«Per il prezioso contributo offerto con la sua opera “L’altra storia d’Italia” alla comprensione delle vere ragioni, dinamiche, azioni ed obiettivi che hanno caratterizzato la nostra storia patria» è la motivazione con la quale, lo scorso 4 dicembre, nel Salone Comunale di Forlì, l’Enac (Ente nazionale attività culturali) ha conferito il “Premio Mameli 2024”, giunto così alla sua terza edizione. Classe 1965, bolognese, politologo, articolista, specializzato in particolare nei rapporti tra Vaticano e Mosca, Ufficiale del Genio Pontieri, con ruoli di comando in missioni in Italia e, all’estero, in Francia e Germania, Lamberto Rimondini è oggi, e da molti anni, consulente specializzato nell’internazionalizzazione delle imprese italiane con gli Stati Brics. Suona la batteria, colleziona cimeli militari, e pratica la pesca sportiva e la coltivazione biologica. Ho voluto ascoltarlo sulla sua premiata opera dal titolo accattivante e dal contenuto ancora più accattivante, e che solo quest’anno ha venduto oltre 20.000 copie.
Dr. Rimondini, perché ha scritto questo libro?
«Mai avrei immaginato di vestire i panni dello scrittore perché il mio lavoro abbraccia, da sempre, tutt’altro contesto. Se vuole una data di inizio della cosa, essa è il 16 marzo 1978, quando, a scuola, la professoressa di italiano e storia ci parlò del rapimento di Aldo Moro e della strage di via Fani, quindi delle stragi naziste in Italia. A quel tempo ero appena tredicenne e mi preoccupai molto, perché sapevo che durante la seconda guerra mondiale la casa dei miei bisnonni paterni era stata occupata dai tedeschi. Tornato a casa, chiesi subito a mia nonna se ebbero problemi, ma lei mi rassicurò mostrandomi le ricevute di pagamento di uova e pollame ed evidenziò che erano buoni ed ottimi clienti e che, mai, patirono atrocità. Ma, se la nonna è sincera – mi dissi – la professoressa ed il libro mentono».
E…
«Mi misi ad intervistare parenti ed amici di parenti e, con stupore, appresi di tanti eventi poco noti e assai diversi dalla narrativa che andava per la maggiore. Poi, nel 1992 mi laureavo con una tesi sui rapporti tra il Vaticano e Mosca negli anni 1917-1992, ed in quella occasione ebbi modo di intervistare Mons. Claudio Celli, Sottosegretario di Stato Vaticano e l’Ambasciatore sovietico nella Santa Sede, Yuri Karlov. Chiesi a questi due illustri protagonisti della nostra storia di aiutarmi nella ricerca della verità – se così si può dire – e grazie a loro ebbi importanti contatti che, nel tempo, intervistai. In seguito, studiai centinai di documenti archiviati in Italia. Nel 2017 andai a consultare l’archivio nazionale di Kew Gardens, a Londra, e tornai sconvolto».
Cosa lo sconvolse?
«Toccare con mano quanto la storia raccontata nelle scuole e al pubblico contrasti con la realtà che emerge dai documenti».
Leggo dal suo libro che è stato fondamentale per lei anche l’incontro con Giulietto Chiesa…
«Sì, dopo uno scambio di mail che iniziò nel 2014, lo incontrai nel 2015. Confidai istintivamente a Giulietto Chiesa l’esito della mia pluridecennale ricerca, ovvero che l’Italia nacque protettorato o colonia, e dal 1861 in poi mai fu davvero sovrana. Giulietto Chiesa annuì e mi incoraggiò a pubblicare un libro il cui contenuto, a suo dire, sarebbe stato dirompente. Nel settembre 2019, a Modena, ci incontrammo per l’ultima volta ed in quell’occasione mi disse queste precise parole: “Gli italiani hanno diritto di sapere, e se non pubblichi sei un vigliacco”».
Qual è il suo punto di vista?
«Balzac, nelle sue Illusions perdues, scriveva: “Ci sono due Storie: la Storia ufficiale e bugiarda che viene insegnata, la Storia ad usum delphini; e poi c’è la Storia segreta, dove si trovano le vere cause degli eventi, una Storia vergognosa”. La comune narrazione diventa un mantra a cui tutti si devono omologare senza dubitare. Le evidenze documentali, per decenni celate negli archivi, dimostrano che l’Italia, dai patti segreti di Plombières firmati il 20 luglio 1858, è governata da una cupola finanziaria che agisce nell’ombra».
