L’Emilia-Romagna è maglia nera in Italia per maggiore consumo di suolo. Lo mette nero su bianco l’Ispra, nel nuovo rapporto SNPA (Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente) “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” pubblicato ieri con le rilevazioni al 2023. Nonostante la specifica legislazione approvata nel 2017, anche lo scorso anno in Emilia-Romagna l’anno scorso sono stati consumati 200.547 ettari di suolo, ossia l’8,91% contro una media nazionale del 7,16%.
Il picco si registra nella provincia di Bologna, con oltre 33.000 ettari, seguita dal territorio di Modena (29.500), Parma (26.200) e Reggio Emilia (25.200). Guardando le percentuali, invece, il consumo di suolo maggiore si registra a Rimini col 12,5% di territorio cementificato al 2023, seguito dalla provincia di Reggio Emilia (11%), Modena (10,9%) e Ravenna (10,5%). A livello comunale, invece, è Ravenna a guidare la classifica degli aumenti con 89 ettari in più nel 2023 rispetto all’anno prima, seguita da Reggio Emilia (+43) e Forlì (+35).
In percentuale, il Comune più cementificato risulta Cattolica con quasi il 62% di suolo consumato, seguito da Riccione (51,8%) e Fiorano Modenese (36,4%). Ravenna è, insieme a Roma, il Comune col record di consumo di suolo nel periodo di rivelazione 2022-2023 in Italia.
Il territorio modenese
La provincia di Modena si colloca più o meno in linea con le altre province emiliano-romagnole, se non a di sotto (complice anche la presenza dell’Alto Appennino). Se osserviamo il trend registrato da Ispra sugli ultimi 17 anni, risulta come Modena abbia consumato 1.500 ettari in 17 anni.
L’incremento del consumo di suolo nel modenese, tuttavia, ha subito un forte rallentamento nel 2023, scendendo a 73 ettari (lordi). Erano stati invece 83 quelli consumati tra il 2021 e il 2022 e ben 164 quelli delle due annate precedenti. picco massimo raggiunto nell’ultimo decennio.
Lungo la via Emilia si costruisce di più
Nel rapporto Ispra si legge ancora che tra il 2022 e il 2023, nelle aree di pianura si è concentrato oltre l’80% del nuovo consumo di suolo in Italia: 5.281 ettari, con un aumento dello 0,33% rispetto all’anno precedente, localizzati per oltre il 13% in Emilia-Romagna. Nelle aree con pendenza minore del 10%, oltre un terzo dei 5.305 ettari di cambiamenti rilevati tra 2022 e 2023 ricade nell’area della Pianura Padana, in particolare in Emilia-Romagna (+692 ettari), Lombardia (+662,9 ettari) e Veneto (+538 ettari).
Al 2023 risulta inoltre consumato il 7% delle aree a pericolosità sismica alta e il 4,63% di quelle a pericolosità molto alta, con una crescita rispetto al 2022 di ulteriori 2.289 ettari (216,5 dei quali in aree a pericolosità molto alta). Poco meno della metà dei cambiamenti in aree a pericolosità alta si concentra in Emilia-Romagna, Campania e Sicilia rispettivamente con 466,4, 268,8 e 273,3 ettari. Secondo le rilevazioni di Ispra, dunque, i cambiamenti rilevati nell’ultimo anno si concentrano in alcune aree del Paese, tra cui la direttrice della via Emilia.
I costi del consumo
La perdita dei servizi ecosistemici legata al consumo di suolo non è solo un problema ambientale, ma anche economico: nel 2023 la riduzione dell'”effetto spugna”, ossia la capacità del terreno di assorbire e trattenere l’acqua e regolare il ciclo idrologico, secondo le stime, costa al Paese oltre 400 milioni di euro all’anno. Un “caro suolo” che si affianca agli altri costi causati dalla perdita dei servizi ecosistemici dovuti alla diminuzione della qualità dell’habitat, alla perdita della produzione agricola, allo stoccaggio di carbonio o alla regolazione del clima. Complessivamente il consumo di suolo rimane ancora troppo elevato, anche se con una leggera diminuzione rispetto all’anno precedente e continua ad avanzare al ritmo di circa 20 ettari al giorno, ricoprendo nuovi 72,5 km2 (una superficie estesa come tutti gli edifici di Torino, Bologna e Firenze). Una crescita inferiore rispetto al dato dello scorso anno, ma che risulta sempre al di sopra della media decennale di 68,7 km2 (2012-2022) e solo in piccola parte compensata dal ripristino di aree naturali (poco più di 8 km2, dovuti in gran parte al recupero di aree di cantiere). Cambia la classifica dei comuni “Risparmia suolo”, quelli in cui le trasformazioni della copertura del suolo sono limitate o assenti: sul podio del 2024 salgono Trieste, Bareggio (MI) e Massa Fermana (FM).
Ad accompagnare il report di Ispra, l’EcoAtlante il quale, oltre a rappresentare un vero e proprio viaggio nell’ambiente italiano, consente di consultare e scaricare le mappe dettagliate del consumo di suolo e di personalizzarle in base alle proprie esigenze. Nel 2023 risultano cementificati più di 21.500 km2, dei quali l’88% su suolo utile. In aumento la cancellazione del suolo ormai irreversibile con nuove impermeabilizzazioni permanenti pari a 26 km2 in più rispetto all’anno precedente.
Il 70% del nuovo consumo di suolo avviene nei comuni classificati come urbani secondo il recente regolamento europeo sul ripristino della natura (Nature Restoration Law). Nelle aree, dove il nuovo regolamento europeo prevede di azzerare la perdita netta di superfici naturali e di copertura arborea a partire dal 2024, si trovano nuovi cantieri (+663 ettari), edifici (+146 ettari) e piazzali asfaltati (+97ettari). In calo costante quindi la disponibilità di aree verdi: meno di un terzo della popolazione urbana riesce a raggiungere un’area verde pubblica di almeno mezzo ettaro entro 300 metri a piedi. Proseguono le trasformazioni nelle aree a pericolosità idraulica media, dove la superficie artificiale avanza di oltre 1.100 ettari, mentre si sfiorano i 530 ettari nelle zone a pericolosità da frana, dei quali quasi 38 si trovano in aree a pericolosità molto elevata.
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