Egregio direttore,
il ministero della Salute ha diffuso le nuove, anche se provvisorie, valutazioni delle Regioni per quanto riguarda l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) e naturalmente si è scatenato l’ennesimo, ed opposto, balletto di chi festeggia e di chi denigra. Queste classifiche non mi appassionano, si avrà certamente modo di parlarne in maniera più diffusa, ma non è questo il punto, perché vorrei fare invece una riflessione generale a partire da un esemplificativo commento sulla classifica esposto su un quotidiano locale online da un consigliere regionale.
Non volendone fare un caso personale dirò solo, per contestualizzare il fatto, che si tratta di un commento che ha preso lo spunto dalla posizione attribuita alla Regione Lombardia nella nuova classifica provvisoria sulla erogazione dei LEA e che è stato proposto da un consigliere regionale attualmente in attività che, come risulterà chiaro da quanto da lui dichiarato, vede in maniera critica l’attuale situazione della sanità lombarda.
Per i non addetti ai lavori preciso che pochi giorni fa il ministero della Salute ha comunicato i risultati provvisori della valutazione che ogni anno viene effettuata per giudicare la capacità delle Regioni di erogare i LEA. Questa valutazione ha messo in cima alla classifica Toscana, Veneto ed Emilia-Romagna, ed in coda Sicilia, Calabria e Valle d’Aosta; la Lombardia, pur essendo stata promossa, è stata classificata all’ottavo posto (l’anno precedente era settima): da qui lo spunto per il giudizio negativo espresso dal consigliere regionale.
Sorvolo sull’opportunità/inopportunità di diffondere da parte di funzionari apicali del ministero dati considerati provvisori, e per questo già oggetto di rimprovero da parte del ministro stesso (e naturalmente da parte di qualcuno dei presidenti di Regione non premiati dalla valutazione), anche se a parere di chi scrive la provvisorietà è solo formale, perché credo che la sostanza della valutazione sarà confermata, e vado al sodo della questione.
Cosa dichiara il consigliere regionale critico, a partire dall’osservazione che la Regione Lombardia era posizionata al settimo posto della classifica nella valutazione dell’anno precedente e si trova collocata all’ottavo posto nella valutazione provvisoria resa nota? Copio esattamente quanto gli attribuisce il giornale: “Cup unico inefficiente, carenza cronica di personale sanitario, sanità territoriale in grave affanno e un rapporto con il privato che necessita di una revisione strutturale. Il declino della sanità lombarda che denunciamo da anni è perfino peggiorato e anche i dati ministeriali sembrano certificarlo. Non siamo mai stati tra i primi, ora siamo scivolati forse addirittura a metà classifica. … Del resto, qualunque sia la graduatoria definitiva e nonostante le continue promesse, i problemi nella nostra regione sono ancora numerosi e non accennano a migliorare. Il sistema di prenotazione unico è ancora lontano dall’essere realmente operativo e funzionale, causando lunghe attese e disagi per i pazienti: problemi tecnici, ritardi, test operativi disastrosi, funzionalità incomplete o difettose, integrazione caotica con i sistemi regionali esistenti, gestione a singhiozzo di ricette elettroniche, anagrafe pazienti e pagamenti, componenti del sistema che non dialogano tra loro. Inoltre, manca una visione strategica per gestire al meglio i rapporti con la sanità privata, con il rischio di favorire i grandi gruppi a scapito dell’equità di accesso alle cure per tutti i cittadini. La nostra regione sconta una carenza cronica di medici, infermieri e operatori sanitari, con concorsi che spesso non riescono a coprire i posti vacanti. Il risultato è un sovraccarico di lavoro per il personale attuale e un calo della qualità del servizio. Per non parlare della riorganizzazione della sanità territoriale: le case e gli ospedali di comunità, che dovrebbero rappresentare il primo presidio per i cittadini, sono insufficienti, mal distribuiti sul territorio e ben lontani dall’essere completati e dotati di tutte le risorse previste dal decreto ministeriale. Questo risultato non è che il frutto di anni di politiche miopi e di scelte sbagliate che hanno favorito un modello inefficace e sbilanciato”.
Una analisi spietata, documentata, particolareggiata, verrebbe da dire, che porterebbe necessariamente a giustificare sia la attuale (non buona) posizione in classifica di Regione Lombardia, preceduta da ben sette Regioni, sia il suo declassamento rispetto all’anno precedente (anche se solo di una posizione, e continuando ad essere comunque giudicata sufficiente ed adempiente). Non entro nel merito della metodologia con cui è stata costruita la classifica provvisoria (ogni tentativo di classifica ha i suoi pro ed i suoi contro) e nemmeno esprimo una mia valutazione su come è stata classificata la posizione della sanità lombarda rispetto all’erogazione dei LEA: mi interessa invece il contenuto della dichiarazione del consigliere regionale perché è un esempio della distanza che c’è tra la realtà e la descrizione di essa che spesso ne viene fatta, soprattutto nel contesto politico.
Dove sta il problema? Il problema è che nessuno dei punti critici sollevati dal consigliere fa parte del sistema di valutazione che ha portato alla citata classifica: non il tema del funzionamento efficiente del Cup unico, non il tema della carenza di personale sanitario, non quello della sanità territoriale in grave affanno e nemmeno quello del rapporto con il privato. Non mi sarei sorpreso se il giudizio espresso dal consigliere avesse indicato quali sono le aree valutate dal ministero che avrebbero penalizzato la Lombardia, ma di queste aree non ho trovato traccia nei pensieri che ha espresso, con i quali ha invece proposto una sua lettura delle criticità della sanità lombarda, creando una classifica di problemi che non hanno alcuna corrispondenza con la valutazione (e la successiva) classifica effettuata dai tecnici del ministero.
Se consideriamo che queste criticità non hanno fatto parte dei criteri di valutazione adottati è del tutto evidente che non è certo per queste criticità che la Lombardia è stata declassata facendole occupare una posizione che non è sicuramente nelle aspettative di molti. Il percorso critico disegnato dal consigliere e quello adottato dal ministero non hanno nulla in comune: dal primo, le criticità secondo il consigliere, non consegue il secondo, la valutazione del ministero; dal secondo non si può dedurre il primo.
Ciò premesso, mi auguro, invece, che i lombardi che si occupano di sanità a qualsiasi titolo (politici, amministratori, esperti, tecnici, cittadini, …) sappiano rimanere aderenti alla realtà, leggano con attenzione i documenti predisposti dal ministero (una volta che diventeranno ufficialmente noti uscendo dall’attuale stato di provvisorietà) per comprendere le aree e gli indicatori che hanno portato all’attuale posizionamento della sanità regionale (e di quella delle altre regioni) e, se del caso, vi sappiano mettere mano nella maniera più adeguata.
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