Nel mirino un’associazione mafiosa dedita a estorsioni, traffico di armi e droga, ricettazioni, usura, reati tributari e riciclaggio. La religiosa avrebbe garantito il collegamento tra il clan e i sodali detenuti in carcere. Perquisizioni in diverse città d’Italia, da Milano a Reggio Calabria: sequestrati 1,8 milioni di euro
Avrebbe usato il proprio incarico spirituale per agire come intermediaria tra un clan ‘ndranghetista e i detenuti, trasmettendo ordini e istruzioni e ricevendo informazioni utili per pianificare strategie criminali. C’è anche una religiosa, suor Anna Donelli, tra le persone finite in arresto nell’ambito di una maxi operazione della polizia di Stato e dei militari della Guardia di finanza, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica di Brescia.
Dalle prime ore di questa mattina gli investigatori di Polizia e Finanza stanno eseguendo 25 misure cautelari e il sequestro preventivo di oltre 1,8 milioni di euro oltre a numerose perquisizioni nelle province di Brescia, Reggio Calabria, Milano, Como, Lecco, Varese, Verona, Viterbo e Treviso.
La maxi operazione
L’operazione congiunta è volta a sgominare un’associazione mafiosa di matrice ‘ndranghetista operativa nel territorio bresciano e che, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, sarebbe dedita a estorsioni, traffico di armi e droga, ricettazioni, usura, reati tributari e riciclaggio. Gli investigatori hanno altresì contestato agli arrestati il reato di scambio elettorale politico mafioso.
Parallelamente i carabinieri del Comando Provinciale di Brescia hanno dato esecuzione ad un’ulteriore misura cautelare sempre nell’ambito del medesimo procedimento penale, nei confronti di 8 indagati – tra i quali anche membri della stessa associazione ‘ndranghetista – ritenuti a vario titolo responsabili di detenzione illegale di armi, riciclaggio, usura e ricettazione, aggravati dal metodo mafioso, oltre al reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.
Tra le persone finite agli arresti ci sono anche l’ex consigliere comunale di Brescia in quota Fratelli d’Italia Giovanni Acri, per il quale sono stati disposti gli arresti domiciliari, e suor Anna Donelli, ritenuta «a disposizione del sodalizio per garantire il collegamento con i sodali detenuti in carcere». Agli arresti domiciliari si trova anche Mauro Galeazzi, ex assessore in quota Lega a Castel Mella, arrestato in passato per tangenti poi scarcerato e assolto.
Chi è suor Anna Donelli
Ribattezzata «Collina», come lei stessa ha raccontato in una trasmissione televisiva, per il suo ruolo di arbitro di calcetto nelle ore d’aria dei carcerati, attiva dentro e fuori le mura del carcere per il recupero dei detenuti, suor Anna Donelli è finita agli arresti domiciliari con accuse pesanti: essere a disposizione del clan ‘ndranghetista per il quale avrebbe agito come intermediaria, sfruttando proprio l’incarico spirituale che le era stato affidato e che le consentiva di avere libero accesso alle strutture penitenziarie, per portare informazioni e ordini impartiti dagli affiliati ai detenuti.
La religiosa 57enne, originaria di Cremona e residente a Milano, appartiene all’Istituto suore di carità. Presta servizio nel carcere di San Vittore da diversi anni e ha svolto servizi come volontaria anche nel carcere di Brescia. Proprio questa sua attività a contatto con i detenuti, secondo gli inquirenti, l’avrebbe portata ad agire come insospettabile punto di congiunzione tra gli affiliati del clan.
Secondo quanto emerso dalle indagini la suora avrebbe infatti trasmesso «ordini, direttive, aiuti morali e materiali ai soggetti sodali o contigui al sodalizio reclusi in carcere», ricevendo dai detenuti «informazioni utili per meglio pianificare strategie criminali di reazione alle attività investigative delle Forze dell’ordine e dell’Autorità giudiziaria» e proponendosi per favorire «lo scambio informativo tra i detenuti e i loro prossimi congiunti nel caso di divieti di colloqui», e infine «risolvendo dissidi e conflitti tra i detenuti all’interno del carcere».
Le indagini
L’indagine, partita a settembre 2020, ha riguardato l’operatività, in territorio bresciano, di un’associazione per delinquere di matrice ‘ndranghetista, originaria di Sant’Eufemia d’Aspromonte (in provincia di Reggio Calabri), residente da anni in questa provincia, spiegano gli investigatori in una nota, «e legata da rapporti federativi alla cosca “Alvaro”, egemone nella zona aspromontana compresa tra i comuni di Sinopoli e Sant’Eufemia d’Aspromonte».
L’attività investigativa ha permesso di ricostruire l’organigramma del sodalizio che, facendo leva sull’intimidazione del vincolo associativo, avrebbe riprodotto, in territorio bresciano, «una “locale” in grado di porre in essere le peculiari azioni che caratterizzano le associazioni di tipo mafioso, quali estorsioni, traffico di armi e stupefacenti, ricettazioni, usura e scambio elettorale politico-mafioso». Durante le indagini sono emersi in particolare i legami tra il gruppo finito sotto la lente e altri gruppi criminali (sempre di matrice ‘ndranghetista) dell’hinterland bresciano.
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