La politica estera di Bergoglio, gli attacchi hacker, e il potere delle dittature

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Lo Stato più piccolo del mondo è ancora oggi uno dei più influenti del globo. Non c’è file, dossier e rivendicazione internazionale che non passi sotto il Cupolone e tra le stanze vaticane. Maria Antonietta Calabrò è una delle massime esperte delle dinamiche della Santa Sede, e rende ancora vigoroso un giornalismo, quello vaticanista, col tempo indebolito dall’eccessiva vicinanza del cronista di turno a questo o a quel prelato. Immune a questo clericalismo giornalistico nel suo “Il trono e l’altare” (Cantagalli), Calabrò conduce il lettore all’interno di un dedalo di documenti, dati, raccontando come il livello spirituale si saldi con quello diplomatico, politico ed economico. Questo volume non è solamente un saggio sul potere, ma rappresenta anche il racconto di un passaggio storico all’interno della Chiesa, un rinnovamento che fai i conti con le controversie del complesso tempo presente.

Il suo libro svela molti retroscena della politica interna ed estera di Papa Francesco. Cina e Russia si rivelano un asset importante per la Santa Sede e ne condizionano la sua diplomazia. Che rapporti di forza ci sono nella Segreteria di Stato?
La Cina è di fatto un continente dove vivono un miliardo e quattrocento milioni di persone che costituiscono per la Chiesa una sfida pastorale enorme. Come ricostruisco nel libro, agli inizi degli anni Duemila la Cina costituiva un asset importante anche per gli Stati Uniti, non quelli democratici e globalisti, ma quelli del repubblicano George W.Bush. Fu proprio Bush a coinvolgere un entusiasta cardinale di Washington Theodore McCarrick (che considerava questa richiesta coerente con l’approccio di Giovanni Paolo II) nel cosiddetto Progetto Cina, in cui gli Stati Uniti erano fortemente impegnati, con altrettanto forte coinvolgimento della Cia.

Come dimostrano testimonianze recentissime riportate nel capitolo del libro: “La Cina e lo Zio Ted”.
Lo scopo del Progetto Cina era quello di far in modo che la Repubblica Popolare e la Santa Sede stabilissero relazioni diplomatiche formali, ben vent’anni prima del recente e più limitato accordo sulla nomina dei vescovi, firmato e rinnovato da Papa Francesco. Come si è visto, il dossier cinese per il Vaticano si è intersecato col caso McCarrick, unico cardinale della storia ridotto allo stato laicale da Papa Francesco nel 2019 per pedofilia,
e con le accuse dell’ex nunzio apostolico negli Stati Uniti, Carlo Maria Viganò. Questo ha scatenato attacchi contro Francesco, accusato di aver svenduto al partito comunista cinese la nomina dei vescovi; anche perché la firma dell’accordo iniziale è avvenuta nel momento in cui era appena partita la guerra commerciale contro Pechino da parte del presidente Donald Trump. Si è trattato di un altro dossier in cui il Trono (in questo caso la presidenza americana) e Altare (il Papato della Chiesa Cattolica) si sono trovati. Come era già avvenuto tra Benedetto XVI e il presidente Barack Obama, ma su lunghezze d’onda molto diverse. Con la rielezione di Trump il problema si riproporrà, ma il fatto che Mike Pompeo (ex segretario di Stato che a fine settembre 2020 sferrò un attacco pesantissimo contro Papa Francesco sulla Cina, proprio in concomitanza con lo scoppio dello scandalo finanziario vaticano per l’acquisto del palazzo di Londra di Sloane Avenue) e Steve Bannon saranno fuori dalla nuova amministrazione, costituiranno, nonostante tutto, un fatto positivo per Papa Francesco. Ma proprio da questo punto vorrei passare a parlare della Russia.

