È stato uno spin-off universitario quando ancora non esisteva questa denominazione giuridica in Italia. Graal Tech, con sede a Genova, è un esempio di come dallo studio e dalla ricerca di un gruppo di dottorandi si possa fondare un’azienda che ha clienti internazionali in un settore specifico: robotica e mezzi sottomarini autonomi.
Il ceo Andrea Caffaz racconta: «La società è nata nel 1998 da un gruppo di persone, tra cui il sottoscritto, che stava facendo il dottorato di ricerca all’Università di Genova, in particolare in robotica. Durante gli studi abbiamo visto ci poteva essere dello spazio per creare una società che facesse un po’ da tramite tra la parte industriale realizzativa e quella invece di ricerca pura».
A quei tempi Graal Tech era ancora all’interno dell’università come uno spin-off anche se in quei tempi lo spin-off in Italia non esisteva ancora come forma giuridica. «Poi ci siamo staccati e abbiamo avuto una serie di sedi fino ad arrivare a Campi circa sei anni fa. Molta della nostra attività è rimasta legata alla ricerca e sviluppo, che si riesce a fare solo se si ottengono finanziamenti dall’Ue o si hanno rapporti con grandi società industriali che subappaltano la ricerca. Oggi siamo 24 persone».
Graal Tech sta lavorando molto nel settore della Difesa: «Nel contesto del Piani nazionali per la ricerca militare, i Pnrm, abbiamo avuto diversi finanziamenti che non riguardano direttamente gli armamenti».
Il core business di Graal Tech è la robotica sottomarina e in particolare i veicoli autonomi di piccole dimensioni: «Il principale è quello che si chiama X300. È in grado autonomamente di navigare sott’acqua ed è dotato di particolari sensori che possono essere cambiati in funzione della missione. Può fare dei rilievi o delle misure di grandezze specifiche. Può essere utilizzato in modo trasversale: dal controllo della qualità delle acque, all’inquinamento acustico sottomarino, passando per il monitoraggio dei fondali, la ricerca di oggetti e più di recente la protezione e il controllo delle infrastrutture critiche».
Questi progetti, pur essendo nati per il settore militare, hanno sempre un’indicazione che viene definita dual use, quindi anche civile.
Nel campo dell’oil & gas, Graal Tech ha lavorato per anni con grossi clienti su progetti per lo sviluppo di sistemi per scoprire giacimenti e monitorarli: «L’idea era quella di utilizzare un sistema alternativo e più “leggero”, coi droni, rispetto a quello tradizionale che è costituito da grosse navi che tirano dei sensori e attraverso una sorta di ecografia del fondale riescono a capire se ci sono giacimenti o meno». I competitor sono pochi, specialmente in Italia.
Tra le collaborazioni più recenti c’è quella con Fincantieri: «L’underwater sta prendendo molto campo e anche grosse società come Fincantieri, leader nello sviluppo di sottomarini, stanno cominciando a investire nel settore». Graal Tech non è stata coinvolta nel monitoraggio della Nuova Diga Foranea di Genova, ma in ambito dighe è attiva sui controlli dei tunnel di collegamento dei bacini artificiali nelle centrali idroelettriche.
L’azienda ha aderito sin dall’inizio al Consorzio Tecnomar del Distretto Ligure delle Tecnologie Marine, ente gestore del Polo regionale dell’innovazione Dltm: «Grazie a Tecnomar abbiamo intanto avuto l’occasione di fare networking, ma anche di partecipare ad alcune iniziative che sono nate proprio dal Polo per approcciare dei progetti e ottenere finanziamenti dai bandi. Una singola impresa magari non riesce a coprire una particolare progettualità, invece qui si mettono insieme le competenze per poter rispondere e ottenere i fondi».
Graal Tech è cresciuta, ma vuole mantenere la propria identità: «Per scelta siamo rimasti in una certa dimensione. Abbiamo anche delle partecipazioni di altre aziende, però abbiamo sempre molto limitato questo aspetto per rimanere comunque in una grandezza gestibile dalle persone». Tra i progetti realizzati tramite il Dltm c’è il Rima (sviluppo di tecnologie e software per una Rete Integrata previsionale Mediterranea per la gestione dell’Ambiente marino e costiero) che era costituito da un insieme di sistemi tra cui anche i veicoli autonomi per un monitoraggio non solo delle acque, ma anche delle variazioni climatiche.
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