Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha promosso un cambiamento cruciale per il nostro paese e la transizione energetica, ambito in cui giocherà un ruolo chiave la produzione di idrogeno verde, considerato una delle tecnologie chiave per raggiungere gli obiettivi climatici globali.
Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) ha messo sul piatto un piano d’investimento da 500 milioni di euro per sostenere la produzione di idrogeno verde le cosddettee “Hydrogen Valleys“, localizzandole in aree industriali dismesse, con l’obiettivo aggiuntivo di riqualificare queste aree. La focalizzazione su aree di questo tipo è motivata dall’opportunità di trasformare tali spazi abbandonati in hub di innovazione.
Grazie a importanti budget distribuiti tra tutte le regioni italiane, questo programma mira a stimolare l’economia circolare, riducendo le emissioni di CO2, e a promuovere l’autosufficienza energetica.
Diverse regioni italiane si sono mosse rapidamente per concretizzare questa visione, proponendo progetti che trasformano le ex aree industriali in poli di produzione di idrogeno verde: orientati a un utilizzo prettamente locale nell’industria, nelle PMI e nel trasporto. Attuando gli interventi previsti, si vuole quindi incentivare la produzione di idrogeno elettrolitico a partire soprattutto da fonti di energia rinnovabile della zona, affinché dalle aree inutilizzate si favorisca la ripresa delle economie locali, creando nuova occupazione.
Italia in ritardo
A metà del 2023 è stato rilasciato il rapporto Hydrogen Innovation Report dai consulenti di Energy & Strategy (un gruppo multi-disciplinare della School of Management del Politecnico di Milano), con l’obiettivo fra l’altro di fare il punto sul nuovo mercato dell’idrogeno, le normative e le tecnologie che lo caratterizzano.
Emerge una situazione di stallo per l’idrogeno verde in Italia: si contavano soltanto 24 progetti, rispetto al totale europeo di 631. In termini numerici, la capacità di elettrolisi raggiungeva il valore di 1,97 GW, rispetto ai 5 GW previsti nelle linee guida: il valore complessivo dell’Europa si attestava a 93,55 GW.
il rapporto faceva emergere la mancanza di una strategia nazionale sull’idrogeno: gli analisti di Energy & Strategy osservavano un’Italia ferma alle linee guida, mentre per quasi tutti gli altri paesi emergeva un quadro normativo ben più chiaro. Addirittura nazioni come Inghilterra e Germania hanno annunciato per il 2030 obiettivi di capacità energetica di 11,4 e 17 GW.
Accelerare la produzione di idrogeno verde è dunque essenziale per raggiungere gli obiettivi net zero, previsti al 2050: senza idrogeno da rinnovabili non è possibile decarbonizzare settori quali acciaierie, fonderie, l’industria chimica, della carta, del vetro, come pure i trasporti pesanti.
Dalle fabbriche abbandonate alle Hydrogen Valleys
Ci sono però dei segnali che sembrano indicare un cambiamento di rotta, come nel caso del porto di Civitavecchia di cui abbiamo scritto recentemente. Ogni regione italiana ha infatti risposto alla necessità di sviluppare progetti concreti per la produzione di idrogeno rinnovabile in aree dismesse. Pur con approcci e dimensioni diverse, si possono identificare tre principali strategie d’intervento :
- Piattaforme multisettoriali: alcune regioni puntano a integrare la produzione di idrogeno in ecosistemi complessi, capaci di servire più settori industriali, dai trasporti alla chimica.
- Hub regionali e sinergie energetiche: in altre regioni, l’idrogeno verrà utilizzato per rivitalizzare intere aree industriali, con progetti che sfruttano fonti rinnovabili locali come il fotovoltaico.
- Progetti pilota e innovazione tecnologica: altre regioni ancora stanno investendo in progetti pilota che combinano idrogeno con altre tecnologie innovative, come le batterie e lo stoccaggio energetico avanzato.
Nel primo caso si possono annoverare Emilia-Romagna e Veneto: l’intero budget regionale di 20 milioni è stato destinato per l’hub idrogeno della multiutility Hera, come pure nel capoluogo veneto il budget di 17,3 milioni è focalizzato all’ambizioso progetto della Hydrogen Valley Venezia. Entrambi tenderanno a fornire idrogeno a impianti industriali e reti di trasporto, configurandosi come modelli replicabili in altre aree del Paese.
Pure i progetti Rosignano HVG (17,5 milioni) e Hydrogen Hub Trieste (14 milioni) porteranno a creare sinergie con le industrie chimiche e logistiche della Toscana e del Friuli-Venezia Giulia.
Nella seconda categoria si trovano il Piemonte e la Liguria. I 19,5 milioni di euro andranno ad alimentare la produzione di idrogeno per le industrie di laterizi, leghe metalliche e raffinazione: la raffineria Sarpom di Trecate (Novara) sarà uno dei principali beneficiari.
Il progetto dell’ex centrale Enel di La Spezia (13,7 milioni) integrerà l’elettrolisi in un’area storicamente dedicata alla produzione energetica fossile, ridando una nuova vita all’impianto.
Al terzo gruppo appartiene la provincia di Bolzano, dove il progetto Hydrogen Adige Valley (14 milioni) coinvolge le società SASA e Alperia, che puntano a creare un sistema integrato di produzione e distribuzione per il trasporto pubblico. Anche in Trentino i progetti come H2_POLYTECH e l’iniziativa di Dolomiti Energia Holding esplorano applicazioni dell’idrogeno in ambiti industriali e municipali.
Nelle regioni del Sud, la produzione di idrogeno rappresenta una straordinaria opportunità di sviluppo economico e sostenibilità. Ad esempio, Puglia, Campania e Calabria, con budget complessivi rispettivamente di 40, 40 e 21 milioni di euro, ospiteranno una serie di progetti che puntano a creare delle hydrogen valley autosufficienti. In particolare, la Rossano Green Hydrogen in Calabria e il progetto Hydroplastic in Campania confermano la crescente attenzione verso l’integrazione tra idrogeno e processi industriali locali.
Sfide, opportunità, obiettivi
Il successo di questa iniziativa dipenderà dalla capacità di integrare i nuovi impianti nelle infrastrutture esistenti, garantendo al contempo una produzione di idrogeno sostenibile e competitiva. Le principali sfide includono investimenti mirati, sia per sviluppare infrastrutture di trasporto dedicate, sia nell’innovazione per ridurre le spese operative, legate ai costi elevati dell’elettrolisi. Non va neppure trascurata l’integrazione delle fonti rinnovabili, che sono spesso localizzate lontano dai poli industriali.
L’obiettivo per il 2026 è quello di realizzare almeno 10 progetti per una capacità di produzione complessiva tra 10 e 50 MW.
Il PNRR sta dunque offrendo all’Italia un’eccellente occasione per trasformare il proprio contesto energetico e industriale: la conversione delle aree industriali dismesse in poli di produzione di idrogeno rappresenta analogamente una soluzione per il tema della decarbonizzazione. Questa iniziativa appare un’occasione preziosa e forse unica per favorire la transizione energetica e, se attuata con successo, consentirà al nostro paese di posizionarsi tra i leader europei nella produzione di idrogeno verde.
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