Un caffè con… Sergio Grati – Founder FRONTROW

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Sergio è stato per 25 anni direttore di produzione e direttore tecnico nel mondo degli eventi. È arrivato a questa professione dopo tanti anni di attività in vari ambiti dell’entertainment, dalla radio alla televisione, dal teatro alla musica, passando per la produzione audiovisiva e multimediale. Ora ha passato il testimone creando una innovativa società di produzione e fornisce consulenze sulla scorta delle conoscenze maturate e di un continuo lavoro di ricerca.

Buona lettura del martedì.


Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi.

Antoine de Saint-Exupéry

1 – Lavori nel mondo degli eventi dalla fine degli anni ’90, iniziando in TV per poi passare nell’industria dell’intrattenimento. Cosa ti ha spinto a fare questo cambio? Cos’è che ti affascinato e ancora oggi ti piace di più del nostro settore?

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Ho avuto la fortuna di lavorare 11 anni in una Rai che era ancora una miniera di occasioni da cui imparare e ho avuto il privilegio di incontrare figure e personaggi che mi hanno fatto crescere molto nella sensibilità di tutto quanto fa spettacolo e nella consapevolezza degli ingranaggi che lo fanno funzionare. Non ne ero ancora consapevole ma per me era l’anticamera di una nuova forma di show che stava esplodendo in quegli anni. Quando la televisione è diventata per me solo una routine di procedure ho capito che era ora di cambiare. “Fuori” stava nascendo un mondo nuovo nel quale potevo sviluppare nuove competenze e riversare tutto ciò che avevo appreso, non solo dalla televisione ma anche dal teatro e ancora prima dalla radio. 

Dopo 25 anni di eventi resta ancora vivo il fascino un po’ magico (ed in effetti unico) di vedere nascere su un foglio di carta un’idea e poi vederla realizzarsi tramite un processo faticoso ma intrigante. È un iter simile ad altri ambiti dello spettacolo ma con la particolarità che il culmine dura un tempo molto breve (qualche giorno, una sera, a volte solo mezz’ora) e poi tutto scompare, senza possibilità di replica se non nella memoria.


2 – Con un’esperienza così lunga, hai avuto modo di osservare l’evoluzione del settore e dei suoi strumenti. Come è cambiata la produzione degli eventi nel tempo? Quali innovazioni o cambiamenti tecnologici hanno avuto il maggiore impatto sui processi produttivi secondo te?

Se pensiamo che quando ho iniziato (nel 1999) aprivo la mia prima casella di posta elettronica e che accendevo il mio primo telefono cellulare (una sorta di citofono con una antenna che si estraeva)… Di strada ne è stata fatta!
La tecnologia, e soprattutto Internet, hanno avuto credo l’impatto più forte e hanno dato vita agli strumenti quotidiani dei quali oggi non possiamo più fare a meno. Allo stesso tempo però, rendendo tutti i processi della produzione tendenzialmente più efficienti e quindi più veloci, hanno tolto il tempo al pensiero e alla pianificazione, con grande danno. Si ha poco tempo per riflettere, per pensare, è tutto “per ieri” e tutto a scapito della qualità e dell’organizzazione meticolosa, entrambi valori che io ho sempre fortemente sostenuto.

Intendiamoci: tutti gli strumenti che la tecnologia e la rivoluzione digitale ci hanno portato hanno cambiato non solo il lavoro della produzione ma hanno anche offerto infinite possibilità di evoluzione nell’aspetto degli eventi in quanto show. Allo stesso tempo però, e con la stessa velocità, hanno fatto sì che tutto questo dovesse portare ad una estrema riduzione di tempi (e di costi). Chiamatemi nostalgico ma io rimpiango il tempo speso a fare il vero “brainstorming” e le lunghe riunioni (in presenza!) a fantasticare insieme ai creativi su come realizzare le idee e come affrontare i problemi, prendendoci tutto il tempo che serviva! Oggi tutto deve necessariamente andare più veloce ma probabilmente si va meno lontano…


3 – Tra tutte le produzioni che hai curato, ce n’è una che ti ha messo particolarmente alla prova o che ricordi con grande soddisfazione? Raccontaci cosa l’ha resa unica.

