Dalle maschere di Mamoiada a al sughero gallurese. Il racconto Rai dell’Isola con Mirko Matteucci: “A Cabras ho usato un casco per i muggini”

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di Alessandra Piredda

“La Sardegna è una terra felice e io mi sento un miracolato”, dice Mirko Matteucci, matador del format ‘I mestieri di Mirko’. La serie, prodotta da Rai Contenuti Digitali e Transmediali, è stata ideata da Mariano D’angelo, con la regia di Paolo Tommasini, in esclusiva su Raiplay. Si tratta di un percorso a puntate, che ha dedicato la quarta stagione alle eccellenze della Sardegna, ’l’isola delle emozioni’. Il format ha appena concluso la registrazione di 10 puntate ricche di contenuti e spunti di riflessione. In streaming su RaiPlay dal 13 ottobre, giunto all’ottava puntata con Mamoiada e le maschere dei Mamuthones di Carnevale.  “Sono rimasto a bocca aperta perché non immaginavo la Sardegna fosse così”, racconta Matteucci a Sardinia Post. 

In quanto tempo avete girato le 10 puntate per il format? 

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Abbiamo lavorato senza sosta per 22 giorni. In pratica una puntata ogni due. Ma le persone con le quali abbiamo lavorato ci hanno dato una grande mano d’aiuto. Hanno creduto in noi. Non è semplice ma è stato un vero lavoro di squadra. Le persone che abbiamo intervistato si sono rese collaborative  e sopratutto ospitali. È capitato che con Mariano D’angelo (l’autore) facessimo delle passeggiate  prima o dopo aver girato la puntata. Ci vedevano un poco spaesati e ci offrivano il pranzo.  Eravamo due perfetti sconosciuti eppure ci hanno fatto un posto a tavola, accogliendoci. Per me tutto questo è assurdo quanto straordinario. 

Calangianus, Cabras, Alghero, Castelsardo, Orgosolo, Samugheo, Dorgali, Mamoiada. Queste le otto puntate andate in onda e oggi disponibili su Raiplay. Ne restano due. Chi manca all’appello? 

Presto andranno in onda Tonara e Pattada. E a me viene già la nostalgia. Ma oramai ho tante conoscenze in Sardegna. Ci piacerebbe tornare con nuovi argomenti. Chissà! Intanto visto che non conosco Cagliari potrei  farci un salto a breve. Me ne hanno parlato molto bene. 

C’è una puntata alla quale si sente maggiormente legato? Una persona con la quale ha legato maggiormente?

Hanno tutte e tutti un posto speciale. Ho vissuto in maniera molto profonda queste giornate: sei a stretto contatto con le persone, entri nelle loro case e nelle loro vite. Mi sento un privilegiato perchè ho conosciuto persone straordinarie. Con Tattanu (Sebastiano Fronteddu) a Dorgali ho munto la capra Zinedda. Ho messo il campanaccio ad Alibella e ho scoperto che fare il pastore è un mestiere durissimo e che ci vuole un grande cuore. Proprio come quello di Sebastiano che conosce e chiama per nome le sua capre per la mungitura. 

La Sardegna è terra di surfisti. E ad Alghero esiste una realtà all’avanguardia per la costruzione delle tavole. 

Si, ho avuto il piacere di incontrare Michele Piga. La sua azienda di tavole da surf può fare scuola a tanti sia per il rispetto che Michele ha per i suoi dipendenti ( ad un certo punto si è commosso racontando di loro) sia per il grande progetto di sostenibilità. Lui non dipinge le tavole, le riveste con la fibra di basalto (una roccia vulcanica parecchio diffusa in Sardegna). Le tavole da surf di Michele sono apprezzate dai surfers di fama mondiale. Questo dimostra che l’industria del surf può adattarsi alle esigenze di sostenibilità senza sacrificare la qualità delle sue prestazioni. 

A Cabras ha dovuto indossare addirittura un casco per la pesca dei muggini. È così pericoloso? 

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A Cabras (grazie al consorzio Pontis) ho visto come si fa la bottarga. Ne ho fatto scorta per i miei  suoceri, meglio tenerseli buoni (ride).  E poi ho indossato famoso casco (sembravo un giocatore di football americano) e sono entrato nello stagno per acciuffare qualche cefalo. Sono giganti e mentre guizzano possono fare parecchio male. Ho conosciuto la storia del sughero a Calangianus. Non avrei mai immaginato che dietro alla sua lavorazione ci fosse un mondo e dei ‘nasi’ (che ne individuano l’umidità). E mi ha colpito l’umanità di Giuseppe, il titolare che pur avendo 250 dipendenti si ricorda nomi e cognomi di ognuno di loro. E il suo rispetto è ricambiato perché è un’azienda felice.  

A Castelsardo invece come è andata? 

Ho intrecciato i cestini della signora Gavina. Ho scoperto essere una delle arti più antiche Poi i tappeti preziosi di Samugheo con la maestra tessitrice Isabella. Il pane millenario di Orgosolo con su pane carasau, la cui origine risale alla notte dei tempi. 

L’ultima puntata andata in onda riguarda le maschere di Mamoiada. 

Ho potuto cimentarmi anche io seguendo le istruzioni dell’artista e artigiano Sandro Cadinu. Ho visto come si realizza una maschera in pelle di vacchetta e quanto tempo occorre. La manualità a la cura sono il segreto, insieme a tanta esperienza e dedizione. Sono certo che tanta armonia sia fonte di ispirazione per chi vive e lavora qui.  Questa per me e per Mariano D’Angelo è stata un’esperienza unica. Non solo per la bontà dei prodotti e la qualità altissima degli stessi. Ci ha colpito l’isola con i suoi paesaggi e la gente che ti entra nel cuore per la semplicità e la cura con cui vive il quotidiano e le relazioni. È una terra magica.





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