L’Oceano Atlantico è da secoli uno dei protagonisti indiscussi del traffico globale. Tristemente noto per la tratta schiavista che ha portato tra le 9 e le 12 milioni di persone africane in America, a partire dal 1600, oggi l’Oceano è attraversato da migliaia di navi portacontainer ogni giorno. In questo dossier si analizzano alcuni temi legati al commercio in questa area e non solo.
Di seguito il primo dei tre dossier dell’Atlante delle guerre dedicati alle rotte marittime:
*In copertina Foto di Ricardo Resende su Unsplash, di seguito la mappa con gli stasi membri dell’Atlantic Cooperation
Le mosse degli Stati Uniti
Nel settembre 2023 gli Stati Uniti hanno dato vita all’Atlantic Cooperation, alla quale aderiscono Paesi di Africa, Europa, Nord America, Sud America e Caraibi, che si affacciano sull’Oceano Atlantico. I 42 Paesi Membri che hanno adottato Dichiarazione sulla cooperazione atlantica rappresentano oltre il 75 percento della costa atlantica. L’alleanza parte dal presupposto che “l’Oceano Atlantico ci collega e ci sostiene come mai prima” e sottolinea alcune caratteristiche di quelle acque: più traffico commerciale e marittimo attraversa l’Atlantico rispetto a qualsiasi altro oceano, più dati viaggiano lungo i suoi cavi sottomarini rispetto a qualsiasi altro oceano, oltre ad essere sede di più della metà delle attività di pesca del mondo. Nel 2024 gli Stati Uniti hanno stanziato 10 milioni di dollari “per sostenere programmi innovativi utilizzando nuove tecnologie, formazione, previsioni e altri approcci efficaci a problemi cronici come l’insicurezza alimentare, le minacce agli ecosistemi marini e gli eventi meteorologici estremi”.
Oltre a questi investimenti gli Stati Uniti spendono mediamente lo 0,2 per cento del proprio Pil per proteggere le acque internazionali, contro lo 0,015 per cento degli altri 40 paesi più sviluppati. Con le crisi nel golfo di Suez, gli attacchi Houthi (Stati Uniti e Regno Unito hanno inviato nei mesi scorsi navi da guerra nel Mar Rosso per difendere la loro flotta commerciale dagli attacchi dei ribelli sciiti Houthi, iniziati nel novembre 2023) e altri episodi di pirateria, gli Stati Uniti hanno spostato molte risorse sulla protezione delle rotte commerciali, gasdotti e cavi sottomarini. Come riportato da Il Post, la Marina americana ha, infatti, stanziato fondi per aumentare la propria flotta fino a 367 imbarcazioni da guerra entro il 2054.
Il Cambiamento climatico e il commercio marittimo
Il cambiamento climatico minaccia, tra le altre cose, il commercio marittimo. Il modo più evidente e dibattuto in cui il cambiamento climatico può interrompere il commercio via acqua è la siccità. L’abbassamento del livello dell’acqua in alcune aree, come il Canale di Panama, può infatti arrivare a impedire il transito alle grandi navi cargo. A causa delle ondate di siccità le autorità hanno ridotto del 50 percento il numero di imbarcazioni che possono attraversarlo ogni giorno. Molte imbarcazioni hanno completamente rinunciato a usare il canale a favore del viaggio attorno al Capo di Buona Speranza, aumentando il costo del trasporto di circa il 14 percento. Secondo gli scienziati in futuro il Canale potrebbe funzionare a piena capacità solo per tre o quattro mesi all’anno.
C’è poi la questione dell’innalzamento dei mari, causata dal surriscaldamento globale, che sta minacciando la vitalità e la funzionalità dei porti marittimi. Secondo il rapporto The Global Maritime Trends 2050, alcuni dei principali porti marittimi del mondo, come Shanghai, Houston e Lazaro Cardenas, potrebbero diventare inutilizzabili entro il 2050 se il livello del mare aumentasse solo di 40 centimetri. Il che è molto probabile. Allo stesso tempo, la maggiore frequenza e intensità degli eventi climatici estremi stanno minando le operazioni dei porti marittimi e dei porti interni. Il costo di gravi eventi climatici nei porti di tutto il mondo è stimato in circa 7,5 miliardi di dollari all’anno.
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