Il commercio delle armi come “male globale”. Il Magistero di Papa Francesco sull’immoralità della guerra (Salvatore Izzo)

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WCENTER 0WNGCCTFJF – 06221923 FOTO WEBSERVER – imgeidon220613192244 – 941712 CONCERTO PER L’ANNO DELLA FEDE IN AULA PAOLO VI – – Eidon

All’inizio del suo pontificato, nel giugno 2013, Papa Francesco compì un gesto che fece discutere e lasciò un’impronta chiara sul suo Magistero: la decisione di lasciare la sua sedia vuota (nella foto) e non partecipare a un concerto organizzato nell’Aula Paolo VI, sponsorizzato da Finmeccanica, azienda coinvolta nella produzione di armamenti. Questo rifiuto fu interpretato come una scelta simbolica di distanziarsi da realtà che alimentano guerre e conflitti. Sebbene il Papa non abbia mai rilasciato dichiarazioni ufficiali sull’episodio, la sua assenza non passò inosservata. Quel gesto fu letto come una presa di posizione contro il commercio delle armi e contro un’economia che antepone i profitti al bene comune.
Il gesto trovò poi una spiegazione – per la verità mai ufficializzata dalle fonti vaticane – nelle parole di Francesco, che più volte ha denunciato il legame tra la produzione di armi e le sofferenze dei popoli. In uno dei suoi Angelus, dichiarò:
“Non possiamo illuderci di costruire la pace fabbricando armi. Questo significa alimentare conflitti e distruggere vite umane. È un peccato grave contro Dio e contro l’umanità.”

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La diserzione del concerto organizzato da Finmeccanica non è stata un caso isolato, ma parte di una testimonianza coerente. alla vigilia di Natale scorso, con una vicenda di segno diverso, ma altrettanto rivelatrice del nuovo corso impresso da Papa Francesco: la dirigenza dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, presieduta dal Prof. Tiziano Onesti, ha rifiutato, in maniera del tutto inaspettata, una donazione di un milione e mezzo di Euro offerta dalla Leonardo SpA (ex Finmeccanica) per l’acquisto di un’apparecchiatura di diagnostica radiologica.
È emerso che, dopo consultazioni con la Segreteria di Stato vaticana e con lo staff di Papa Francesco, la Presidenza dell’Ospedale Bambino Gesù è giunta alla conclusione che non poteva accettare la donazione offerta da una grande impresa specializzata nella produzione di armi in dotazione alle Forze Armate di diversi Paesi.
Il rifiuto della donazione è stato quindi motivato per «evitare di mettere in imbarazzo la Santa Sede, in questo periodo alle prese con guerre sanguinose che il Pontefice denuncia ogni giorno».

Il significato di tale rifiuto appare evidente. Sarebbe stato altamente contraddittorio se la Chiesa avesse accettato una consistente donazione da parte di un’azienda produttrice di armi, laddove Papa Francesco si batte ogni giorno contro la guerra e sostiene che i soldi spesi per le armi dovrebbero essere impiegati per fini umanitari. È la prima volta nella storia che un organismo della Santa Sede rifiuta una donazione di tale entità.

La notizia è stata diffusa dagli organi di stampa. La Leonardo SpA ha emesso un comunicato in merito al rifiuto dell’Ospedale Bambino Gesù ed ha annunciato l’intenzione di spostare la donazione alla “Fondazione Gaslininsieme ETS”, che raccoglie fondi per l’Ospedale pediatrico “Giannina Gaslini” di Genova. Ma la Fondazione “Gaslininsieme ETS” ha diffuso a sua volta una nota, in merito alla notizia diffusa dalla stampa, nella quale precisa di non aver ricevuto tale proposta di donazione da parte del gruppo industriale Leonardo.

In questo difficile contesto emerge con chiarezza la coerenza di Papa Francesco e viene da pensare alle voci che, all’interno della Curia, esprimono dissenso nei confronti di questo atteggiamento del Papa, che non è nuovo a rifiutare donazioni da parte di società coinvolte in affari disapprovati dalla dottrina sociale della Chiesa.
Ha scritto infatti padre Tonio Dell’Olio, già coordinatore nazionale di “Pax Christi”, movimento cattolico internazionale per la pace: «Quello dell’Ospedale costituisce un precedente molto importante, che fa onore soprattutto per la coerenza e perché, al di là di ogni pur profonda convinzione, francamente non è facile rinunciare a una cifra così importante. Non è sempre vero che “pecunia non olet”. E c’è chi ha il coraggio di dire no».

Papa Francesco, in diverse occasioni, ha invitato i leader mondiali e i fedeli a riflettere sulle responsabilità etiche delle loro azioni:
“Ogni spesa fatta per le armi è un insulto ai poveri e un tradimento della pace,” ha affermato nel 2015.

