Rapporto BesT, vivere in Sicilia secondo l’Istat non conviene

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Giunto alla sua seconda edizione, il report offre uno spaccato della situazione socio-economica della regione, evidenziando punti di forza e di debolezza

Benessere economico, relazioni sociali, patrimonio culturale e istruzione. Sono molteplici le carenze della Sicilia e alla quale sono dunque soggetti i suoi abitanti evidenziate dall’ultimo rapporto BesT di Istat, che negli scorsi giorni ha pubblicato i dettagli riguardanti le singole province siciliane.

Giunto alla sua seconda edizione, il report offre uno spaccato della situazione socio-economica della regione, evidenziando punti di forza e di debolezza attraverso una serie di indicatori statistici prendendo in esame i settori relativi a salute, istruzione, lavoro, economia, politica, società, cultura, ambiente e innovazione.

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Nell’analisi, spiega Istat, sono prese in considerazione 70 misure statistiche “coerenti e armonizzate con il quadro informativo del Rapporto sul Benessere equo e sostenibile, che l’Istat diffonde fino al livello regionale, e comprendono ulteriori indicatori di benessere utili anche a orientare le politiche locali”.

A Palermo il più basso livello di occupazione giovanile, a Enna e Messina livelli di sicurezza tra i migliori d’Italia, a Siracusa il più alto tasso della regione per morti evitabili, Caltanissetta la provincia più sfavorita per la presenza dei neet. Bene il lavoro nel ragusano. Cosa dicono le statistiche per provincia, tra punti di forza e distanze incolmabili rispetto al resto d’Italia.

Il quadro generale della Sicilia

La Sicilia si trova in una posizione sfavorevole rispetto al resto d’Italia in termini di benessere. Secondo i dati, il 61,8% delle misure provinciali si colloca nelle classi di benessere più basse (bassa e medio-bassa), un dato significativamente superiore rispetto alla media del Mezzogiorno (52,1%) e a quella nazionale (35,6%).

Solo il 22,3% delle misure siciliane si posiziona nelle classi più alte (medio-alta e alta), evidenziando un divario significativo rispetto ad altre regioni italiane. “Si può osservare che i posizionamenti delle province appartenenti alle regioni del Nord e del Centro sono prevalentemente nelle due classi più elevate, mentre nelle regioni del Mezzogiorno le province si concentrano di più nelle classi di benessere relativo bassa e medio-bassa”.

Nel 2023 in Sicilia il tasso di occupazione delle persone tra i 20 e i 64 anni si attesta al 48,7%, ovvero 17,6 punti percentuali in meno della media-Italia e 3,5 punti in meno di quella del Mezzogiorno. Nello stesso anno, il livello di mancata partecipazione al lavoro è al 32,6%, oltre il doppio di quello nazionale e 4,6 punti percentuali in più della media del Mezzogiorno.

Se Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia sono le regioni che si distinguono per singolo livello percentuale nelle classi “alte”, Calabria, Sicilia e Campania offrono il corrispettivo opposto per posizionamento. Gli svantaggi della regione si evidenziano anche considerando la classe di benessere più elevata, dove la frequenza di posizionamenti delle province siciliane si ferma al 9,2 per cento, a fronte del 10,0 per cento del Mezzogiorno e al 16,8 per cento del dato nazionale.

“La Sicilia si caratterizza per un profilo in cui le penalizzazioni superano i vantaggi. Insieme alla Calabria, infatti, la regione ha oltre il 60,0 per cento delle misure provinciali nelle classi bassa e medio-bassa, contro corrispettivi del 42,1 per cento del Molise e del 33,2 per cento dell’Abruzzo. Contemporaneamente, nel contesto meridionale, le province della Sicilia si posizionano meno frequentemente nelle due classi di benessere relativo alta e medio-alta (22,3 per cento), così come quelle della Calabria e della Campania”, spiega l’Istituto.

In controtendenza il dato che fa riferimento ai neet, ovvero quei giovani che non studiano e non cercando lavoro. Nel 2023 nell’Isola la quota è pari al 27,9%, con una riduzione di oltre 10 punti percentuali rispetto al 2019. Percentuale di siciliani inseriti in questa classifica che risulta ancora 11,8 punti percentuali più elevata che nel resto d’Italia.