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In che senso?
Pochi osservatori hanno notato la crescente freddezza tra Francesco e Joe Biden in relazione alla Russia e alla guerra in Ucraina, culminata al G7 di Borgo Egnazia nel giugno 2024. Nel libro avanzo qualche dubbio sul fatto che le posizioni in materia internazionale sul conflitto ucraino siano state sempre lineari. Sulla base di quanto scritto nel catechismo della Chiesa cattolica, c’è un obbligo morale per chi si trovi a governare di rifornire anche di armi l’Ucraina aggredita. Non c’è dubbio alcuno che i criteri della legittima difesa siano riempiti pienamente nel caso ucraino. Invece per esigenze di realpolitik ci sono state forti oscillazioni. Ci sono stati momenti in cui il Papa ha distinto nettamente aggredito e aggressore, e momenti in cui sono state sottolineate posizioni pacifiste astratte, come dice la celebre frase di Papa Francesco sull’abbaiare della Nato. Eppure alla Nato tutti questi Stati hanno aderito liberamente perché non volevano ricadere sotto il gioco dell’ex Urss. Il Papa naturalmente non può essere il cappellano della Nato, in una situazione speculare opposta a quella di Kirill, il Patriarca ortodosso russo, che non ha caso Francesco ha definito «il chierichetto di Putin». Nei testi conciliari viene abbandonata l’idea dell’equidistanza tra le forme di Stato e viene stabilito il primato della democrazia. Ciò vuol dire che io non posso trattare i regimi democratici che ritengo con tutti i loro difetti più vicini alla dignità umana, alla stessa stregua dei regimi non democratici. Questo tema fu il grande scontro – come ha ricordato la settimana scorsa il professor Stefano Ceccanti sull’adesione alla Nato – tra Paolo VI e il Segretario di Stato Domenico Tardini. Tardini si opponeva all’adesione dell’Italia all’Alleanza atlantica, sostenendo che una posizione di neutralità avrebbe permesso al nostro Paese di essere un ponte strategico, utilizzabile a vantaggio dei figli della Chiesa per creare nuovi spazi di dialogo e influenza. Mentre Montini, non a caso figlio di un deputato popolare aventiniano, antifascista, fratello di un deputato eletto all’Assemblea Costituente, voleva assolutamente che l’Italia aderisse alla Nato.

Lei racconta molti episodi di spionaggio e guerra ibrida che sono avvenuti contro il Vaticano. A cosa è esposta la Santa Sede in questo momento e come reagisce alle minacce esterne? 
L’episodio più recente è legato a Vatican.va. Il sito ufficiale della Santa Sede e dello Stato Vaticano è rimasto offline per quattro giorni a partire da mercoledì mattina, proprio nelle stesse ore in cui, nel giorno che segnava i mille giorni di guerra tra Russia e Ucraina, Olena Zelenska, moglie del premier ucraino, aveva un’agenda intensa in Vaticano. Prima è stata ricevuta da Papa Francesco, poi ha partecipato in prima fila all’Udienza generale in piazza San Pietro, e infine ha preso parte alla Messa per la pace celebrata dal cardinale Matteo Zuppi nella Basilica di Santa Maria in Trastevere, insieme alla Comunità di Sant’Egidio. In mattinata, Zelenska era stata anche in visita all’Ospedale pediatrico Bambin Gesù, ringraziando la struttura e i medici della Santa Sede per le cure ricevute dai bimbi ucraini. La giornata si era conclusa con l’intervista della moglie del presidente ucraino a Cinque Minuti da Bruno Vespa su Rai1. Il sito del Vaticano è risultato non raggiungibile prima per “errore 504”, poi per “errore 503”, in particolare dai dispositivi mobili (cellulari e tablet) cioè la stragrande maggioranza degli accessi da tutto il mondo, mentre collegandosi da computer fisso l’accesso era (ed è) intermittente. Non è comunque una buona notizia, perché come spiegano i tecnici di cybersecurity, i server, che si trovano su territorio italiano e non in Vaticano, erano attivi e rispondevano correttamente alle verifiche di connessione base (i cosiddetti ping) e ai protocolli di comunicazione di rete (Tcp), confermando la loro operatività.

Cosa potrebbe indicare quindi?
Che un attacco hacker è ancora in corso. Il problema ha coinvolto il dominio principale “Vatican.va”, che permette l’accesso alle parole e alle attività del Papa, agli organismi dello Stato Vaticano e ai Musei Vaticani. Ma questa volta non sembra trattarsi di un classico attacco DDoS (Distributed Denial of Service), che si verifica quando migliaia di bot sovraccaricano un sito con richieste d’accesso, rendendolo inaccessibile. Un attacco simile si verificò il 30 novembre 2022, il giorno dopo una formale protesta russa contro un’intervista di Papa Francesco al settimanale dei gesuiti americani “America”. Quel caso fu analizzato e classificato come un attacco hacker dalla rivista specializzata italiana Red Hot Cyber. Altri episodi documentati nel libro riguardano la Cina, gli Stati Uniti (anche in relazione alle riforme delle finanze vaticane). Per non parlare degli episodi più clamorosi: i due Vatileaks.