A distanza di più di 10 anni, la porta sbattuta a Finmeccanica rimane un simbolo di integrità e coerenza morale. Francesco non solo predica la pace, ma la vive concretamente, rifiutando qualsiasi compromesso con sistemi che si allontanano dalla dignità umana.
Il rifiuto di quel concerto sponsorizzato da Finmeccanica continua a essere un invito a tutti, credenti e non, a scegliere la strada della giustizia e della solidarietà contro le logiche della guerra e del profitto. Una lezione che risuona con forza nel mondo di oggi, sempre più segnato da conflitti e tensioni.

Papa Francesco ha più volte condannato la produzione e il commercio delle armi come uno dei mali maggiori del nostro tempo. Qualche mese dopo, in un Angelus del 2014, Francesco dichiarò: “È scandaloso vedere come si giustifichi il commercio delle armi in nome della libertà o della sicurezza. Non si può costruire la pace sul sangue degli innocenti.”
Queste parole aiutano a comprendere il significato di quel gesto: un rifiuto simbolico di qualsiasi legame, anche solo indiretto, con chi trae profitto da attività che alimentano guerre e conflitti.

Il rifiuto di Francesco di partecipare al concerto sponsorizzato da Finmeccanica si inserisce in una più ampia visione etica che guida il suo pontificato. Questo episodio ha anticipato molte delle sue prese di posizione successive, come il sostegno al Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari e i frequenti appelli per ridurre le spese militari a favore dell’assistenza ai poveri.

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In un discorso del 2015, Francesco ribadì: “Chi investe nelle armi, chi costruisce armi e chi le vende, sta lavorando contro la pace. Questa non è la strada di Dio, ma la strada del male.”
A distanza di anni, la scelta di Papa Francesco di non partecipare al concerto organizzato da Federmeccanica resta uno dei momenti simbolici del suo pontificato. È un richiamo a riflettere sulle responsabilità morali di ogni scelta, anche quelle apparentemente secondarie.
Questo episodio ci invita a ricordare che la pace non si costruisce solo con le parole, ma anche con gesti concreti che rifiutano compromessi con logiche contrarie al bene comune. Una lezione che continua a ispirare credenti e non credenti in tutto il mondo.
Sin dall’inizio del suo pontificato, Papa Francesco ha posto la pace al centro del suo Magistero, lanciando ripetuti appelli contro la corsa agli armamenti e il commercio delle armi. Con un linguaggio diretto e incisivo, il Papa argentino ha più volte condannato le guerre e i conflitti alimentati dagli interessi economici legati alla produzione e vendita di strumenti di morte.

Le parole del Pontefice
Una delle dichiarazioni più emblematiche risale al 2015, durante una visita a Sarajevo, quando Francesco affermò:
“La guerra è la madre di tutte le povertà. Chi fabbrica armi e chi le vende semina morte, arricchendosi sulle lacrime e sul sangue degli innocenti. È un peccato gravissimo.”
Questo pensiero è stato ribadito in numerosi discorsi, come quello del 2020, in occasione della Giornata Mondiale della Pace:
“Il commercio delle armi è un mercato che disprezza la vita, perché antepone il profitto alla dignità delle persone. Finché continueremo a investire più nelle armi che nell’educazione o nella sanità, non avremo mai vera pace.”
Uno dei temi ricorrenti del Magistero di Francesco è la denuncia di quella che lui definisce la “terza guerra mondiale a pezzi”. Già nel 2014, parlando al cimitero militare di Redipuglia, aveva sottolineato: “La guerra non si combatte solo con le armi: si fa anche distruggendo economie, manipolando mercati, fomentando divisioni e paure. È il frutto amaro di un sistema che mette il denaro al centro e non la persona umana.”

Papa Francesco, però, non si limita a condannare, ma invita costantemente a percorrere vie di dialogo e disarmo. Nel 2021, intervenendo al Vertice dei Leader Religiosi sul Disarmo Nucleare, ha dichiarato: “Il disarmo non è un’utopia: è una necessità morale e politica. Non possiamo affidarci alla logica della deterrenza, che perpetua un clima di paura e sospetto. Dobbiamo invece lavorare insieme per costruire fiducia reciproca e solidarietà tra le nazioni.”
Il messaggio del Papa contro le armi trova eco nelle azioni della Santa Sede, che partecipa attivamente a conferenze internazionali per il controllo degli armamenti e il bando delle armi nucleari. Francesco ha anche sostenuto il Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari, definendolo: “Un passo coraggioso verso un mondo libero dalla minaccia nucleare.”

