GROSSETO. Era il lontano, ma neanche troppo, 22 maggio 1978 quando è entrata in vigore la legge 194, che sancisce il diritto all’interruzione di gravidanza. Prima di quella data l’aborto era disciplinato dal codice penale e prevedeva dai due anni ai 12 anni di reclusione per le donne che sceglievano questa strada e per i medici che le operavano. In un contesto in cui diffondere la cultura degli anticoncezionali era vietato.
Oggi questo diritto è ancora molto discusso ed è ancora difficile accedere a questa procedura medica, in alcuni casi quasi impossibile. La causa sono gli obiettori di coscienza, medici, anestesisti, ostetriche e infermieri che per motivi religiosi, etici e personali decidono di non partecipare all’aborto. In tutta Italia spopolano: nel 2021 in Sicilia gli obiettori erano l’85%, in Abruzzo l’84%, in Veneto il 67,6% e in Toscana il 53,1%, di cui 21,3% anestesisti e 17,6% personale non medico.
Percentuali che, in numeri, mostrano che in Italia circa 7 medici su 10 sono obiettori di coscienza. Fortunatamente nella provincia di Grosseto, il personale della ginecologia ha sempre garantito un accesso libero e sicuro all’aborto. «Anche quando eravamo meno, un non obiettore era possibile trovarlo – dice Gilda Filardi, ginecologa – Su 19 medici 10 sono obiettori». Ovvero il 52,6%.
Il diritto all’aborto nella provincia di Grosseto è garantito e tutelato e la percentuale di obiettori, il 52,6%, si riflette nei dati regionali. I motivi per cui le donne ricorrono all’interruzione volontaria di gravidanza sono svariati: instabilità economica, lavoro o anche non sentirsi pronta a diventare madre. Motivi insindacabili. Mentre i medici scelgono di diventare obiettori per motivi di carattere etico e personale.
Nel 2021 gli aborti in Toscana sono stati 4.284, di cui l’85,4% svolti in un periodo di tempo compreso in meno di 14 giorni. «Abbiamo sempre garantito e tutelato l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza, anche quando eravamo meno medici – dice Filardi – Un altro problema è che spesso le donne non hanno accesso ai metodi contraccettivi, perché manca proprio una cultura in questo».
I contraccettivi hanno un ruolo fondamentale per una vita sessuale sana, visto che proteggono da gravidanze indesiderate e i profilattici, sia maschili che femminili, da malattie sessualmente trasmissibili.
«La Toscana ha reso gratuiti fino ai 27 anni i contraccettivi ed è possibile recarsi nei consultori in qualsiasi momento per ricevere tutte le informazioni necessarie – continua – Inoltre è sempre gratuita dopo un parto o un aborto. La Regione c’è per la contraccezione gratuita e libera. Credo che ci sia bisogno di più cultura sui metodi contraccettivi e di come accedervi e in questo siamo sempre disponibili».
La storia della legge 194
La legge che sancisce la possibilità di scegliere liberamente è entrata in vigore nel 1978, dopo anni di proteste, richieste e manifestazioni. Uno dei casi più eclatanti è quello di Gigliola Pierobon che ammise di aver abortito in aula e fu condannata a un anno di reclusione. Le piazze si riempirono per il processo della donna. Pierobon e i suoi avvocati scelsero una linea difensiva particolare: dimostrare che la legge che puniva l’aborto fosse sbagliata.
Ma, tranquilli, il giudice le concesse il perdono, perché dopo quell’interruzione di gravidanza diede alla luce una figlia e, naturalmente, si era sposata. La risposta della donna fu: «Io il perdono non lo avevo chiesto: non mi sento colpevole. Quindi non sono pentita». Il processo di Gigliola infiammò il dibattito e mobilitò tutte le donne e gli uomini a favore di questo diritto.
La strada per la 194 ha iniziato ad aprirsi nel 1975 quando la Corte costituzionale dichiarò parzialmente illegittimo l’articolo del codice penale che puniva l’aborto anche per motivi medici. E, finalmente, nel 1977 al Parlamento approdò la legge 194 e passò. Ma dopo soli 3 anni dall’entrata in vigore della legge il movimento per la vita fece richiesta per un referendum abrogativo. Le urne si riempirono, le persone andarono a votare in massa, quasi l’80% degli aventi diritto al voto.
Così vinse uno schiacciante “No” e le donne potettero continuare ad accedere all’interruzione volontaria di gravidanza. Ma da sempre questo diritto è sotto scacco, i movimenti pro-vita spopolano ancora nel 2024 ed è difficile accedere alla procedura visto che gli obiettori di coscienza sono molti, circa 7 medici su 10.
Psicologicamente parlando spesso le donne sono giudicate e abbandonate dalla società e dalle istituzioni quando scelgono di abortire. E hanno rischiato di essere sottoposte a “torture” psicologiche, come la proposta delle associazioni Pro vita e famiglia, di far sentire loro il battito del cuore del feto prima di interrompere la gravidanza. Proposta che fortunatamente, almeno fino ad oggi, è rimasta lettera morta.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link