Valentina Cicioni è una delle 29 vittime, la figlia della coppia era dai nonni: «Gaia somiglia alla mamma. Ora ha un piercing al naso proprio come lei. Ho una compagna: con lei e mia figlia vogliamo tornare a vivere e ricordare Vale con gioia»
Della tragedia di Rigopiano – la valanga sull’hotel in località Farindola, a 1.200 metri di altezza in Abruzzo, che il 18 gennaio 2017 provocò la morte di 29 persone – è stato fin dall’inizio uno dei testimoni più combattivi. Salvato dopo 62 ore di permanenza sotto la neve, Giampaolo Matrone, di Monterotondo, in provincia di Roma, che nel disastro ha perso la moglie Valentina, assistito e supportato dallo Studio 3 A- Valore, si dice «soddisfatto» per la sentenza della Cassazione che mercoledì 4 dicembre ha messo un punto sull’iter giudiziario penale (restano aperte le cause civili). Confermata la condanna a un anno e otto mesi per l’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo; appello bis e pene da ricalcolare per il sindaco di Farindola e per sei dirigenti della Regione Abruzzo assolti nei due precedenti gradi di giudizio. Nuovo processo di secondo grado anche per cinque dirigenti della Provincia e per un tecnico del Comune dell’epoca.
Giampaolo, ritiene di avere ottenuto giustizia?
«Provo un senso di pacificazione, sono passato dalla rabbia a una relativa serenità. Si è stabilito che i funzionari della Regione e della Provincia e il primo cittadino c’entravano eccome, con quello che è accaduto, anche se il rischio è ora che per loro entri in gioco la prescrizione, nel passaggio dal reato di disastro colposo a quello di omicidio colposo. E sì, un po’ d’amarezza resta per la condanna definitiva dell’ex Prefetto di Pescara Francesco Provolo per falso. A mio parere ha responsabilità maggiori, si tratta di una non punizione. Ma non recrimino più».
Perché?
«Ho capito che che la giustizia italiana va in questo modo, e che l’aggettivo “colposo” implica un calcolo di pena che io non posso discutere, ma solo rispettare. Ero accecato dal dolore, ora so di avere a che fare con leggi piene di limiti. Devo farmene una ragione».
Dove trova il coraggio?
«Porto ancora i segni delle 62 ore trascorse sotto il peso della neve e delle macerie. Ho un braccio e una mano che muovo a fatica, la gamba sinitra dolente. Mi ha aiutato molto nel processo di rielaborazione dell’accaduto comporre un libro, “L’ultimo sopravvissuto di Rigopiano”, edito da Newton Compton. Scrivere mi ha consentito di ripercorrere ogni momento, le persone da poco conosciute in albergo. Le chiacchiere, l’ebbrezza della vacanza, poi il tonfo, il buio, il gelo, il dolore agli arti, l’incubo. Tanti mi hanno scritto di aver letto il mio racconto più volte. Credevano di trovarci tanta rabbia, invece hanno scoperto un inno alla vita».
Crede di poter perdonare i responsabili?
«Molti degli imputati hanno mostrato grande strafottenza. E non solo loro. Alla mia disperazione hanno risposto alzando la voce, credendosi chissà chi. No, non posso perdonare chi non ha mai chiesto scusa».
Com’è cambiata la sua vita quotidiana da allora?
«Continuo a gestire la pasticceria di Monterotondo con mio fratello, ma cerco anche di ritagliare del tempo per me. Ora mi occupo soprattutto della parte burocratica dell’attività».
Lei ha una figlia, oggi di 13 anni, che fortunatamente non era con voi a Rigopiano.
«È per lei che devo smettere di essere triste e cominciare a ricordare la mamma con un sorriso. Oggi la prenderò da parte e le parlerò della sentenza dicendole che è vero, come lei osserva, che in galera non è andato nessuno, ma basta, va bene così. La giustizia ha fatto il suo corso e dobbiamo ripartire da qui».
Che ragazza è Gaia?
«Somiglia molto alla mamma. Prima rabbiosa, ora è più consapevole, ha capito. Ribelle com’era mia moglie Valentina da piccola. Come lei “non si azzitta” e gesticola molto. Se faccio un’osservazione, mi risponde sempre a tono. E io mi sciolgo. Quando su Sky è andata in onda la docuserie su Rigopiano a un certo punto di è alzata e mi ha detto “la fine non la guardo. Non ce n’è bisogno. So già tutto”. Ora si è fatta un piercing al naso, come aveva Valentina».
Lei si è detto subito d’accordo?
«Ha solo 13 anni, ero molto perplesso, ma poi si è offerta di accompagnarla e regalarglielo Paola, la mia nuova compagna, e mi è sembrato bello ricostituire insieme il numero tre. Il senso di famiglia. Nessuno mai potrà sostituire Valentina, ma stiamo costruendo io, e loro due, una nuova vita insieme. Gaia dice di avere “un terzo genitore”. Se c’è l’amore, c’è tutto».
Un film sulla vicenda?
«Dopo il documentario sono stato contattato da diverse produzioni. È l’ultimo mio desiderio prima di chiudere il cerchio su Rigopiano».
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link