Le parole e le azioni di Papa Francesco ci interpellano tutti. Il suo Magistero ci invita a ripensare le priorità globali, mettendo la pace e la dignità umana al primo posto.
“Non c’è pace senza giustizia, e non c’è giustizia se il mondo continua a investire nelle armi invece che nei bisogni delle persone più fragili.” Una lezione che rimane più attuale che mai.

Il rifiuto delle armi in Fratelli tutti
Nell’enciclica Fratelli tutti, pubblicata il 3 ottobre 2020, Papa Francesco lancia un appello forte e inequivocabile contro le armi e la cultura della guerra. Il testo affronta temi come la fraternità, la solidarietà e il dialogo tra i popoli, ma dedica anche pagine intense alla denuncia del commercio e della produzione di armamenti, indicandoli come ostacoli insormontabili alla pace.
Tra i passaggi più significativi, Francesco scrive: “Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa, una sconfitta dinanzi alle forze del male.” (Fratelli tutti, 261).
Con queste parole, il Pontefice sottolinea l’assurdità della guerra, che non solo non risolve i conflitti, ma aggrava le sofferenze dei più vulnerabili.

Francesco dedica particolare attenzione al ruolo devastante del commercio degli armamenti, un business che alimenta divisioni e conflitti:
“Non si possono più pensare le relazioni internazionali partendo dalla logica del possesso delle armi, come se non esistessero altri mezzi per garantire la pace. Un mondo senza guerra richiede coraggio e impegno concreto.” (Fratelli tutti, 262).
Il Papa denuncia con forza come il commercio delle armi sia spesso giustificato con pretesti legati alla sicurezza nazionale, mentre in realtà si tratta di un’attività che prioritizza il profitto a scapito della vita umana.

Nel contesto dell’enciclica, il Papa invita i governi a un cambiamento radicale: “È necessario un accordo globale che porti al disarmo integrale e alla cessazione della fabbricazione e del commercio di armi. Non possiamo costruire il futuro appoggiandoci sulle paure degli altri.” (Fratelli tutti, 262).
Con questo appello, Francesco chiede alla comunità internazionale di superare le logiche della deterrenza e della corsa agli armamenti, per costruire invece relazioni basate sulla fiducia e sulla cooperazione.
Il rifiuto delle armi in Fratelli tutti non è solo un invito alla riflessione, ma una chiamata all’azione. Per il Papa, la costruzione della pace richiede il coinvolgimento di tutti, partendo dalla consapevolezza che la fraternità umana è il fondamento di una società giusta: “La vera pace non si ottiene equilibrando la paura con la paura, ma seminando amore e giustizia. Questo è il cammino che ci chiede Dio.”

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Fratelli tutti è un documento che interpella profondamente il mondo contemporaneo, segnato da conflitti e tensioni crescenti. Il rifiuto delle armi, come proposto da Papa Francesco, è un segno di speranza e un richiamo a percorrere strade di dialogo e riconciliazione.
L’enciclica continua a ispirare credenti e non credenti, ricordando che la pace è un compito di tutti e che ogni arma in meno è un passo verso un mondo migliore.

Papa Francesco e la condanna del commercio di armi dall’inizio della guerra in Ucraina
Negli ultimi tre anni, segnati dal conflitto in Ucraina, Papa Francesco ha intensificato le sue critiche al commercio di armi, in particolare all’invio di armamenti da parte dei Paesi della NATO e di altre nazioni coinvolte indirettamente nella guerra. Attraverso discorsi, Angelus e interventi pubblici, il Pontefice ha costantemente denunciato un sistema che perpetua la violenza e ostacola ogni prospettiva di pace.
Dall’inizio della guerra in Ucraina, Papa Francesco ha espresso con chiarezza il suo pensiero:
“Ogni guerra rappresenta un fallimento dell’umanità. Questa guerra, come tutte le altre, non sarà vinta, perché chi soffre sono i popoli, i più deboli, mentre pochi si arricchiscono vendendo armi.”
In un Angelus del 2022, il Papa si era rivolto direttamente ai leader mondiali, esprimendo il suo dolore per l’escalation militare:
“Smettiamola di investire nelle armi e investiamo nella pace. Ogni arma inviata in Ucraina è una ferita al cuore della fraternità umana.”

Il Pontefice ha più volte denunciato il commercio di armamenti come un sistema che si nutre di conflitti per alimentare interessi economici e geopolitici: “La guerra non si combatte solo con le armi, ma anche con l’economia che le sostiene. È un’industria della morte che prospera sul sangue innocente,” ha dichiarato in un’intervista del 2023.
Francesco ha invitato i Paesi a riflettere sull’ipocrisia di promuovere la pace mentre si incrementa la produzione e la vendita di armi:
“Non possiamo parlare di pace e allo stesso tempo inviare strumenti di distruzione. Questo è un inganno morale che il mondo non può più accettare.”

