Milano, 3 dicembre 2024 – Dopo meno di tre mesi dal tragico incendio all’interno dello showroom Li Junjun di via Ermenegildo Cantoni, arriva una grossa svolta nelle indagini. È stato arrestato in Olanda il giovane di 26 anni di origini nordafricane che avrebbe appiccato il rogo nel quale morirono il 24enne An Pan, il 17enne Yinjie Liu e la sorella 18enne Yindan Dong.
I pompieri al lavoro
Con lui sono stati sottoposto a fermo dai carabinieri della quinta sezione del nucleo investigativo di Milano e dai colleghi della compagnia Porta Magenta, due uomini di nazionalità cinese ritenuti essere il mandante dell’incendio e un favoreggiatore. Alla base del gesto – ipotizzano gli investigatori dell’Arma coordinati dal procuratore capo Marcello Viola e dal pm Luigi Luzi – ci sarebbe stato un debito intorno ai 50mila euro che i proprietari dell’emporio avevano maturato con un connazionale per fare i lavori di ristrutturazione del magazzino.
Il creditore a sua volta era però in debito per questioni di droga con l’altro cinese. Quest’ultimo avrebbe messo contatto il connazionale con il giovane, che, arrivato apposta dall’Olanda, avrebbe minacciato il giorno precedente con un coltello il padre del titolare dell’emporio e poi dato al fuoco allo stesso. Si ritiene che il giovane quando ha gettato un liquido infiammabile, dopo essersi introdotto dal lucernario, non sapesse che all’interno c’erano i tre ragazzi.
“Oh. si è meritato l’incendio. Veramente non è umano. Lui ha i debiti dei compensi in giro che non riesce più a calcolare (…) Quelle persone che hanno lavorato una settimana o dieci giorni per lui, lui non li pagherà più. (…) In un ristorante ad Udine, dopo che ha finito il lavoro e hanno fatto i conti, doveva dare a lui (capo cantiere) più di 40.000″.
Non lasciano dubbi le parole di Yijie Yao, il 34enne cinese fermato a Milano assieme a Bing Zhou, 40 anni, con l’accusa di omicidio volontario aggravato, incendio doloso e tentata estorsione. L’intercettazione agli atti dell’indagine della Procura milanese risale a ottobre scorso, circa un mese dopo. Yao, che si trovava in macchina con un suo operaio nei pressi di via Cantoni, sede della ditta ‘Whang’ incendiata da Washi Laroo, 26 anni, aveva cominciato a parlare di Yueming Li, il padre di Junjun Li, il titolare dello show-room. Di Yueming Li, con diverse attività in Italia, aveva detto: “ha i soldi e non li vuole dare, vuole fare il cafone. Hai capito, vuole fare il cafone (…) Quindi… Il suo locale è stato incendiato, tutti noi del settore di ristrutturazione siamo contenti… Se l’è meritato, naturalmente è meritato” . E ancora: “Lui è molto cattivo (…). È noto nel nostro settore di ristrutturazione (…) è molto tirchio”.
“Se non me li salda, gli darò fuoco, lo farò… Chiamerò il pazzo per farlo venire”. Così Bing Zhou parlava intercettato meno di un mese dopo il rogo, il 5 ottobre scorso, dell’idea di dare fuoco anche ad un bar di Yijie Yao, l’altro fermato, per un credito che aveva nei suoi confronti. Parole che, come scrivono il pm Luigi Luzi e il procuratore Marcello Viola nel decreto di fermo, descrivono il “modus operandi” di passare “alle vie di fatto”, così come era avvenuto nei confronti della famiglia di imprenditori cinesi titolari del magazzino. Quando nelle intercettazioni gli indagati parlano del “pazzo” fanno riferimento a Washi Laroo, che appiccò il rogo. “Sicuramente ha dato fuoco versando la benzina. Come mai le persone non riuscivano a scappare? E’ strano”, chiede un interlocutore a Zhou e quest’ultimo risponde: “Non mi frega un caz.. Sicuramente perché la porta era chiusa con la chiave, hai capito? Erano chiusi dentro”.
Il 15 ottobre, poi, Zhou diceva che “il pazzo” si trovava ancora in Spagna, dove era fuggito. E ancora: “E’ molto in pericolo e stavolta verrà preso, per uscire almeno ci vogliono 15 anni”. E a chi gli chiedeva “ma non c’è condanna a morte?”, lui rispondeva “qua massimo danno 25 anni”. La decisione dei due di scegliere Laroo come esecutore “non è stata casuale, ma ragionata, stante il fatto che ‘Il Pazzo'”, scrivono i pm, “è certamente un soggetto spregiudicato e con l’attitudine a commettere gravi delitti”. Come scrive il gip di Milano Manuela Castellabate nell’ordinanza a suo carico, “egli è giunto in Italia ed in un solo giorno ha minacciato di morte le vittime, le ha intimidite dopo averle avvicinate e, senza neppure attendere un lasso temporale entro il quale costoro avrebbero potuto versare la somma richiesta, ha incendiato il loro locale”.
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