Le proposte sono contenute in un documento del progetto nazionale “RheumAware”
Attivi progetti virtuosi su monitoraggio farmaci, analisi dati di outcomee teleconsulti ma rimangono alcuni bisogni insoddisfatti dei pazienti. Le malattie reumatologiche sono invalidanti (artrite psoriasica-spondiloartriti) e provocano in tutta Italia importanti costi indiretti (3 miliardi di euro annui). Vanno quindi favoriti diagnosi ed interventi terapeutici appropriati e precoci
4 dicembre 2024 – Nel sistema sanitario regionale la reumatologia è molto strutturata ma rimangono ancora aspetti da migliorare. In particolare, vi è un problema di diagnosi precoci che vanno incentivate e una necessità di migliorare la personalizzazione delle cure. E’ necessario un rafforzamento delle attività di analisi dei dati e di ricerca che devono valutare anche i costi indiretti. Inoltre, risulta limitato, e non sempre adeguato, il ruolo del medico di medicina generale nel percorso d’assistenza. Infine, mancano delle piattaforme digitali di telemedicina integrate con tutti i dati disponibili dei pazienti. È quanto emerge da un documento redatto da un gruppo di esperti veneti composto da clinici, farmacisti ospedalieri, rappresentanti dei pazienti, esponenti delle istituzioni sanitarie regionali ed economisti sanitari. L’iniziativa rientra nel progetto “RheumAware” che, dopo una fase nazionale gestita dalla Cabina di Regia del Progetto, intende analizzare in alcune Regioni i bisogni insoddisfatti dei pazienti e identificare possibili soluzioni concrete. L’obiettivo è migliorare l’assistenza socio-sanitaria con particolare riferimento all’artrite psoriasica e alle spondiloartriti. Sono due tra le patologie reumatologiche più invalidanti e interessano rispettivamente oltre 100mila e 40.000 persone in tutta Italia generando costi indiretti, sempre a livello nazionale, pari a circa 3 miliardi di euro annui.
“Nella reumatologia, come per altre branche della medicina, è necessaria una sempre maggiore capacità di personalizzare le cure – aggiunge Andrea Doria, Unità Operativa Complessa di Reumatologia, Dipartimento di Medicina – DIMED, Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova -. Per il futuro dovremmo riuscire ad ottenere una migliore caratterizzazione molecolare del paziente per poter scegliere fin dall’inizio la terapia più efficace. In questo modo sarà possibile garantire anche una maggiore sostenibilità del sistema”. “Un importante bisogno non soddisfatto di noi specialisti è infatti quello di valutare e dimostrare gli esiti ottenuti con le terapie nella pratica clinica. Per farlo c’è bisogno di maggiori dati sugli outcome di efficacia e sicurezza delle terapie – sottolinea Maurizio Rossini, Unità Operativa Complessa di Reumatologia, Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona -. I progetti di integrazione dei dati provenienti da fonti diverse dovrebbero darci a breve questa informazione fondamentale”.
Esempi virtuosi in tal senso sono il Progetto Vulcano e, a livello di Regione, i Gruppi di lavoro per
la valutazione e il monitoraggio dei farmaci biologici insieme alla Piattaforma Servizi per la Farmaceutica a supporto dell’aggiornamento delle linee di indirizzo e della prescrizione e monitoraggio dei farmaci. Il Progetto Vulcano, sviluppato dal Professor Trifirò ed il suo Team, ha proprio l’obbiettivo di fornire evidenze di sicurezza ed efficacia per i farmaci immunosoppressori integrando le evidenze provenienti da fonti amministrative e cliniche per la personalizzazione delle cure e la gestione degli insuccessi terapeutici. Queste nuove evidenze permetterebbero anche un’ottimizzazione dell’uso delle risorse della regione.
“Riconoscere il ruolo sempre più centrale dei costi indiretti nella valutazione delle politiche sanitarie è un elemento completamente nuovo introdotto dal PNRR.
La Regione Veneto effettua una programmazione sanitaria ma un aspetto mancante in questo processo è l’attenzione alla parte sociale di queste patologie, ai temi di perdita di produttività e in alcuni casi di perdita del lavoro, soprattutto legati al problema del dolore” chiarisce il dott. Mauro Bonin (Direzione Programmazione e controllo SSR, Regione del Veneto).
