Ieri la Commissione Affari Costituzionali ha approvato la norma sulla separazione delle carriere. Quando sarà legge, la magistratura giudicante e la magistratura requirente non saranno più interscambiabili: si porrà fine all’esercizio di un ruolo abnorme, fonte di squilibri istituzionali. Ne abbiamo parlato con uno dei propugnatori di questa riforma, l’onorevole Tommaso Calderone, penalista, deputato di Forza Italia.
La separazione delle Carriere è passata in commissione Affari Costituzionali. Un piccolo passo per un parlamentare, un grande balzo per l’umanità.
«È un grandissimo passo. Un momento storico, direi. Per la prima volta la proposta costituzionale sulla separazione delle carriere giudiziarie è stata liquidata in commissione. Ed è stato conferito il mandato al relatore per portarla in aula la settimana prossima. Un grandissimo passo per la civiltà giuridica del Paese. Una delle idee del nostro presidente Silvio Berlusconi che oggi sarebbe felice e orgoglioso del nostro lavoro».
Certo. Intanto un primo passo, l’iter di legge è avviato. Poi, essendo una riforma costituzionale, occorre la maggioranza qualificata…
«Ed è prevista la procedura rafforzata. Chiaro. Il principio è di importanza vitale. Il magistrato deve essere davvero terzo rispetto alla pubblica accusa, non deve esserne collega ed amico da cui è separato solo formalmente durante l’udienza. Mi piacerebbe che alla fine dell’approvazione si dovesse passare comunque per il referendum. Così il popolo italiano potrebbe liberamente esprimersi, e sono convinto che finirebbe con una vittoria storica sancita dal popolo italiano».
Guardi, di referendum se ne sono fatti tanti e anche vinti. Come sulla responsabilità civile dei magistrati, rimasto poi lettera morta.
«Noi di Forza Italia e questo governo di centrodestra siamo concentrati sulle riforme. Quante volte si è parlato di separazione delle carriere, negli ultimi trent’anni? A ogni singola legislatura venivano depositate proposte di legge costituzionali. Noi a neanche metà legislatura siamo già arrivati a portare il testo della riforma in aula, la settimana prossima».
Forza Italia ha fatto pesare la sua sensibilità nell’ambito del programma di governo ma la giustizia rimane la grande malata d’Italia…
«Tante cose sono già state fatte in questa legislatura. Le ricordo i tre importantissimi emendamenti previsti dalla legge dell’ottobre 2023 in materia di intercettazione, inseriti nel codice di procedura penale. Non è più possibile utilizzare la vergogna delle intercettazioni a strascico, ed è stato grazie a un nostro emendamento, e abbiamo obbligato l’ufficiale di P.G. che ascolta le intercettazioni a mettere nero su bianco anche i fatti che non ritiene rilevanti».
Servono regole anche sull’estensione delle intercettazioni oltre i 45 giorni…
«Anche su questo leggo tante strumentalizzazioni. Cerchiamo di essere chiari. Se nei 45 giorni (escludendo mafia e terrorismo) emergono dati per le quali è necessario continuare a intercettare, lo si potrà continuare a fare. Però deve esserci una motivazione, sul decreto del gip. È finito il tempo dei prestampati “Visto, si autorizza”. Si invadeva la vita degli italiani con un prestampato che autorizzava ad andare oltre ad libitum, senza una motivazione precisa e a quel punto senza più un termine. E deve finire l’intercettazione esplorativa: non ho trovato nulla, allora continuo a intercettare finché non sento qualcosa che mi interessa. Così non c’è più stato di diritto, lo capiscono tutti».
Anche perché quello delle intercettazioni pazze è uno scandalo da tutti i punti di vista. Dello stato di diritto, dell’efficienza della giustizia, per l’enorme numero di sviste ed errori e non ultimo, per il costo astrale che comporta per lo Stato.
«Il fatto che si spendono centinaia di milioni di euro è un problema, certo, ma che non riguarda i giuristi. Il giurista deve pensare allo stato di diritto, alla giustizia giusta. Le posso assicurare che in nove processi su dieci le intercettazioni sono negative. Sono inutili o inutilizzabili. Si è cioè invaso un diritto di rango costituzionale senza che ve ne fosse la necessità».
Ogni volta che si mette mano a riforme sulla giustizia, arrivano le levate di scudi dell’Anm e le proteste di MD. Temete l’opposizione giudiziaria più di quella politica?
«Il mio credo è che le leggi le scrive il Parlamento, la magistratura le applica e il cittadino le osserva. Finisce lì. Noi non critichiamo le sentenze, loro non devono mettere becco nei provvedimenti legislativi».
Ieri è stato archiviato, dopo anni di calvario giudiziario, Stefano Esposito. Il presunto traffico di influenze è veramente aleatorio, bisogna fare chiarezza…
«Conosco l’ex senatore Esposito e il suo caso. Quella di riformare la fattispecie del traffico di influenze era sin dall’inizio della legislatura una nostra proposta di legge, primo firmatario Pittalis, di Forza Italia. Già depositata e in trattazione, il governo ha fatto una proposta che è stata approvata. La nuova formulazione del traffico di influenze, in vigore dal 25 di agosto, è una buona legge: prevede che venga sanzionato chi percepisce denaro, non chi promette utilità. Che significava tutto e niente. Siamo orgogliosi anche di questa legge e continueremo a farne altre per riportare il Paese sui binari della giustizia giusta».
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