Uno spaccato degli sbocchi lavorativi nel settore della Salute Digitale attraverso le testimonianze di professionisti già affermati in diverse aziende pubbliche e private nell’incontro del 27 novembre promosso per gli studenti di Ingegneria Biomedica. L’evento online – la cui registrazione si può visualizzare in modalità asincrona – è stato introdotto dai professori Francesco Amato, Coordinatore del Corso di Studi, e Alessandro Pepino, docente di Bioingegneria.
La laurea in Biomedica è un “percorso molto ampio, che sicuramente mi ha aiutato sia come forma mentis che ad approcciare il mio lavoro nelle strutture ospedaliere private”, racconta Ilaria Mazzarella, attualmente in SoReSa. Quella del Corso di Studi è una scelta che rifarebbe, perché “dà ampi spazi lavorativi. Anche durante la crisi del 2012, quando la laurea era ‘nuova’, si trovava lavoro grazie alle numerose competenze acquisite”.
Per Rosa Corso il percorso con la Santec inizia con un tirocinio curriculare (nel 2020) e dopo la laurea nel maggio 2021 in azienda prima per l’assistenza on site dei clienti, poi come specialista di prodotto su cartella clinica elettronica e chemioterapia. Il percorso accademico è stato utile perché “ha ampliato il mio bagaglio conoscenze, introducendo anche le analisi dei dati e la creazione e produzione di reportistica necessaria per i sistemi informatici”.
Concorda con la collega sugli “sbocchi lavorativi davvero ampi e soprattutto in diverse aree di competenza”, ad esempio mansioni di tipo sistemistico o di sviluppo del sistema informatico. Un percorso diverso quello di Maria Vincenza De Cicco: il dottorato, poi un periodo di indecisione, ma grazie al tirocinio al Cardarelli ha trovato la sua strada. Consiglia infatti di “partecipare a processi multidisciplinari per trovare il proprio percorso” e sottolinea il cambiamento di atteggiamento dei medici nei confronti della tecnologia: “Prima c’era un approccio ostativo del personale, oggi al contrario è la parte medica che richiede soluzioni tecnologiche per facilitare il suo operato”. Giuseppe Borriello ammette: “Nel 2018 dopo la laurea non sapevo cosa volevo fare, ma Ingegneria biomedica mi è servita per capire in che direzione volessi andare. Mi piaceva intrattenere relazioni e infatti oggi in SoReSa gestisco la conflittualità tra attori diversi sui temi più disparati”.
Rassicura poi gli studenti sul loro futuro: “Oggi l’ingegnere biomedico è più apprezzato, e aiuta saper spaziare tra diverse tematiche”, perciò consiglia di “non fermarsi al primo ostacolo, perché sicuro farete cose che non vi piacciono, ma se dimostrerete di meritarvele, se mostrerete che valete, ci sono possibilità”. Ha seguito invece la “strada del codice” Melania De Martino: “Mi sono laureata nel febbraio 2023 e nel maggio dello stesso anno ho iniziato a lavorare per Santec, dove mi occupo di integrazioni software per consentire a due applicativi di comunicare tra loro e scambiarsi dati sensibili”.
E il percorso di studi, il tirocinio e l’esperienza di sviluppo di serious game le sono tornati utili. È stato assunto in una multinazionale dopo il tirocinio e la tesi in Scozia Carlo Di Meglio: “L’esperienza fuori mi è servita tantissimo. Se vi offrono stage, accettate, è un modo per sperimentare e capire cosa vi piace fare”. Ha poi iniziato come sistemista a Intellera e ora è “manager del gruppo healthcare che segue progetti in varie regioni per gestire la digitalizzazione dei processi in maniera efficace”. Un consiglio: “Non abbiate paura di iniziare un percorso e, se non fa per voi, di cambiarlo”.