Il mio banco di prova estremo probabilmente è stato mettere in atto una serie di sfilate di moda in Galleria Vittorio Emanuele a Milano nel 2010. In quell’anno si iniziava a pensare che la moda dovesse arrivare un po’ anche ai cittadini e non solo agli addetti ai lavori e ci fu in tentativo di portare un mega progetto dentro il “salotto di Milano”. Per chi non conosce il luogo, la Galleria è un luogo storico, con un bellissimo pavimento di marmo e negozi di lusso tutto intorno. Portare lì dentro un cantiere così complesso ha portato a delle sfide enormi che non potevano essere vinte in maniera “muscolare” ma unendo, nei momenti di maggiore difficoltà, grandi competenze tecniche, ricerca istantanea di soluzioni e tanta diplomazia. Vi dico solo che a metà cantiere abbiamo dovuto modificare, tra le altre cose, le dimensioni delle strutture già realizzate per rendere più visibili le insegne dei negozi! Non avendo più spazio per collocarla all’interno della struttura, abbiamo poi spostato all’esterno la sala trucco, a vista del pubblico. Il bello è che quel compromesso è diventato una enorme attrazione! Alla fine ne siamo venuti fuori grazie ad un team incredibile (nessuno si salva da solo in questo campo) ma io ci ho perso qualche anno di vita… 

Ci sono state poi occasioni di eventi che avevano il loro fascino nella presenza di personaggi internazionali molto famosi, con la incredibile occasione di incontrarli ed interagire con loro. Lì devi sfoderare tutto il tuo savoir-faire e possibilmente anche un inglese decoroso! Quelli che però ti lasciano la più grande soddisfazione sono quelli in cui vieni apprezzato per il tuo lavoro, quelli per i quali devi trovare soluzioni inedite e quelli che lasciano a bocca aperta persino te! Ed è questo tipo di soddisfazioni che cerco di trasmettere ai ragazzi dello IED quando faccio le mie docenze, cercando di suscitare in loro curiosità e consapevolezza sul complesso e affascinante tema della produzione.

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4 – Il 2020, con la pandemia, ha segnato uno stop improvviso per il settore e per le persone che lo animano. Come hai vissuto quel periodo? E quali cambiamenti o spunti hai tratto da quella pausa obbligata?

È strano a dirsi ora, ma quello stop improvviso che ha portato innumerevoli problemi e difficoltà economiche pesanti al nostro mondo, a me personalmente ha aperto gli occhi e mi ha… Salvato la vita! 

Ero arrivato francamente a lavorare davvero troppo e sarei scoppiato di lì a poco, malgrado avessi ormai creato da 15 anni una mia società con dipendenti e collaboratori. Dopo aver consegnato gli ultimi due lavori, proseguiti in qualche modo tra mascherine, tamponi e permessi in zona rossa, ho fatto la scelta radicale che non sarei più stato un direttore di produzione. Che il mio posto non era più essere sul campo ma fare ricerca. Così sono diventato a mano a mano un consulente, lasciando spazio alla curiosità ed offrendo supporto in fase progettuale. Il passo successivo è stato “inventare” insieme ad un piccolo manipolo di sognatori la prima società che raduna al suo interno specialisti della produzione. E così è nata Frontrow, un gruppo di soci in forma paritaria che vede sotto lo stesso tetto dei professionisti uniti da un forte spirito di condivisione. 

La considero la più bella evoluzione possibile della mia carriera, moltiplicata in 14 anime.


5 – Se avessi un super potere quale sarebbe e come lo utilizzeresti sul tuo lavoro?

Mi piacerebbe poter fermare, o almeno rallentare, il tempo! Per avere più possibilità di riflettere, approfondire. Per fare le cose per bene, come andrebbero fatte! Ma anche per avere più occasioni per viaggiare, guardarmi intorno, conoscere persone, scoprire ed apprezzare tutta la bellezza che esiste intorno a noi e che ci sfugge perché… Siamo di fretta!


Credits 
Intervistatore: Sara Fuoco
Instagram: @sarafuoco
LinkedIn: Sara Fuoco

Intervistato: Sergio Grati
Linkedin: Sergio Grati

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Illustrazione di: Carlotta Egidi
Instagram: @carlottaegidi89





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