Tra Papa Francesco e Benedetto XVI ci sono molte differenze, tra cui il posizionamento sui grandi temi che influenzano anche la politica estera vaticana. In cosa appaiono distanti i due pontificati sotto questo punto di vista?
Mi limito ai player principali: Russia e Stati Uniti. Fu Benedetto a stabilire formali relazioni diplomatiche con la Russia il 9 dicembre 2009. Da allora c’è un’ambasciata russa presso la Santa Sede e una Nunziatura a Mosca. Papa Benedetto aveva incontrato Putin nel 2007. Disse che si erano parlati in tedesco, lingua ben conosciuta da Putin che aveva vissuto in Germania dell’Est molti anni come agente del Kgb. Papa Ratzinger aggiunse di aver trovato un uomo toccato dalla profondità della fede. Era alla Russia ortodossa identitaria di Putin, più che all’America di Obama, che Ratzinger si sentiva vicino. Putin batté Obama nell’incontro con Papa Francesco. E il 12 febbraio 2016 all’Aereoporto dell’Avana, Bergoglio incontrò, on the go, per la prima e unica volta il Patriarca ortodosso Kirill. Cuba, storico alleato di Mosca, fu anche il perno del viaggio apostolico di Francesco negli Stati Uniti nel settembre 2015: la tappa fu aggiunta quando il viaggio negli Stati Uniti era già stato definito grazie alla tessitura sarda di monsignor Angelo Becciu, ex nunzio apostolico a Cuba (2009-2011), prima di essere nominato da Benedetto, sostituto, numero due della Segreteria di Stato.

Il mondo del crimine finanziario è sempre stato attratto dalle finanze vaticane. Dopo il primo grado del processo a Becciu, sono entrate in vigore le riforme volute da Bergoglio e lo Stato Pontificio è integrato nei regolamenti europei su riciclaggio e politiche di trasparenza. C’è ancora qualche rischio che il tesoro di Pietro diventi volano per le cleptocrazie? 
I rischi ci sono sempre. Per tutti. Basti pensare ai rapporti annuali dell’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia per il nostro Paese. Detto questo, lo Stato vaticano ha completato – ci ha messo dieci anni – le sue riforme e in base all’ultimo rapporto di Moneyvall adesso si può considerare uno Stato normale. Il cammello è passato attraverso la cruna dell’ago.

Lei sostiene che anche le riforme finanziarie, la lotta di potere sotto il trono di Francesco, siano una sorta di apripista per il prossimo conclave. È possibile scorgere delle saldature tra gli ambienti putiniani e gli antagonisti del Pontificato di Bergoglio?
Non si può schematizzare tutto, ma è un dato di fatto che i “nemici” di Bergoglio siano stati gli ambienti tradizionalisti americani alleati con Trump, la cosiddetta Chiesa della Resistenza. Sottolineo il ruolo di personaggi come Rod Dreher autore de “L’Opzione Benedetto”, pubblicato in Italia dall’Editore San Paolo, che da metodista è diventato cattolico e poi è passato all’ortodossia del Patriarcato di Mosca. Ora si è trasferito a Budapest per stare vicino a Viktor Orbán. Dreher è stato il destinatario privilegiato delle lettere e dei comunicati dello “sterminatore di Papi”, l’arcivescovo Viganò. Dreher è stato uno dei presenti alla cerimonia di battesimo di James D. Vance nell’agosto 2019, quando il vicepresidente eletto di Trump si è convertito al cattolicesimo.

Perché il pacifismo della Santa Sede appare cosi debole nella rivendicazione dei torti del regime di Putin?
Sia l’Italia sia il Vaticano hanno avuto per decenni solidi rapporti economici con la Russia, e ancora prima con l’ex Urss. Dal Dopoguerra, Roma è sempre stata come Berlino: tre quarti occidentale e un quarto orientale. E forse anche di più, come dimostrano gli atti ottenuti anche da Commissioni parlamentari d’inchiesta sui casi Vasilij Mitrokhin, Aldo Moro (la seconda) ed Emanuela Orlandi.

Questa lotta eterna tra bene e male è molto meno manichea rispetto al passato. Che Chiesa si aspetta per i prossimi anni?
L’impronta di Francesco sarà importante, nonostante tutte le sue contraddizioni. Ha innescato processi che difficilmente potranno essere disattesi o addirittura invertiti.

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