Il Papa ha più volte sottolineato che la soluzione al conflitto in Ucraina non risiede nell’aumento delle armi, ma nel dialogo e nella diplomazia: “Non c’è pace senza dialogo, e non c’è dialogo possibile se ci armiamo fino ai denti. Le armi non costruiscono ponti, li distruggono.”
Nel 2023, durante un incontro con leader religiosi, Francesco ha lanciato un appello accorato:
“Dobbiamo avere il coraggio di disarmare i cuori prima che le mani. La pace si costruisce con gesti di riconciliazione, non con missili e carri armati

Le critiche del Pontefice si inseriscono in un contesto internazionale in cui molti giustificano l’invio di armi come necessario per sostenere l’Ucraina nella sua difesa. Tuttavia, Francesco ha invitato a considerare le conseguenze a lungo termine di questa strategia:
“Ogni arma inviata oggi sarà un seme di violenza per il futuro. Solo la pace costruita sulla giustizia e sul dialogo è duratura.”
Le posizioni di Papa Francesco contro il commercio delle armi non sono nuove, ma si sono intensificate in un momento storico particolarmente drammatico. Il Pontefice continua a richiamare il mondo a un cambio di paradigma, rifiutando una logica che vede la guerra come inevitabile.

“Dobbiamo smettere di accettare la guerra come soluzione. È un cammino senza uscita che distrugge la speranza e l’umanità.” Un messaggio che, nel pieno del conflitto in Ucraina, risuona come un invito a scegliere la pace, anche quando sembra la strada più difficile.
Negli ultimi anni, i portuali di Genova hanno assunto un ruolo cruciale nel dibattito internazionale sul commercio delle armi, bloccando il transito di materiali bellici nei porti italiani destinati a Paesi coinvolti in conflitti. Tra le loro azioni più significative, il blocco di navi saudite cariche di armi destinate alla guerra in Yemen ha suscitato ampia risonanza. Queste iniziative hanno attirato l’attenzione di diverse organizzazioni pacifiste e, sorprendentemente, anche di Papa Francesco.

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Il Pontefice, noto per le sue critiche al commercio delle armi e ai conflitti alimentati da tali traffici, ha espresso il suo sostegno morale ai lavoratori portuali. Pur non avendo rilasciato dichiarazioni dirette, ha sostenuto più volte, anche in contesti ufficiali, il diritto e il dovere di rifiutare la complicità in azioni che alimentano la guerra. Francesco ha affermato che il commercio di armi è un “mercato di morte”, lodando implicitamente le iniziative che mirano a limitarne l’impatto devastante.
Le azioni dei portuali hanno avuto conseguenze diplomatiche per l’Italia, in particolare con Paesi come l’Arabia Saudita e Israele. Tuttavia, queste proteste hanno anche contribuito a promuovere un dibattito più ampio sul ruolo etico e legale dell’export di armi, spingendo alcune istituzioni a rivedere le proprie posizioni su licenze e autorizzazioni.
Questi gesti rappresentano non solo una resistenza pacifista, ma anche una riflessione sul ruolo dei lavoratori nella promozione della pace, un tema centrale nelle esortazioni di Papa Francesco e in linea con la sua visione di un’economia orientata al bene comune e alla giustizia globale.

Il prof. Luciano Vasapollo e il direttore di FarodiRoma hanno accompagnato i portuali di Genova a un incontro con Papa Francesco, che ha incoraggiato il loro coraggio nel bloccare il traffico di armi. Questo gesto di solidarietà è avvenuto dopo che i lavoratori del porto hanno impedito ripetutamente il carico di armi destinate a conflitti come quello in Yemen e Israele, rischiando anche gravi sanzioni. In un incontro emozionante, Papa Francesco ha elogiato i portuali per il loro impegno contro l’industria delle armi, dichiarando: “Avete coraggio a non caricare le armi”. Ha aggiunto che la loro lotta per la pace è un esempio di come “la pace oggi è molto debole, ma non dobbiamo scoraggiarci”.
I lavoratori hanno scritto una lettera al Papa esprimendo la loro gratitudine per il supporto ricevuto in passato e chiedendo un ulteriore atto di solidarietà, poiché si trovano ora sotto inchiesta per “associazione a delinquere”. In risposta, Francesco ha ribadito il suo sostegno, incoraggiando il gruppo a proseguire nella loro lotta contro la guerra e a non temere le difficoltà legali, in quanto “non bisogna avere paura a dire la verità”

Salvatore Izzo



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