Obiettivi Agenda 2030: ASviS, la sostenibilità arretra

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Il rapporto di ASviS sui progressi dei territori nello sviluppo sostenibile fotografa una situazione in forte stallo

via depositphotos.com

Un paese immobile, che fa più passi indietro che in avanti verso gli Obiettivi dell’Agenda 2030. Negli ultimi 13 anni, tra 2010 e 2023, l’Italia e i suoi territori non sono riusciti a intraprendere un percorso efficace. Migliora solo l’istruzione. Mentre arrancano o indietreggiano tutti gli altri indicatori di sviluppo sostenibile.

Lo raccontano le 284 pagine del 5° Rapporto sui Territori, pubblicato oggi dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS). L’analisi di circa 100 indicatori elementari e indici compositi passa al vaglio lo stato di progresso di ciascun territorio italiano, a dettaglio di Comune, nel percorso verso gli obiettivi dell’Agenda 2030. Evidenziando progressi, criticità e divari territoriali.

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“I drammatici ritardi dell’Italia sui 17 SDGs in Regioni, Province autonome e Città metropolitane possono essere recuperati a condizione di concentrarsi seriamente sulla dimensione territoriale dell’Agenda 2030 – afferma il direttore scientifico dell’ASviS, Enrico Giovannini. – Occorre mettere a frutto le esperienze virtuose che emergono dai territori, che l’ASviS raccoglie e valorizza nel Rapporto odierno, e usare adeguatamente le risorse a disposizione, a partire dai 75 miliardi di euro assegnati all’Italia dall’Accordo di Partenariato con l’Ue, di cui è stato finora impegnato solo il 12%”.

Obiettivi dell’Agenda 2030, la pagella dei territori

Sui 14 Obiettivi di sviluppo sostenibile analizzati solo per l’istruzione si registra un miglioramento su buona parte del territorio nazionale (al Nord) e stabilità nel resto della penisola. Qualche lieve miglioramento anche per salute e parità di genere. Mentre peggiorano le condizioni di quasi tutte le Regioni per povertà, acqua e sistemi idrici, qualità degli ecosistemi terrestri. E in coda si trova Giustizia e istituzioni, in negativo ovunque. Più variegata la situazione per un obiettivo come l’economia circolare: in positivo 9 Regioni tra Nord, Centro e Sud (Liguria, Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Umbria, Lazio, Abruzzo, Puglia, Calabria e Sicilia).

Il divario territoriale lungo la penisola c’è. Guardando agli ultimi 3-5 anni, emerge che:

  • Valle d’Aosta, Provincia autonoma di Trento, Umbria e Lazio appaiono in grado di raggiungere 11-12 obiettivi quantitativi
  • Liguria, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Marche, Abruzzo, Basilicata e Sardegna ne possono raggiungere 8-9
  • gran parte delle altre Regioni, soprattutto nel Mezzogiorno, appaiono in grado di raggiungere solo 4-6 obiettivi quantitativi.

E a livello di grandi città? Secondo il rapporto di ASviS,

  • Firenze, Milano, Roma e Cagliari appaiono in grado di centrare 6-8 obiettivi
  • Torino, Genova, Venezia, Bologna, Messina e Cagliari possono raggiungerne cinque
  • Napoli, Reggio Calabria, Palermo e Catania ne possono centrare solo due.

Se però si osservano gli obiettivi certamente non raggiungibili, la situazione peggiore si rileva per Catania, Torino, Roma e Reggio Calabria (5-6), e per Venezia, Napoli e Palermo (4).

“Uno dei messaggi più rilevanti del Rapporto sui Territori è che la conversione ecologica può essere allo stesso tempo il traino e il volano di benefici per tutte le dimensioni dello sviluppo sostenibile, integrando aspetti positivi a livello di inclusione sociale, protezione ambientale, innovazione economica e coinvolgimento istituzionale”, afferma la presidente dell’ASviS, Marcella Mallen.

4 priorità per lo sviluppo sostenibile dei territori

Come cambiare rotta, per quanto possibile? Il rapporto di ASviS segnala 4 direttrici prioritarie.

Ripristino della natura (Nature Restoration Law)

Approvata a giugno 2024, questa normativa Impone lo stop immediato al consumo netto di suolo nelle grandi aree urbane e prevede l’aumento delle aree verdi e della copertura arborea a partire dal 2031.

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Gli obiettivi da perseguire? Recepirla, migliorando tutela del capitale naturale e creazione di occupazione di qualità.

Politiche climatiche per le città

Nove città italiane (Bergamo, Bologna, Firenze, Milano, Padova, Parma, Prato, Roma e Torino) partecipano alla Missione europea “Città a impatto climatico zero”. Per ASviS sono esempi virtuosi da replicare altrove.

Ci sono poi alcune priorità per migliorare il patrimonio edilizio, partendo dall’implementare la Direttiva europea sulla prestazione energetica degli edifici (cd “Case green”) E nel settore trasporti, ridurre il tasso di motorizzazione dal 67% (Italia) al 51% (media UE) entro il prossimo decennio.

Rigenerazione urbana e politiche abitative

Molte le sfide che si intrecciano, come il contrastare gli effetti climatici sulle fasce più deboli della popolazione e il superare la frammentazione tra pianificazione urbana e politiche di coesione territoriale.

Sfide da affrontare con strumenti tra cui incentivare l’attuazione delle Agende per lo sviluppo sostenibile locale e adottare un approccio integrato che consideri specificità locali ed emergenze ambientali.

Politiche per la montagna e le aree interne

Secondo il rapporto, occorre valorizzare queste aree per affrontare la crisi climatica e formulare politiche dedicate. D’altronde, sono in discussione al Senato 3 disegni di legge sulla montagna.



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