A fine ottobre la pubblicazione dello studio “Emissions Gap Report” da parte della World Meteorogical Organization (WMO) delle Nazioni Unite, ci ha ricordato per l’ennesima volta l’urgente necessità di un maggior impegno da parte dei governi nella lotta alla crisi climatica. Secondo quanto viene riportato dal WMO lo scorso anno le emissioni di CO2 dovute a grandi incendi di vegetazione si sono combinate con le emissioni di CO2 prodotte dall’utilizzo di combustibili fossili (ancora eccessivamente elevate), prodotte dalle attività umane e industriali. Le foreste ancora presenti sul pianeta non possono più essere considerate un efficace serbatoio di carbonio e in assenza di misure volte tagliare drasticamente le emissioni di anidride carbonica, metano, protossido di azoto e altre sostanze climalteranti, saremo condannati a un progressivo aumento della temperatura media globale. Nel 2023 la CO2, infatti, è aumentata dell’11,4% in appena 20 anni e la sua concentrazione superficiale media globale ha raggiunto 420 parti per milione (ppm), il metano 1.934 parti per miliardo e il protossido di azoto 336,9 parti per miliardo (ppb). Questi valori, calcolati sulla base delle osservazioni a lungo termine della rete di stazioni di monitoraggio della Global atmosphere watch programme sono pari, rispettivamente, al 151%, al 265% e al 125% dei livelli preindustriali (prima del 1750). Per il segretario generale della Wmo Celeste Saulo siamo difronte ad “Un altro anno record. Questo dovrebbe far suonare un campanello d’allarme tra i decisori politici. Siamo chiaramente fuori strada per raggiungere l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di limitare il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C e di puntare a 1,5°C al di sopra dei livelli preindustriali. Queste non sono solo statistiche. Ogni parte per milione e ogni frazione di grado di aumento della temperatura ha un impatto reale sulle nostre vite e sul nostro pianeta”. Purtroppo non avevamo dubbi…
Dal bollettino sui gas serra, che viene pubblicato ogni anno come base di analisi per i negoziati delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e le sessioni della Conferenza parti (Cop) viene riportato anche che l’aumento di CO2 nell’atmosfera nel 2023 è stato superiore a quello del 2022, anche se inferiore a quello dei tre anni precedenti. L’aumento annuale di 2,3 ppm ha segnato il 12° anno consecutivo con un aumento superiore a 2 ppm. Dal 1990 al 2023, l’effetto di riscaldamento sul nostro clima da parte dei gas serra è aumentato del 51,5%, con la CO2 che è responsabile di circa l’81% di questo aumento. “Il Bollettino avverte che ci troviamo di fronte a un potenziale circolo vizioso […] e il cambiamento climatico stesso potrebbe far sì che gli ecosistemi diventino maggiori fonti di gas serra. Gli incendi potrebbero rilasciare più emissioni di carbonio nell’atmosfera, mentre l’oceano più caldo potrebbe assorbire meno CO2. Di conseguenza, una maggiore quantità di CO2 potrebbe rimanere nell’atmosfera, accelerando il riscaldamento globale. Queste retroazioni climatiche sono un problema cruciale per la società umana”, ha spiegato Ko Barrett, vicesegretario generale della Wmo.