Non esagera?
«La cupola finanziaria, per imporre sistemi pervasivi volti al controllo degli Stati e dei cittadini, provoca caos politico e sociale al fine di perseguire i propri fini. In Italia possiamo identificare quattro periodi specifici (1858-1913; 1914-1947; 1948-1989; 1990-oggi) in cui viene applicato il medesimo schema di dominio: il territorio corrispondente all’ex Regno delle Due Sicilie subisce quattro volte lo schema di dominio mentre il resto d’Italia tre. Questa cupola finanziaria, o deep state, agisce attraverso una vera e propria rete di affiliati per provocare crisi e caos globali e finì con l’imporre nel 1815 il Gold Standard, nel 1944 il Gold Exchange Standard, nel 1971 il denaro “Fiat” ed infine attua il Pnac dal 2001, ovvero l’attuale fase».
In brevissimo, di cosa si tratta?
«Il Gold Standard, o sistema aureo, è introdotto nel 1815 e si può attuare usando o direttamente l’oro come moneta, o banconote convertibili in oro, o totalmente o parzialmente. Il Gold Exchange Standard è introdotto con agli accordi di Bretton Woods del 1944, ove il dollaro è l’unica valuta convertibile in oro o con cui acquistare le materie prime. Il 15 agosto 1971 con lo Smithsonian Agreement, gli USA aboliscono arbitrariamente la convertibilità del dollaro in oro decretando, di fatto, la morte del sistema aureo e la nascita del sistema fluttuante dei cambi flessibili. Infine il Pnac (Project for the New American Century) è un centro di ricerca con sede a Washington il cui fine è il dominio degli Usa sul mondo. Tra i suoi fondatori spiccano Dick Cheney e Donald Rumsfeld».
La sua “Storia” vorrebbe offrire al lettore un’analisi d’insieme, “alternativa”, della Storia contemporanea d’Italia.
«Ci ho provato. Osservando le evidenze storiche tratte dai documenti emersi dagli archivi si evince la presenza di una cupola finanziaria che, nell’arco di due secoli, attua un piano volto ad imporre il suo dominio globale. La storia che ci viene raccontata la scrivono i vincitori delle guerre, che impongono la loro verità di parte trasformandola in verità oggettiva, se non assoluta, con moventi e mandanti di comodo. Con questa logica, i vincitori delle guerre sono sempre “i buoni” e gli sconfitti sono sempre “i cattivi”. Conseguentemente, le nostre opinioni e le nostre convinzioni sono, e saranno sempre, falsate, distorte e superficiali perché, ignari, crederemo di essere nel giusto stando dalla parte dei “buoni”. Concentrandoci sulla ricerca di chi trae vantaggio economico e finanziario dalle guerre avremo, finalmente, un quadro più ampio e realistico della situazione. Le nostre opinioni e le nostre convinzioni sarebbero così più oggettive e scopriremmo che chi fomenta le divisioni per finanziare le guerre, da cui trae immensi vantaggi, finanzia sempre entrambi gli schieramenti perché ci guadagna sempre».
Insomma, se non ho capito male, lei si chiede se per caso le parti in guerra sono tutte vittime ed il “cattivo” è chi fomenta le divisioni per trarne profitto…
«Esatto. La qualità dell’informazione è determinante per la creazione delle nostre opinioni ed è quindi evidente che, in ordine alla libertà di stampa, essendo l’Italia al 58° posto nel mondo su 195 Stati sovrani (Reporter sans frontier, classifica 2022), la qualità delle informazioni che riceviamo ogni giorno è, quantomeno, poco attendibile e, conseguentemente, le nostre opinioni sono distorte: più l’informazione è controllata meno libertà ha il Popolo. Quando il potere, o meglio la cupola finanziaria, attraverso i mezzi d’informazione che controlla, applica sistematicamente dei protocolli di guerra psicologica contro i Popoli per manipolare le opinioni e per piegare le coscienze azzerando i diritti di ciascuno, la società si trasforma in una realtà infernale, ed il totalitarismo, che è peggio di una dittatura, si impone di fatto».
Franco Battaglia, 6 dicembre 2024
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