A Gaza le prove evidenti di un genocidio

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Dopo mesi di raccolta prove, ricerche e analisi Amnesty International è giunta alla conclusione che l’insieme delle azioni compiute da Israele contro i palestinesi di Gaza, nel corso dell’offensiva militare iniziata il 7 ottobre 2023 in risposta all’attacco guidato da Hamas nel sud di Israele, costituisce genocidio.

Secondo la Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, adottata dalle Nazioni unite nel 1948, per genocidio si intende una serie di atti proibiti «commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale». Tali atti includono «l’uccisione di membri del gruppo», provocare «lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo» e «il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale».

Secondo Amnesty International Israele ha commesso queste tre tipologie di atti contro i Palestinesi di Gaza, precisamente con l’intenzione di distruggerli fisicamente.

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Questa conclusione si basa sull’analisi aggregata sia degli attacchi israeliani contro i civili e le infrastrutture vitali a Gaza che dell’impatto provocato dalle distruzioni su larga scala, dai trasferimenti di massa della popolazione e dal blocco, totale o parziale, all’ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia. Amnesty International ha infatti potuto verificare almeno 15 attacchi aerei contro palazzi, case, chiese, mercati e strade, tutti collocati in zone densamente popolate, dimostrando come il loro obiettivo fosse colpire i civili in maniera diretta o indiscriminata.

In fila per il cibo a Khan Younis (Ap)

Questi attacchi sono solo un campione dello schema ricorrente usato da Israele a Gaza. Anche nei casi in cui Amnesty International ha verificato la presenza di possibili obiettivi militari, Israele ha usato armi esplosive con effetto ad ampio raggio e scelto orari in cui gli attacchi avrebbero avuto un impatto maggiormente devastante sulla popolazione civile, tanto da poter considerare tali attacchi come indiscriminati o sproporzionati, e quindi illegali secondo il diritto internazionale umanitario.

Nel corso di un anno i bombardamenti israeliani hanno causato decine di migliaia di morti, tra cui oltre 13mila bambini, cancellando intere famiglie e generazioni. Mancano le parole per descrivere il dolore di padri costretti a raccogliere i resti dei propri figli in piccoli sacchetti bianchi e dei tanti bambini accasciati sui corpi senza vita delle loro madri, giorno dopo giorno, per quasi 14 mesi.

Khan Younis, 21 novembre 2024, Mahmoud bin Hassan baccia il corpo senza vita di uno dei suoi tre bambini uccisi da un bombardamento israeliano (Ap)

A tutto ciò si aggiungono le politiche di Israele che hanno creato condizioni di vita intese a provocare la distruzione fisica dei palestinesi a Gaza. Queste sono il frutto di tre “macro azioni” commesse da Israele a Gaza: la pressoché totale distruzione delle infrastrutture critiche (centrali elettriche, centri per la depurazione dell’acqua, ospedali, ecc.) e di altri beni indispensabili per la sopravvivenza della popolazione civile (come zone agricole e allevamenti); il ripetuto sfollamento forzato e di massa del 90% della popolazione, effettuato in condizioni insicure e insalubri; e l’ostruzione della fornitura di servizi e di rifornimenti essenziali, inclusi cibo, acqua e medicinali. In pochi mesi queste azioni illegali hanno avuto l’effetto combinato di diffondere un mix micidiale di fame, malnutrizione e malattie, che ha colpito l’intera popolazione.

Nonostante gli appelli delle Nazioni Unite e delle principali organizzazioni umanitarie, nonché gli ordini emanati dalla Corte internazionale di giustizia dell’Aia affinché fosse garantito l’ingresso nella Striscia degli aiuti umanitari, Israele ha continuato a negare alla popolazione di Gaza il minimo necessario per la propria sopravvivenza. Basti pensare che, per non morire di fame, molti si sono ridotti a mangiare cibo per animali. La crudeltà di tale condotta dimostra che la catastrofe umanitaria a Gaza non è il prodotto “collaterale” delle operazioni di guerra, bensì un obiettivo scientemente perseguito da parte delle autorità israeliane.

L’intento di Israele emerge anche dall’analisi di oltre 100 dichiarazioni razziste e disumanizzanti fatte da ministri, funzionari governativi, parlamentari e militari israeliani, in cui si incitavano o giustificavano atti genocidari o altri crimini contro i palestinesi di Gaza. Non solo i palestinesi sono stati definiti «animali umani», a cui negare ogni forma di sostentamento fino alla sconfitta di Hamas e alla liberazione degli ostaggi, ma in alcune dichiarazioni si proponeva apertamente di sradicare Hamas attraverso la distruzione fisica della popolazione civile.

Sulla base della totalità delle prove raccolte e delle analisi effettuate, Amnesty International è quindi giunta alla conclusione che Israele ha agito deliberatamente per distruggere i palestinesi di Gaza. È infatti evidente che la portata e la gravità della catastrofe di Gaza non può considerarsi come il risultato “collaterale” delle operazioni militari israeliane, anche dove si tenesse conto che Israele abbia agito per perseguire precisi scopi militari come la liberazione degli ostaggi e la sconfitta di Hamas. La devastazione umana e fisica che Israele ha creato a Gaza a partire dal 7 ottobre 2023, e le cui ripercussioni affliggeranno generazioni di palestinesi a venire, può essere compresa solo attraverso l’applicazione della Convenzione sul genocidio.

Di fronte allo scenario apocalittico causato dall’offensiva militare israeliana a Gaza, tutti gli stati, Italia inclusa, devono rompere il loro immobilismo. Il governo italiano ha il dovere di agire immediatamente, nel rispetto dei propri obblighi internazionali e degli ordini emessi dalla Corte Internazionale di Giustizia, e ha gli strumenti per farlo, a partire dalla revoca di tutte le licenze approvate per il trasferimento di armi o altra tecnologia militare a Israele, comprese quelle emesse prima del 7 ottobre 2023, assicurandosi che anche le aziende private rispettino tale divieto. Continuando a fornire armi e componenti militari da utilizzare nell’offensiva a Gaza, l’Italia finirebbe per violare il proprio obbligo di prevenire gli atti di genocidio commessi da Israele, rischiando inoltre di rendersi complice del genocidio stesso. Ed è pure incompatibile con gli obblighi internazionali dell’Italia consentire l’utilizzo di porti e aeroporti per il transito di armamenti inviati a Israele da altri paesi.

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In aggiunta il governo deve adottare tutti i mezzi di carattere economico, politico e diplomatico consentiti dal diritto internazionale per fermare il genocidio e gli altri crimini internazionali commessi da Israele a Gaza. È imperativo che l’Italia usi la propria influenza in Europa e nei rapporti bilaterali con Israele affinché questi acconsenta a un cessate il fuoco immediato e duraturo e al rapido ingresso di aiuti umanitari nella Striscia.

Il governo italiano deve infine mandare un messaggio inequivocabile di cooperazione e supporto incondizionati agli organi di giustizia internazionale, compresa la Corte penale internazionale, e assicurare alla giustizia, anche quella italiana, i responsabili del genocidio a Gaza. L’impunità di cui Israele ha goduto per decenni deve avere fine, o alle macerie di Gaza si aggiungeranno quelle del sistema di tutela internazionale dei diritti umani. Se lasceremo che questo vada in frantumi, tutti noi saremo meno protetti.

* vice direttrice regionale di Amnesty International per Medio Oriente e Nord Africa
** Consigliere giuridico di Amnesty International



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