Sanità, la Corte costituzionale boccia la legge regionale sull’aumento delle spese

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Tra i rilievi della Consulta anche l’illegittimità dei compensi per gli amministratori delle partecipate

La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di alcune disposizioni della legge della Regione siciliana che incidevano sui limiti di spesa, a carico del bilancio regionale, relativi alle prestazioni sanitarie e al costo del personale delle società a partecipazione pubblica. Le questioni erano state promosse dal governo nazionale, che ha contestato la violazione, da parte della Regione, dei limiti discendenti dal piano di rientro dal disavanzo sanitario, cui si trova sottoposta.

L’aumento delle tariffe, previsto a carico del bilancio regionale, non è in linea – ha precisato la Corte – con i valori nazionali di riferimento e si traduce in una spesa sanitaria ulteriore rispetto agli esborsi concordati in sede di approvazione del piano di rientro, dal quale discende la cornice economico-finanziaria in cui la Regione è tenuta a muoversi.

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Per ragioni analoghe, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale anche della disposizione che ha esteso, fino al 2026, la particolare «indennità di funzione» introdotta, durante il periodo dell’emergenza pandemica, in favore delle strutture private accreditate. Questa misura, che ha consentito l’erogazione di prestazioni sanitarie oltre il budget annuale concordato con il servizio sanitario regionale, era stata stabilita da una precedente legge della Regione del 2020 per il solo triennio 2020-2022 con l’obiettivo di garantire un regolare flusso di cassa e di mantenere la continuità del servizio.

Con la legge impugnata la Regione siciliana «ha disposto l’estensione della misura oltre i limiti temporali legati al periodo dell’emergenza, in tal modo venendo meno ai vincoli discendenti dal sistema nazionale del budget di spesa, illegittimamente ampliando gli esborsi a carico del bilancio regionale, già in precario equilibrio. La Corte ha rigettato invece le censure del governo contro la previsione , della stessa legge, che consente il riconoscimento, in favore delle residenze sanitarie assistenziali accreditate, della parte fissa delle spese per il personale. In questo caso, infatti, la legge siciliana ha stabilito che tali spese, pur sempre a carico del bilancio regionale, sono riconosciute «senza ulteriori oneri per la finanza pubblica e nell’ambito del budget assegnato in sede di contrattualizzazione», in tal modo fornendo espressa garanzia che non vi saranno spese ulteriori rispetto a quelle programmate.

Analoghe ragioni di conformità con i criteri nazionali di programmazione, con riguardo al contenimento della spesa per il personale sanitario, hanno poi condotto la Corte al rigetto della questione dell’aumento annuale del 15 per cento dei limiti di spesa destinati al personale degli enti del servizio sanitario regionale, richiamando, tuttavia, le norme statali che, proprio al fine dell’ampliamento degli organici e dei conseguenti maggiori esborsi, impongono determinati limiti e condizioni.Infine, la Corte ha dichiarato l’illegittimità in materia di compensi per gli amministratori e i dipendenti delle società partecipate. La disposizione regionale – in attesa dell’adozione di apposito decreto ministeriale, chiamato a determinare detti compensi – aveva stabilito, in via transitoria, di estendere alle società partecipate la disciplina riguardante i compensi per i componenti degli organi di amministrazione e di controllo degli enti pubblici.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA





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