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(Adnkronos) – Nel complesso sono 7 milioni gli italiani che ricevono un sostegno. E’ questo il dato che emerge da un convegno “Obbiettivo inclusione” all’Università Cattolica di Milano dove si è discusso del ruolo dell’Inps nelle politiche socio-assistenziali e previdenziali. L’istituto ha consolidato il suo ruolo nel contrasto alle fragilità lavorative e l’emarginazione sociale con un impegno significativo verso l’inclusione e il supporto delle persone più vulnerabili. L’Inps ha fornito infatti sostegno a oltre 3 milioni di lavoratori, garantendo interventi di integrazione al reddito per disoccupati e prestazioni di integrazione salariale per coloro che hanno subito sospensioni aziendali. L’attivazione per l’inclusione sociale passa poi per la tutela delle persone che versano in condizioni di fragilità e che, grazie a oltre 4 milioni di prestazioni assistenziali e di invalidità civile, ricevono un aiuto importante che nell’ottica del welfare generativo sarà sempre più personalizzato.
La tutela delle persone più fragili si estende anche alla popolazione anziana e alle famiglie in condizioni di povertà. Nel primo semestre del 2024, 695 mila nuclei familiari hanno beneficiato dell’Assegno di Inclusione, sostenendo 1,67 milioni di individui. Inoltre, l’Inps ha erogato l’Assegno Unico e Universale a 10 milioni di figli appartenenti a 6,2 milioni di nuclei familiari, contribuendo così a promuovere la genitorialità e a facilitare una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro. L’Istituto sostiene i genitori che lavorano attraverso diverse prestazioni come il congedo obbligatorio di maternità; il congedo obbligatorio di paternità, il bonus Asilo Nido.
“L’Inps – spiega il presidente Inps, Gabriele Fava – funge da snodo centrale di un sistema articolato di prestazioni e servizi sociali per rispondere alle esigenze dei lavoratori, innanzitutto e delle imprese, delle donne, delle famiglie, dei pensionati garantendo loro accesso tempestivo e sicuro a tutele fondamentali come previdenza, sostegno nei periodi di disoccupazione, maternità e molto altro. Per quanto riguarda l’immigrazione, a mio modo di vedere, è possibile ed auspicabile un’integrazione qualificata. Quindi, laddove oggi registriamo una richiesta o un fabbisogno del tessuto produttivo, in tal senso, se manca manodopera qualificata, la andiamo a intercettare e a integrare nel tessuto produttivo, in modo chiaro e regolare’.
Ai saluti del Rettore Elena Beccalli e del presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana sono seguiti anche gli interventi del presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Matteo Zuppi, presidente Istat, Francesco Chelli, la presidente di Poste Italiane, Silvia Rovere, il presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, Giorgio Vittadini. Presentazione del XXIII Rapporto annuale a cura del Direttore del Centro Studi e Ricerche di Inps, Gianfranco Santoro con i contributi di Alessandro Rosina, Claudio Lucifora e Elena Marta.
“Il rapporto Caritas degli ultimi anni sottolinea che la povertà diventa una cronicità. Una cronicità che deve preoccupare tutti. L’Inps può avere un ruolo fondamentale attraverso le prestazioni di inclusione sociale. Credo che dobbiamo fare un grande sforzo e il presidente dell’Inps lo ribadisce con insistenza parlando di welfare generativo, un approccio che prevede il passaggio da un sistema focalizzato sulla mera gestione delle risorse pubbliche e sul pagamento delle pensioni a un sistema centrato sulla personalizzazione delle prestazioni dell’Istituto, aumentando la capacità di andare incontro alle reali esigenze delle persone. Se non riaccendiamo e rendiamo efficace il dialogo intergenerazionale questo difficilmente può avvenire”, ha detto il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei.
Per Attilio Fontana, Presidente della Regione Lombardia l’Inps “rappresenta una guida fondamentale per le scelte politico-istituzionali. “Viviamo un’epoca caratterizzata da forti polarizzazioni, povertà e marcato individualismo, dove a pagare il prezzo più alto sono le componenti più fragili della società – dai giovani alle donne, dalle famiglie agli immigrati. Queste nuove e crescenti forme di povertà chiedono di rivedere il modello di welfare state, non sufficiente da solo ad affrontare le nuove e molteplici disuguaglianze. Per questo appare necessario favorire forme di welfare society (o “civile”), all’interno del quale lo stesso terzo settore – agente fondamentale del rinnovato modello di welfare – subisce anch’esso una metamorfosi, passando dall’essere redistributivo a produttivo”, ha affermato Elena Beccalli, Rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
“Le dinamiche demografiche del nostro Paese sono chiare, c’è un progressivo invecchiamento dovuto alla denatalità e una riduzione della popolazione. Gli anni che abbiamo davanti rappresentano una sfida senza precedenti perchè mai in passato abbiamo dovuto misurarci con equilibri che vedono oggi sei anziani per ogni bimbo fino a cinque anni di età. La sfida si può vincere con l’inclusione, con più partecipazione e una maggiore permanenza nel mercato del lavoro, è l’unico modo per rendere sostenibile questa transizioni per la nostra società, la nostra economia e soprattutto il nostro welfare”. Ha commentato Francesco Maria Chelli, presidente Istat. “La metà della spesa sociale è per gli anziani quasi tutta in termini monetari erogata da tanti enti che non si parlano con forti disuguaglianze territoriali senza coinvolgere il terzo settore nella coprogettazione. Il nuovo INPS deve costruire un nuovo welfare che parta dalla domanda in collaborazione stretta con il terzo settore”, sostiene Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà.
A commentare i dati del XXIII Rapporto annuale INPS sono stati i docenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Alessandro Rosina, Claudio Lucifora e Elena Marta. “Politiche familiari, migratorie, di contrasto agli squilibri generazionali e di genere, devono essere integrate tra di loro, all’interno di una coerente visione sistemica, e considerate parte centrale delle politiche di sviluppo del Paese. Perchè non consentono solo di rispondere alla crisi demografica e all’invecchiamento della popolazione, ma nel contempo riducono le diseguaglianze sociali e territoriali. La società della longevità è sostenibile solo valorizzando il contributo di tutti e il benssere in tutte le età della vita”, ha affermato Alessandro Rosina.
“Nei principali paesi sviluppati, il ciclo di vita delle persone è accompagnato da una serie di servizi, da indennità, sussidi, che li segue dalla nascita alla morte. È il cosiddetto Welfare State che serve ad assicurare dagli eventi avversi, sia la malattia, la vecchiaia, la non autosufficienza, ma anche i bambini alla nascita, i più deboli, i più fragili tra gli individui e le famiglie. In Italia questo ruolo è svolto e assolto dall’INPS, che gestisce una serie di prestazioni previdenziali e socio-assistenziali per assicurare i rischi di individui e famiglie e ridurre le diseguaglianze”, sostiene Claudio Lucifora, Docente di Economia politica all’Università Cattolica del Sacro Cuore.
“Dalle evidenze empiriche di ricerca emerge sia da parte dei giovani che degli imprenditori adulti una grande attenzione alla necessità di costruire un nuovo dialogo tra le generazioni a partire da quello tra imprenditori adulti e i giovani in una dinamica di scambio e arricchimento reciproco che possa valorizzare quanto viene portato dai giovani (in termini di competenze digitali per esempio) e non solamente nel rapporto asimmetrico di “capo-sottoposto”, aggiunge Elena Marta, docente di Psicologia sociale all’Università Cattolica del Sacro Cuore.
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