Automotive, in Puglia persi 350 addetti negli ultimi cinque anni

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L’automotive pugliese trema per l’effetto Stellantis. Il caso che tiene al momento in apprensione il settore a livello nazionale è l’ennesima doccia fredda per un comparto da sempre trainante per l’economia del Sud, e che però solo a livello regionale ha perso 341 addetti negli ultimi cinque anni: da 6607 occupati al 30 settembre di cinque anni fa ai 6266 attuali. Un quinquennio col segno meno per tutto quello che riguarda l’automobile, dalla produzione alla vendita al dettaglio nelle concessionarie. Un intero comparto che vive momenti complicati da qualche tempo, così come certificato dal calo evidente delle commesse. 

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La crisi

E così mentre l’Italia è sempre più dentro la questione Stellantis, in un dibattito che mette a confronto mondo politico, sindacale e dell’economia, la Puglia si trova a dovere affrontare già una situazione difficile e che potrebbe ancora di più nei prossimi mesi. Un mercato dell’auto tradizionale sempre più in affanno, tra cambi di abitudini dei consumatori e prezzi alti, mentre faticano a mettere radici solide la produzione e la vendita di vetture elettriche. E così a pagare dazio in maniera importante sono appunto i lavoratori dell’automotive. Nel 2019 erano 4514 nelle province di Bari e Barletta-Andria-Trani e passando dai 4325 del 2022, oggi sono rimasti in 4268. Evidente il calo anche nel foggiano. Nel territorio più a Nord della regione, oggi si contano 1682 addetti nel settore automobilistico: erano 1814 nel 2019, 1701 due anni fa. Passando ad analizzare i dati della provincia di Brindisi la perdita di unità lavorative si ferma a otto, passando dalle 62 di cinque anni addietro alle 54 odierno. Crollo ancora più marcato nel tarantino, territorio nel quale gli addetti dell’automotive al 30 settembre di quest’anno sono soltanto tre, erano 28 nel 2019. Unico dato che spinge in terreno positivo quello della provincia di Lecce, dove i lavoratori nel settore dell’automobile sono in costante crescita, passando da 189 (2019) a 259 (2024), passando per i 208 del 2022. Il comparto automobilistico della Puglia è composto da molte realtà imprenditoriali, tra aziende produttrici e commerciali. La maggior parte sono attività di commercio all’ingrosso e al dettaglio di autovetture e autoveicoli leggeri. Sul fronte manifatturiero la categoria più numerosa è quella della fabbricazione di motori, accessori e altre componenti di autoveicoli. Seguono la fabbricazione di carrozzerie per autoveicoli, rimorchi e semirimorchi, quella relativa alla fabbricazione di autoveicoli e quella della di apparecchiature elettriche ed elettroniche per autoveicoli e loro motori. In tutto 108 imprese attive sui territori delle sei province pugliesi, trainate dalla sommatoria di Bari e Bat che conta ben 70 aziende dell’automotive. A seguire Lecce con 15, Foggia che si ferma a 10, Brindisi che non va oltre le sette imprese e Taranto che chiude la graduatoria a quota sei. Il vento della crisi su un settore che a livello mondiale è tornata ai livelli di produzione del 1956 rischia quindi di soffiare in maniera sempre più pesante sulla Puglia. 

L’allarme

Il grido d’allarme è stato lanciato nelle scorse settimane dalle sigle sindacali che temono lo scoppio di un problema sociale. Nella provincia di Foggia è attivo lo stabilimento Iveco spa – Fpt Industrial che produce veicoli commerciali leggeri ma pure motori per Mitsubishi e per macchine agricole e movimento terra: sono 1600 dipendenti in pianta organica, metà dei quali in cassa integrazione. A Brindisi l’azienda dell’automotive più importante è la TI Group automotive systems, multinazionale che produce tubazioni per sistemi frenanti e sistemi di iniezione di motori endotermici e che vanta come unico committente proprio Stellantis. Tra 120 dipendenti complessivi, il 50% ha diritto agli ammortizzatori sociali. In provincia di Lecce lo stabilimento principale è Cnh Industrial che produce macchine movimento terra e conta 900 dipendenti. A Bari attingono agli aiuti per i lavoratori quasi tutti i grandi gruppi. A cominciare dalla Bosch con i suoi 1600 dipendenti a seguito di un accordo in sede ministeriale che ha scongiurato 700 esuberi strutturali fino al 2027. Sempre nel capoluogo, infine, produce la Aim, nata dalle ceneri della Alcar, con 160 dipendenti: in quest’ultimo caso ad avere diritto alla cassa integrazione sono il 50%.





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