Il presidente di Tecnica Group: «In Italia solo il 7% dei nostri ricavi e per una sponsorizzazione planetaria servivano tra i 25 e i 30 milioni»
Ma è vero che «il tessuto imprenditoriale del Veneto non ha ancora capito che le Olimpiadi porteranno contributi importanti», come ha detto, fuori dai denti, Andrea Varnier, l’ad della Fondazione Milano Cortina organizzatrice dei Giochi invernali 2026? Non resta che chiederlo all’indiziato per antonomasia, Alberto Zanatta, presidente di Tecnica Group, la più grande realtà dello sportsystem trevigiano con i suoi brand famosi dello scarpone e dello sci (Blizzard e Nordica, solo per citarne due oltre al marchio della casa madre).
Perché avete evitato di investire nella sponsorizzazione delle Olimpiadi?
«Quando siamo stati avvicinati, eravamo ancora sotto la gestione del precedente ad (Vincenzo Novari, ndr), si parlava di un impegno intorno ai quattro milioni. Magari c’era spazio anche per dimezzare la cifra, ma va tenuto presente che c’è anche un costo da affrontare per la conseguente campagna di comunicazione: se diventi sponsor dei Giochi e vuoi avere un ritorno, devi farlo sapere al pubblico».
Se alla fine vi costava 4 milioni, tra sconti e campagna pubblicitaria, non è che fosse da svenarsi per voi, visto che realizzate 540 milioni di ricavi complessivi (dato 2023).
«Sì, ma stiamo parlando di una sponsorizzazione su scala nazionale: puoi utilizzare i diritti d’immagine, a cominciare dal logo con i cinque cerchi, solo in Italia. Se vuoi farlo a livello mondiale, la cifra da investire è molto più alta, siamo sui 25-30 milioni».
E infatti la sponsorship globale, direttamente gestita dal Cio, è affare da giganti come Coca-Cola e Samsung. Ma perché diventare partner locali non vi interessava?
«Perché il mercato italiano vale il 7% di tutto il nostro fatturato. Quindi, fatti due conti, avremmo dovuto spendere 4 milioni per un’attività che ne realizza 35, in un rapporto che supera il 10%. È quindi una semplice valutazione costi-benefici. Tra l’altro, anche ragionando in termini di investimento per il futuro, c’è da dire che il movimento olimpico non fa grande presa sul pubblico giovanile».
Ma come, i Giochi di Parigi non sono stati un grande successo di pubblico e di audience, come è stato riportato più volte?
«Il problema dell’appeal sulle nuove generazioni c’è. Sono nella Federazione mondiale dei produttori di attrezzi sportivi e ci capita spesso di parlarne. Non è un caso se ai Giochi estivi il Cio introduce discipline come lo skateboard o il Bmx. Perfino la cerimonia di apertura di Parigi, che è stata oggetto di polemiche, è dipesa anche dalla ricerca di uno stile più accattivante per le fasce d’età più basse».
Resta il fatto che nell’elenco degli sponsor di Milano Cortina c’è Salomon, che è un vostro concorrente. Loro hanno ragionato evidentemente in modo diverso.
«Può sembrare strano, ma Salomon vende in Italia più di quanto non facciamo noi. Quindi, buon per loro».
Tra l’altro, la loro presenza oggi impedisce ripensamenti.
«Chi investe come sponsor ha un diritto di “esclusiva”, di conseguenza anche le altre aziende venete specializzate nell’attrezzo sportivo invernale, non solo noi, non hanno più margini per entrare».
Ma tutto questo non è una sorta di «tradimento» da parte del sistema imprenditoriale veneto? Varnier ha sottolineato, come fa peraltro sempre Luca Zaia, che le Olimpiadi portano in dote oltre un miliardo di opere nella regione.
«È questo il vero, importantissimo lascito. Già successe con le Olimpiadi del ‘56 a Cortina e c’è da credere che la storia si ripeta».
E non sarebbe il caso che gli imprenditori si impegnassero, anche come forma di restituzione di ciò che viene dato al territorio?
«Nessun snobba le Olimpiadi e nessuno le disprezza. Non è un “tradimento”. A tutti noi piacerebbe partecipare come sponsor, ma io, come i miei colleghi, ho l’obbligo di valutare ciò che è opportuno per le nostre aziende».
Siamo partiti con la stagione sciistica. Come pensa che andrà?
«Se me lo chiede da sciatore, benissimo (ride, ndr)! Ho fatto nel weekend le prime discese a Cortina ed era tutto fantastico. A Nordest, dove la neve finora è poca, stanno lavorando benissimo con quella artificiale. Se mi chiede cosa prevedo per il nostro business, direi che restiamo positivi: ci attendiamo stabilità nei risultati, il che è già tanto in un contesto molto difficile. Lo sci è diventato costoso per gli utenti, e il prezzo dello skipass, sul quale spesso si concentrano i media, è solo una parte del problema».
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