La bomba televisiva esplode ieri pomeriggio a Viale Mazzini, il clima si fa rovente con i primi flash di agenzia e i rimbalzi social. Il Tar della Liguria ha dichiarato illegittima la convenzione tra la Rai e il Comune di Sanremo per la concessione in affidamento diretto del marchio “Festival della canzone italiana” e dello svolgimento delle edizioni della kermesse a partire dal 2026, ordinando di procedere a gara pubblica tra gli operatori del settore. Tradotto: la Rai può perdere il suo evento di punta.
Una notizia storica, l’ennesima tegola per TeleMeloni. Non a caso, a stretto giro, da Mazzini con una nota provano a gettare acqua gelata sul fuoco: “I Giudici amministrativi hanno confermato l’efficacia della convenzione stipulata tra Rai e il Comune di Sanremo per l’edizione 2025, nonché la titolarità in capo a Rai del format televisivo da anni adottato per l’organizzazione del Festival. Il Tar Liguria ha giudicato irregolari soltanto le delibere con le quali il Comune di Sanremo ha concesso in uso esclusivo a Rai il marchio ‘Festival della Canzone Italiana’, nonché alcuni servizi ancillari erogati in occasione dell’organizzazione del Festival stesso. Dunque, nessun rischio che la manifestazione canora, nella sua veste attuale, possa essere organizzata da terzi“.
Il Partito Democratico invita l’amministratore delegato Rossi, vicino a Fratelli d’Italia, a riferire in Vigilanza. Il caso rischia di diventare politico, perché può rifiatare Carlo Conti per l’edizione in corso, poi che succederà? C’è chi si lancia in fughe in avanti fin troppo premature e chi archivia la questione con troppa sicurezza. Sanremo e Rai sono un binomio perfetto, sembrano aver bisogno l’uno dell’altro. D’altronde organizzare una kermesse così importante non è cosa di poco conto, per gestire il carrozzone servono strutture tecniche, una certa abitudine e capacità.
Lo scorso anno con la cura Amadeus ha portato nelle casse della Rai 60 milioni di pubblicità, il treno viaggia spedito anche con Carlo Conti. I costi si attestano sotto i venti milioni, con una convezione che permette al servizio pubblico di sborsare cinque milioni al comune ligure. In sostanza l’evento fa gola a tutti e la battaglia legale può muoversi sullo sfondo, perché il comune è titolare del marchio mentre la Rai ricorda di essere titolare del format. Un format che però negli anni è stato cambiato più volte: “Non esiste un format, perché chiunque può stabilire come farlo, riscrivendo le sue regole. Con una base d’asta non so come potrebbe andare a finire“, spiega Pippo Baudo.
“Per la Rai non avere più Sanremo sarebbe una perdita enorme, gigantesca, sotto tutti i punti di vista. Parliamo di milioni e milioni persi dal punto di vista degli introiti pubblicitari, e un danno di immagine sarebbe un disastro“, dichiara il conduttore a Repubblica: “E’ molto triste essere arrivati a questo punto. A livello popolare, per il servizio pubblico, è l’ultimo evento rimasto. È un pezzo di storia”.
La sentenza sorprende anche Alessandro Mager, il sindaco di Sanremo, eletto da pochi mesi con una lista civica: “Per il momento posso solo prendere atto di quanto stabilito dal tribunale”, spiega a Repubblica. Ricorda che il comune è titolare del marchio: “Sarebbe più comodo continuare con la Rai perché ormai la macchina è rodata, ma se la legge dice che si deve cambiare noi cambieremo. (…) Il Festival è uno spettacolo talmente ambito, visto che genera enormi profitti a partire dalla pubblicità, che in futuro più network potrebbero avanzare una manifestazione di interesse. E così lo spettatore alla fine potrebbe uscirne migliorato. Dove ‘è concorrenza io non vedo mai negatività“, spiega al Corriere della Sera.
Lo scossone forte, come dicevamo, spinge a fughe in avanti. Da un Sanremo realizzato da Mediaset che ha in casa artisti come De Filippi, Bonolis o Scotti o verso il Nove con il gruppo Warner Bros. Discovery che può contare su Amadeus e Fabio Fazio. Piattaforme o La7, suggestioni e poca sostanza. Perché bisognerà, per chiunque dovesse provarci, fornire garanzia, assicurare grandi ascolti, ripagarsi con la pubblicità, affrontare anche i risvolti legali.
Tecnicamente il Festival di Sanremo potrebbe finire su un’altra rete e la Rai potrebbe organizzare a Roma o Milano un festival musicale alternativo. Tutto e il contrario di tutto. Prima bisognerà leggere la sentenza, poi il bando. La posizione di forza, per ragioni storiche, non permette però al servizio pubblico di rifiatare perché la partecipazione alla gara pubblica di altre emittenti, nel migliore dei casi costringerà la Rai a spendere più soldi per rinnovare la convenzione. E già questo, considerando i tagli e i problemi in corso, sarebbe un problema non di poco conto. Si è fatta la storia? Forse. Ma un’altra storia è tutta da scrivere.
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