L’ultima volta che la Terra ha registrato una concentrazione di anidride carbonica paragonabile a quella odierna è stata tra i 3 e i 5 milioni di anni fa, quando la temperatura media globale del pianeta era più calda di 2-3°C e il livello del mare era più alto di 10-20 metri rispetto ad oggi e data la vita estremamente lunga della CO2 nell’atmosfera, il livello di temperatura già osservato persisterà per diversi decenni anche se le emissioni saranno rapidamente ridotte a zero. Ma non è l’unico pericolo “gassoso” che incombe su di noi! Secondo lo studio “Assessment of the health impacts and costs associated with indoor nitrogen dioxide exposure related to gas cooking in the European Union and the United Kingdom”, pubblicato sempre a fine ottobre da un team di ricercatori della spagnola Facultat Ciències de la Salut dell’Universitat Jaume, anche “L’inquinamento causato dai fornelli a gas accorcia la vita di 12.706 italiani ogni anno, molto più che in qualsiasi altro paese d’Europa”. Per produrre le prime mappe a scala regionale dell’inquinamento indoor da NO2 proveniente dai fornelli, l’Universitat Jaume ha utilizzato dataset governativi e questo ha permesso ai ricercatori di calcolare la prima stima scientifica delle morti premature e dei casi di asma infantile dovuti all’ NO2 in Europa. I ricercatori spagnoli hanno così scoperto che in 14 Paesi europei, tra cui l’Italia, “Si creano condizioni pericolose nelle abitazioni medie, poiché i fumi dei fornelli a gas si combinano con il restante inquinamento, superando le linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità”. I ricercatori hanno utilizzato decine di studi scientifici che avevano stabilito tassi di rischio probabili di asma e morti premature causati da un determinato livello di NO2. Studi precedenti non potevano applicare tali tassi di rischio al mondo reale fino allo scorso anno, quando i ricercatori olandesi hanno effettuato delle misurazioni estese del biossido di azoto (NO2) dentro e fuori le abitazioni in diversi Paesi europei, fornendo la fotografia più accurata fino ad ora dell’inquinamento interno causato dai fornelli a gas.
Stando a questo studio gli Stati più colpiti sono appunto Italia, seguita da Polonia, Romania, Francia e Regno Unito, dove più famiglie cucinano con il gas. Per Francesco Romizi, responsabile pubbliche relazioni dei Medici per l’Ambiente ISDE Italia, “Questo studio rappresenta un campanello d’allarme che non possiamo ignorare, soprattutto in Italia. L’inquinamento da fornelli a gas è un rischio concreto per la salute pubblica, e i dati rivelano quanto sia grave la situazione nel nostro Paese. Dobbiamo promuovere un cambio di paradigma, incoraggiando l’adozione di soluzioni più pulite per proteggere le persone, specialmente le categorie più vulnerabili come bambini e anziani. È fondamentale che le istituzioni nazionali intervengano prontamente, adottando misure per l’elettrificazione delle nostre abitazioni”. Per l’European Public Health Alliance (EPHA), la più grande rete di organizzazioni della società civile europee che si occupa di salute pubblica, “Questo studio innovativo ha ampliato notevolmente la comprensione dell’impatto sulla salute umana della cottura a gas. I ricercatori hanno utilizzato decine di studi scientifici che avevano stabilito tassi di rischio probabili di asma e morti premature causati da un determinato livello di NO2”. Secondo la principale autrice dello studio, Juana Maria Delgado-Saborit, “Già nel 1978 abbiamo scoperto che l’inquinamento da NO2 è numerose volte più alto nelle cucine che utilizzano fornelli a gas rispetto a quelle elettriche. Ma solo ora siamo in grado di quantificare il numero di morti prematuri. L’entità del problema è molto peggiore di quanto pensassimo, con i nostri modelli che suggeriscono che la casa media in metà Europa supera i limiti dell’Oms. L’inquinamento esterno crea la base per questi superamenti, ma sono i fornelli a gas a spingere le abitazioni nella zona di pericolo”.
Anche per questo l’Unione europea proporrà nuove norme per i fornelli a gas entro la fine dell’anno e sta valutando restrizioni per l’inquinamento, compreso quello da NO2. L’EPHA intanto “Sta sollecitando le Istituzioni europee a eliminare gradualmente i fornelli a gas attraverso limiti alle emissioni abbinati a incentivi finanziari per passare a fornelli più puliti. Chiediamo anche etichette obbligatorie sui fornelli per segnalare i rischi di inquinamento e campagne di sensibilizzazione sui pericoli della combustione di carburanti in ambienti chiusi” ha concluso Sara Bertucci, responsabile delle politiche globali di salute pubblica per l’EPHA. Si tratterebbe di un passo importante per la salvaguardia della nostra salute!
Sono Alessandro, dal 1975 “sto” e “vado” come molti, ma attualmente “sto”. Pubblicista, iscritto all’Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell’Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori”, leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.
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