Luisa Guardato è in Santec da 12 anni, prima con un tirocinio prelaurea, poi continuando con l’argomento della sua tesi si occupa di data warehouse. Lei considera l’ingegnere biomedico una “figura jolly, che ha un ruolo definito, ma al momento del bisogno copre le zone di sofferenza”. Consiglia il tirocinio anche se è un impegno perché “ci si mette alla prova, richiede tempo e applicazione, ma è determinante nella scelta lavorativa”. Salvatore Maiorino, Engineering, ricorda il ruolo cruciale del prof. Pepino nei primi giorni dopo la laurea come “guida in ogni passaggio che mi ha consentito di approcciare il mondo del lavoro in maniera progressiva e raccogliere più informazioni che potevo”. Per lui fondamentale la “curiosità”, una “leva molto importante per individuare la propria strada”.
È “nell’aspetto ibrido dell’ingegneria biomedica la chiave del successo”
Si occupa di material management e project system per CapGemini Stefano Navarro: “È un lavoro che mi piace, i sacrifici li ho fatti con piacere e ho avuto la fortuna di imparare tanto”, racconta. Raccomanda di “essere umili e ascoltare sia chi sta sopra che sotto”. Il suo consiglio è “credere in ciò che si fa e farlo bene giorno per giorno”. Ricorda con piacere il suo orientamento in Aula Magna e le testimonianze dei suoi colleghi e vuole anche lei “guidare i colleghi più giovani e mantenere vivo il legame con gli studenti” Bianca Maria Romano.
Dopo il tirocinio curricolare in un presidio ospedaliero a Caserta e la laurea nel 2014, dal 2015 è in IBM. “Ho fatto leva sul mio background di studi dei processi anche se non lavoro solo sui processi sanitari, ma anche su trasporti ed energy”. Dal 2021 a oggi guida un team multidisciplinare di architetti, designer, sviluppatori su tutto il portfolio IBM, cosa che le permette di “incontrare clienti sempre diversi ogni giorno, sia nel pubblico che nel privato, e accendere l’ascolto per trasformare le esigenze dei clienti in soluzioni per modificare la realtà di business”.
Incoraggia gli studenti a “confidare nell’aspetto ibrido dell’ingegneria biomedica perché è proprio lì la chiave del successo. Anche se ci si discosta dal percorso, si hanno tutte le competenze e le carte per affrontare le sfide del lavoro di domani che avranno novità rispetto al lavoro per cui ci prepariamo”. Il segreto secondo Chiara Zirpolo, specialista di prodotto in Santec, è “essere curiosi e ‘rubare’ l’esperienza da colleghi e collaboratori”. Consiglia di “valutare società che investono su di voi e vi fanno crescere” e di “rimanere fedeli al percorso di laurea se vi è piaciuto, e insistere, non accontentarsi” Luca Strazzullo.
Durante il percorso universitario era scoraggiato, ma con Tesi group ha trovato un’impresa “che consente il full smart, di andare dai clienti e seguire i progetti e che ha investito nella mia formazione”. Per Sebastian Campanile i 9 mesi di tirocinio presso l’ASL Napoli 2 Nord con un percorso di implementazione di un nuovo software per i pronto soccorso gli hanno concesso di “uscire dal mondo ovattato dell’Università per entrare in quello del lavoro e continuare l’attività lavorativa con un biglietto da visita importante per Deloitte”. Gianluca Giaconia, Associazione Ingegneri Clinici, riscontra ogni giorno il bisogno di un cambio di paradigma: “È un enorme problema, il sistema si è completamente trasformato in 30 anni, ma le competenze sono troppo basse. C’è fame di Salute Digitale”.
Soddisfatti i docenti a fine incontro. “La felicità più grande per un professore è che i suoi allievi facciano un lavoro che amano”, dice il prof. Pepino.
Sottolinea la parola che hanno nominato tutti, “multidisciplinarietà”, il prof. Amato: “Ingegneria biomedica dà elasticità mentale, che permette di passare da un lavoro all’altro in maniera propositiva. Raccomando agli studenti di non piangersi addosso, il percorso può essere difficile ma, tenendo duro, è bellissimo quello che viene dopo”.
Eleonora Mele
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Ateneapoli – n. 19-20 – 2024 – Pagina 11
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