imposta, ben lontano dai 6,3 miliardi utilizzabili entro fine 2025. La misura va semplificata al più presto e l’aliquota aumentata per ampliare i potenziali investitori».

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L’impatto delle nuove tecnologie e della IA?
«Sono le sfide del presente e del futuro, impattano su tutti i settori produttivi. Per sviluppare il loro potenziale necessitano di un ecosistema adeguato, capace di supportare l’infrastruttura tecnologica e favorire la diffusione delle competenze necessarie per il loro utilizzo. E qui vi sono diverse criticità. Un aspetto spesso sottovalutato è l’infrastruttura energetica necessaria per sostenere queste tecnologie e il costo dell’energia, in Italia il più alto in assoluto, considerati gli alti consumi indotti dall’IA. Questo rende necessario rafforzare la produzione di energia da più fonti, come le rinnovabili e il nucleare di nuova generazione. Vi è poi un deficit importante di competenze e personale specializzato per governare la transizione digitale».

Occupazione e migranti?
«Dobbiamo essere consapevoli, come comunità e imprese, del progressivo invecchiamento della nostra popolazione e dell’impatto che avrà. Anche in questo periodo di rallentamento, le imprese di tutti i settori lamentano la difficoltà a inserire nuovi collaboratori, e lo stesso avviene nella PA, nella sanità e nei servizi di assistenza. Confindustria Veneto Est per questo ha promosso, con la Regione Veneto, un programma per favorire una maggiore partecipazione al mercato del lavoro dei giovani Neet (ancora troppi anche a Nordest), delle donne (il cui tasso di occupazione, che qui è ai vertici italiani, è ancora basso rispetto al resto d’Europa) e di altre categorie vulnerabili. Si tratta di investire in politiche attive, formazione e strumenti di conciliazione. L’arrivo di lavoratori e famiglie immigrati è altrettanto importante e deve essere regolato, anche con programmi di formazione nei Paesi d’origine come fa Confindustria Alto Adriatico in Ghana. Da parte nostra abbiamo siglato un progetto specifico con la Comunità di Sant’Egidio, che ha attivato “corridoi” regolari di arrivo».

I problemi di Padova e le vostre proposte?
«Le realtà imprenditoriali padovane esprimono una forte vocazione all’internazionalizzazione: nel 2023 hanno esportato prodotti per 13,5 miliardi, + 4,2% sull’anno precedente. Un dato positivo, al netto delle difficoltà legate al settore dell’automotive, e in controtendenza rispetto alla frenata dell’export regionale: segno di un modello industriale fondato su qualità, innovazione e sulla diversificazione di prodotti e mercati. Un modello che deve consolidarsi contaminandosi con l’ecosistema territoriale e i soggetti deputati all’innovazione. Penso all’Università e ai centri di ricerca, al Competence Centre, allo Iov, agli Its, agli acceleratori e agli incubatori di startup, insieme alle eccellenze manifatturiere. La crescita dell’economia territoriale passa poi per lo sviluppo in settori a più alto valore aggiunto, grazie anche alle start up innovative che qui hanno una sede privilegiata, e con le reti e aggregazioni. Si rafforza anche il ruolo centrale di Padova nella sanità e nella ricerca biomedica italiana ed europea, con i nuovi importanti progetti in cantiere come il nuovo Policlinico. E c’è lo sviluppo del turismo, con l’Urbs Picta patrimonio Unesco e le terme euganee come poli di riferimento. Raccontare a un pubblico sempre più ampio le eccellenze e le potenzialità di Padova e della sua provincia rappresenta la strada maestra per diventare sempre più attrattivi per i giovani, ma anche dei nuovi investimenti. Uno storytelling innovativo della nostra cultura d’impresa in cui crediamo molto in Confindustria Veneto Est».

 





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