La polizia può contestare la violazione dell’art. 187 del Codice della Strada e il reato di guida sotto effetto di droghe in presenza di marijuana light con il CBD?
Prima della riforma del Codice della Strada, con la modifica dell’articolo 187 che oggi rende possibile la contestazione del reato di guida dopo l’assunzione di droghe anche in assenza dell’accertamento dello stato di alterazione psicofisica, non c’erano dubbi sul fatto che chi guidava dopo aver assunto cannabis light non rischiava il ritiro della patente; ciò perché il principio attivo contenuto in tale sostanza (il CBD) è stato sempre ritenuto non in grado di alterare le capacità del conducente.
Questi principi sono stati messi in dubbio con la nuova formulazione della norma e, soprattutto, dall’introduzione dei test salivari la cui capacità di verificare la presenza di sostanze psicotrope e droganti del corpo è ancora poco nota in termini di precisione e attendibilità. Per tale ragione, oggi più che mai è legittimo porsi la seguente domanda: c’è il ritiro della patente se si assume cannabis light?
È legale assumere cannabis light?
La natura – lecita o illecita – della condotta rappresentata dall’assunzione di cannabis light è quanto mai discussa nella giurisprudenza.
Difatti, non poche sentenze affermano che la cannabis sativa L. abbia natura di sostanza stupefacente a tutti gli effetti (Tar Veneto, sent. n. 233/2019).
Sul tema sono intervenute anche le Sezioni unite (30 maggio 2019, n. 30475), affermando che la cessione, la vendita e, in genere, la commercializzazione al pubblico dei derivati della coltivazione di cannabis sativa L. – quali foglie, inflorescenze, olio e resina – integrano un reato, anche a fronte di un contenuto di THC inferiore allo 0,6%, salvo che tali derivati siano, in concreto, privi di ogni efficacia drogante o psicotropa.
In buona sostanza, secondo la Suprema Corte occorre verificare di volta in volta se la cosiddetta cannabis light sia in grado di produrre l’alterazione psicofisica tipica degli stupefacenti normalmente vietati.
Le Sezioni unite hanno infatti precisato che la legge sulla cannabis legale qualifica come lecita unicamente l’attività di coltivazione di canapa delle varietà iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, per le finalità tassativamente indicate dalla legge, come ad esempio uso cosmetico, didattico e dimostrativo o per coltivazioni destinate al florovivaismo.
Ed è sempre stata la Cassazione (sent. n. 1254/2020) a stabilire la legittimità del sequestro cannabis light a fronte di una percentuale di THC in misura inferiore al valore dello 0,6%, salvo verificare successivamente, in concreto, l’effettiva efficacia drogante della sostanza, intesa quale attitudine a provocare o meno effetti psicogeni (Cass. sent. n. 1245/2020).
In questo senso anche il TAR Bologna: «È legale solo l’attività di coltivazione di canapa delle varietà ammesse e iscritte nel catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ai sensi della direttiva n. 2002/53/CE che elenca tassativamente i derivati dalla predetta coltivazione che possono essere commercializzati; pertanto, la cessione, la vendita e, in genere, la commercializzazione al pubblico dei derivati della coltivazione di cannabis sativa c.d. « light », quali foglie, inflorescenze, olio e resina, sono condotte che integrano un fatto di reato anche a fronte di un contenuto di THC inferiore ai valori indicati dalla legge, salvo solamente che tali derivati siano, in concreto, privi di ogni efficacia drogante o psicotropa, secondo il principio di offensività (sent. n. 661/2019).
Si può guidare dopo aver assunto cannabis light?
Come si è evinto da quanto detto sinora, la questione della cannabis light è complessa e non ancora pacificamente definita.
Tale incertezza si ripercuote, ovviamente, anche sull’impatto che essa può avere sui conducenti.
Ma allora, cosa rischia chi guida dopo aver consumato cannabis light?
Anche se gli effetti sono lievi, il consumo di cannabis light può comportare il rischio di una positività al test antidroga con conseguente ritiro e revoca della patente per tre anni.
Questa conclusione è corroborata dalle intenzioni della riforma, che è stata quella di eliminare la rilevanza dell’alterazione psicofisica dovuta all’assunzione di stupefacenti.
In buona sostanza, è sufficiente che il test salivare dia riscontro positivo affinché scattino le sanzioni, sia penali che amministrative, a prescindere dal fatto che il conducente sia in grado o meno di guidare in sicurezza.
In altre parole, non contano più gli effetti della cannabis ma il semplice fatto di averla assunta.
Pertanto, in attesa di chiarimenti da parte del governo e del legislatore, è ragionevole ritenere che non si possa guidare dopo aver assunto cannabis light, nella misura in cui i test salivari siano in grado di rilevare la presenza di THC (anche inferiore allo 0,6%) nell’organismo del conducente.
Se invece la cannabis light è talmente “leggera” da essere praticamente priva di sostanza drogante (cioè, del principio attivo THC), allora il test salivare potrebbe non rilevare nulla, rendendo lecita la condotta di chi si è posto alla guida dopo averne fatto uso.
Quando la polizia può fare il test salivare?
Per completezza, va detto che la polizia può sottoporre un conducente a test salivare solo se:
- il precursore – cioè il test preliminare equiparabile all’etilometro usato per lo stato di ebbrezza – ha dato riscontro positivo, oppure
- c’è ragionevole motivo di ritenere che il conducente stia guidando dopo aver assunto sostanze stupefacenti.
Dunque, se la polizia ferma un conducente che ha assunto cannabis light ma che non mostra alcun sintomo di alterazione, non può sottoporlo a test salivare immotivatamente.
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