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Analisi provinciale

L’analisi dettagliata delle nove province siciliane rivela differenze significative nel benessere:

  • Trapani: 34,4% in classe bassa, 28,1% medio-bassa, 17,2% media, 12,5% medio-alta, 7,8% alta.
  • Palermo: 28,1% bassa, 29,7% medio-bassa, 14,1% media, 15,6% medio-alta, 12,5% alta.
  • Messina: 21,9% bassa, 40,6% medio-bassa, 12,5% media, 14,1% medio-alta, 10,9% alta.
  • Agrigento: 37,5% bassa, 28,1% medio-bassa, 14,1% media, 10,9% medio-alta, 9,4% alta.
  • Caltanissetta: 41,9% bassa, 22,6% medio-bassa, 11,3% media, 16,1% medio-alta, 8,1% alta.
  • Enna: 29,7% bassa, 28,1% medio-bassa, 15,6% media, 7,8% medio-alta, 18,8% alta.
  • Catania: 34,4% bassa; 26.6 % medio-bassa; 21.9 % media; 12.5 % medio-alta; 4.7 % alta.
  • Ragusa: 28.1 % bassa; 34.4 % medio-bassa; 17.2 % media; 14.1 % medio-alta; 6.3 % alta.
  • Siracusa: 34.4 % bassa; 28.1 % medio-bassa; 18.8 % media; 14.1 % medio-alta; 4.7 % alta.

A livello provinciale, in una situazione nel complesso omogenea, si differenziano la Città metropolitana di Palermo e la provincia di Enna con quote maggiori di posizionamenti nelle due classi di benessere relativo più elevate (rispettivamente 28,1 e 26,6 per cento) e quote inferiori di posizionamenti nelle due classi più basse (57,8 per cento per entrambe).

Enna in particolare registra una frequenza di indicatori in classe alta (18,8 per cento), doppia rispetto alla media regionale e maggiore sia del valore Italia che di quello della ripartizione. Risultano invece più sfavorite le province di Agrigento dove la quota di posizionamenti nelle due classi di coda è massima (65,6 per cento).

E ancora Catania e Siracusa, che hanno invece le minori frequenze di posizionamenti nelle due classi più elevate (17,2 e 18,8). Caltanissetta e Messina sono invece le province con i maggiori contrasti, poiché presentano percentuali elevate nelle due ultime classi (rispettivamente 64,5 e 62,5 per cento) e, al tempo stesso, quote elevate nelle classi alta e medio alta (24,2 e 25,0 per cento).

Un segnale di come la crisi economica abbia messo in ginocchio quello che un tempo era possibile ritrovare come ceto medio. E un assioma che si applica tanto per il territorio nisseno quanto per quello peloritano: i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri diventano sempre più poveri. Sempre Caltanissetta è la provincia più sfavorita per la presenza dei neet che si attesta al 33,8%, quasi 6 punti percentuali in più sul dato regionale.

Punti di forza e debolezza

La Sicilia mostra alcuni punti di forza nei domini della Sicurezza e della Politica e istituzioni, con quote rispettivamente del 64.8% e del 40.7% nelle classi alta e medio-alta. A dispetto di un sentire comune che affonda le proprie radici nel tempo, gli indicatori relativi ai reati predatori sono inferiori alla media nazionale in quasi tutte le province siciliane, con Messina ed Enna tra le province più sicure d’Italia.

La regione evidenzia però anche gravi carenze in ambiti cruciali come quello del Benessere economico, dove tutte le misure provinciali ricadono nelle classi basse al pari del 97.2% degli indicatori nel dominio dell’Innovazione, ricerca e creatività. Anche per questo Europa e Governo, lo scorso maggio, hanno approvato un maxi stanziamento da 5 miliardi di euro (rispettivamente di 2 e 3 miliardi) per la produzione a Catania di nuovi chip negli stabilimenti della Stm. Previsti migliaia di posti di lavoro nell’ambito della costruzione di un nuovo impianto manifatturiero di carburo di silicio.

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Riflessione che prosegue con solo l’1.9% degli indicatori relativi al lavoro presente nelle classi alte o medio-alte, a testimonianza di come in Sicilia vi sia una diffusa percezione di insoddisfazione relativa a questo settore, con paghe basse, contratti precari laddove presenti e sfruttamento.

