Anche i muri rientrano nel calcolo della superficie utile ai fini delle agevolazioni fiscali prima casa.
Non spettano le agevolazioni cd. “prima casa” quando la superficie dell’abitazione è superiore a 240 metri quadri e nel calcolo rientra tutta la superficie ritenuta “utile”, tenuto conto anche delle murature, interne ed esterne, e delle finestre.
Ciò in quanto la superficie utile deve essere quantificata guardando alla utilizzabilità degli ambienti e non alla loro effettiva abitabilità, costituendo quest’ultimo un mero parametro idoneo ad esprimere il carattere lussuoso di una abitazione.
La giurisprudenza di legittimità che analizziamo oggi prende le mosse dal ricorso avverso l’avviso di liquidazione e irrogazione di sanzioni emesso dall’Agenzia delle Entrate (si veda, tra le altre, la sentenza della Corte di Cassazione numero 19186/2019).
L’atto aveva ad oggetto la maggior imposta di registro, ipotecaria e catastale relativa ad un atto di compravendita e conseguente alla decadenza delle agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa, trattandosi di abitazione che l’Ufficio qualificava di lusso in quanto di superficie eccedente i 240 mq.
Dapprima la Commissione Tributaria Provinciale e poi quella Regionale accoglievano il ricorso del contribuente, ritenendo fondata ed assorbente la censura di decadenza dell’azione di riscossione.
Da qui il ricorso in cassazione, in cui l’Amministrazione finanziaria ha lamentato violazione e falsa applicazione dell’articolo 1, parte I, della Tariffa del d.P.R. n. 131/1986, avendo la CTR escluso dal calcolo della superficie utile, necessari per individuare un’abitazione di lusso “le murature portanti e divisorie, nonché gli squinci delle finestre” che, se inserite nel calcolo, avrebbero portato a superare il limite massimo di 240 mq, facendo così rientrare l’appartamento nella categoria di lusso, con conseguente inapplicabilità dell’agevolazione fiscale.
A parere dell’Ufficio, infatti, ai fini dell’applicazione delle agevolazioni cd. prima casa, è necessario conteggiare anche i muri perimetrali ed interni.
Gli ermellini hanno ritenuto fondata la tesi della Parte pubblica affermando che, per godere del beneficio in parola, affinché un’abitazione possa essere considerata “di lusso” bisogna far riferimento alla definizione di “superficie” contenuta nell’art. 6 del d.m. Lavori Pubblici 2 agosto 1969, n. 1072, che considera rilevante
“la sola utilizzabilità e non anche l’effettiva abitabilità degli ambienti”
In altre parole, ciò che assume rilievo è la marcata potenzialità abitativa dell’immobile “e, più precisamente, l’idoneità di fatto degli ambienti allo svolgimento di attività proprie della vita quotidiana.”
Ciò premesso la Corte, ribadendo la linea tenuta con la sentenza numero 21287 del 2013, ha affermato che l’art. 6 del richiamato DM n. 1072 del 1969 va interpretato nel senso di dover includere nel dato quantitativo globale della superficie dell’immobile indicata nell’atto di acquisto anche i muri perimetrali e quelli divisori, le soglie di passaggio da un vano all’altro, le nicchie, gli sguinci di porte e finestre.
Restano esclusi dal calcolo dunque solo “i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine e non l’intera superficie non calpestatile”.
Il periodo ante 2014
La sentenza di cui si parla si riferisce ad un episodio antecedente al 1° gennaio 2014, data in cui è entrato in vigore l’articolo 10 del decreto legislativo 23/2011, così come modificato dall’articolo 26, comma 1, del DL 104/2013, convertito, con modificazioni, dalla legge 128/2013, e dall’articolo 1, comma 608, Legge 147/2013, secondo cui vengono modificati i requisiti per l’accesso ai benefici fiscali per l’acquisto della prima casa.
In particolare, come chiarito anche nella circolare 2/E/2014 dell’Agenzia delle Entrate, a partire dalla data del 1° gennaio 2014 la fruibilità delle agevolazioni prima casa è legata alla categoria catastale (da A/2 ad A/7) dell’immobile e non più dalle caratteristiche individuate nel decreto del ministro dei lavori pubblici del 2 agosto 1969, tranne per quei trasferimenti che sono soggetti al pagamento dell’IVA per le quali continuano a valere i criteri del 1969.
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