Il 63% dei fondi PNRR andranno infatti restituiti e le risorse deriveranno dalle esternalità generate sugli utenti del SSN attraverso un allungamento della vita utile dei pazienti, ritardando il momento dell’insorgenza della disabilità, sollevando i caregiver (soprattutto le donne) dalle attività di accudimento, riducendo i tempi di spostamento e di attesa per le visite e gli esami, etc. In regione manca però un sistema dati che permetta di monitorare questi costi e sarebbe quindi utile realizzare studi dedicati ai costi indiretti. La Regione Veneto condivide il problema nazionale dello scarso numero di reumatologi e di medici di medicina di medicina generale. Va migliorata la preparazione di quest’ultimi soprattutto per favorire diagnosi ed interventi terapeutici più appropriati e precoci in particolare attraverso un incremento dell’appropriatezza del referral al reumatologo. Spesso, infatti, i pazienti sono erroneamente inviati dal medico di famiglia all’ortopedico oppure al fisiatra. Sono quindi necessarie una maggiore collaborazione tra medici specialisti e MMG e la diffusione a tutte le ULSS della Regione delle iniziative formative virtuose già sperimentate da singole realtà. Sarebbe inoltre molto utile ricorrere al supporto delle nuove tecnologie. Per esempio, a Verona sono già attivi dei teleconsulti tra medici di medicina generale e reumatologi specialisti. Più in generale la gestione del paziente può avvenire anche attraverso la telemedicina. Sono già disponibili delle piattaforme specifiche per le patologie reumatologiche, come “iAR Plus”, ma per diventare una risorsa utilizzabile devono essere messe in grado di “dialogare” con gli altri sistemi digitali di raccolta dati.
“Il Veneto si presenta come una Regione già molto strutturata grazie alla presenza di una Rete reumatologica, di Tavoli multistakeholder di discussione e di una commissione tecnica sui farmaci biologici – sottolinea Silvia Tonolo, Presidente ANMAR ODV Associazione Nazionale Malati Reumatici e A.Ma.R.V. ODV Associazione Malati Reumatici del Veneto -. Per risolvere le problematiche locali proponiamo la creazione di un Tavolo Unico Regionale che coinvolga tutti gli stakeholder attivi nel percorso di presa in carico e cura dei pazienti. Insieme possiamo valutare le priorità di intervento sul sistema e identificare possibili soluzioni condivise”. “Una maggiore vicinanza al paziente tramite l’attivazione della Farmacia dei Servizi e dell’opzione della DPC sarebbe un altro passo avanti importante”.
Il progetto “RheumAware” si avvale del contributo incondizionato della società UCB ed è organizzato e coordinato da Dephaforum.
In Veneto hanno partecipato ai lavori:
• Silvia Adami – Direzione Farmaceutico-Protesica-Dispositivi Medici, Area Sanità e Sociale, Regione del Veneto
• Mauro Bonin – Direzione Programmazione e controllo SSR, Regione del Veneto
• Paolo Cortesi – Università Statale Bicocca, Milano
• Andrea Doria – Unità Operativa Complessa di Reumatologia, Dipartimento di Medicina – DIMED, Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova
• Paolo Gisondi – Scuola di Specializzazione in Dermatologia e Venereologia, Università degli Studi di Verona
• Roberta Ramonda – Unità Operativa Complessa di Reumatologia, Dipartimento di Medicina – DIMED, Azienda Ospedaliera Università di Padova
• Maurizio Rossini – “Unità Operativa Complessa di Reumatologia, Azienda
Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona”
• Andrea Spini – Dipartimento di Diagnostica e Sanità Pubblica, Università degli Studi di Verona
• Silvia Tonolo – ANMAR ODV Associazione Nazionale Malati Reumatici e A.Ma.R.V. ODV Associazione Malati Reumatici del Veneto
• Stefano Vianello – Servizi Socio Sanitari Ulss 6 Euganea, Regione del Veneto
• Susanna Zardo – Unità Operativa Complessa Assistenza Farmaceutica Territoriale – ULSS3 Serenissima, Regione del Veneto
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