Non a caso il profilo della Sicilia nel dominio “Lavoro e conciliazione dei tempi di vita” è caratterizzato da livelli di benessere decisamente inferiori alla media nazionale e un più bassi anche del Mezzogiorno. All’interno della regione si confermano ampi divari territoriali con Caltanissetta che si conferma la provincia più svantaggiata per tre indicatori e Ragusa la meno penalizzata per quattro misure. Anche le province con il risultato migliore si posizionano generalmente ben al di sotto della media-Italia con la sola eccezione del tasso di occupazione e mancata partecipazione al lavoro giovanile che a Ragusa sono in linea.

Un altro aspetto critico nell’anno 2022 è quello che fa riferimento al tasso di infortuni mortali e con inabilità permanente, che in Sicilia è pari a 12,8 lavoratori infortunati e indennizzati dall’Inail per 10 mila occupati (+2,8 punti rispetto al dato nazionale). Dato che migliora nelle province di Caltanissetta, Catania e Ragusa, mentre cresce a Trapani e Messina, raggiungendo, in quest’ultimo territorio, il valore più critico (15,7 per 10 mila, quasi 3 punti in più della media regionale).

Ragusa vanta anche i migliori risultati della regione per l’occupazione e la mancata partecipazione giovanile (37,0 per cento e 30,9 per cento), seguita a distanza da Enna e Messina per l’occupazione giovanile (26,8 e 26,5 per cento), e da Enna e Catania per la mancata partecipazione giovanile (45,4 e 46,3 per cento). Per quest’ultimo indicatore il risultato peggiore si osserva a Caltanissetta (59,6 per cento nel 2023), mentre il più basso livello di occupazione giovanile si ha nella provincia di Palermo (18,2 per cento).

Salute e istruzione

Anche nel dominio della Salute la Sicilia presenta livelli di benessere inferiori sia rispetto al Mezzogiorno che alla media nazionale. La speranza di vita alla nascita è sotto il valore nazionale e i tassi di mortalità per tumori sono critici in tutte le province, con Siracusa provincia più svantaggiata per morti evitabili nelle fasce 0 – 74 anni, mortalità per incidenti stradali (15-34 anni) e mortalità per tumore (20-64 anni).

Al contrario, Messina registra valori meno critici sia rispetto alle altre province siciliane sia rispetto alle medie di confronto per la mortalità per demenze e malattie del sistema nervoso (65 anni e oltre). Trapani (37,8), Palermo (37,3) e Ragusa (35,6) nelle quali ci si ammala di più e sgs tassi di mortalità per demenze e malattie del sistema nervoso delle persone con 65 anni e oltre

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Il tasso regionale di mortalità per tumore delle persone di 20-64 anni, pari nel 2021 a 8,7 decessi per 10 mila abitanti, in crescita nel raffronto con il 2019, evidenzia per la Sicilia una condizione più sfavorevole che in Italia (7,8 decessi per 10 mila) ma allineata al Mezzogiorno.

Per quanto riguarda l’istruzione, la situazione non è migliore. La percentuale di giovani che completano gli studi superiori è inferiore alla media nazionale e le opportunità educative sono limitate. Chi può, appena può, prende la propria laurea e scappa via.

Il governo regionale, per tentare di arrestare l’emorragia dei cervelli in fuga, con una chiara mission ha deciso di investire nel settore delle energie rinnovabili, spingendo nella direzione di una Sicilia al centro del Mediterraneo.

Un percorso che dovrebbe realizzarsi, secondo la volontà politica, non solo in termini geografici ma anche nella prospettiva di una filiera che riguardi la produzione di tecnologia per impianti offshore, come raccontato proprio al QdS da Calogero Giuseppe Burgio, Dirigente Generale Dipartimento dell’Energia.

Le potenzialità esistono, ma la strada appare ancora molto in salita: i decenni di ritardo accumulati nei confronti di un’Europa che continua a correre, paiono traguardo tanto ambizioso quanto utopico da recuperare.

Più in generale, il Rapporto BesT mette in luce una Sicilia che fatica a emergere nel contesto nazionale per quanto riguarda il benessere equo e sostenibile. Le province siciliane si trovano spesso nelle fasce più basse dei vari indicatori analizzati. È fondamentale che le politiche locali siano orientate a migliorare questi aspetti critici per garantire un futuro migliore per i cittadini siciliani.

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