Mazzette alla Asl Bari, crolla il muro: dopo un mese in carcere anche la Sciannimanico vuole parlare

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BARI – La confessione che il costruttore barese Giovanni Crisanti ha reso ai pm il 27 novembre ha chiarito non solo le tangenti pagate ai dirigenti della Asl «anche per conto degli altri imprenditori», ma anche ulteriori episodi «nonoggetto di specifica contestazione» nell’ordinanza che il 12 novembre aveva disposto gli arresti per le tangenti e i favori in cambio di appalti. Ed è per questo che ieri il gip Giuseppe Ronzino ha concesso i domiciliari (con braccialetto elettronico) al 67enne, a cui la Procura contesta un ruolo centrale nel «sistema» messo su dagli ingegneri Nicola Sansolini e Nicola Iacobellis e dall’impiegata Conny Sciannimanico: Crisanti sarebbe stato infatti il collettore dei soldi.

Quello che ha raccontato al procuratore Roberto Rossi e alla pm Savina Toscani, unito ai contenuti di un memoriale che il suo difensore Cristian Di Giusto ha consegnato la scorsa settimana, ha convinto la Procura a dare parere positivo alla richiesta dei domiciliari. Il gip ha dunque riconosciuto l’«atteggiamento collaborativo» dell’imprenditore, soprannominato «il Gatto», che già aveva risposto alle domande in sede di interrogatorio di garanzia ma che stavolta ha consentito di «chiarire alcuni aspetti della dinamica corruttiva». Ovvero fare luce sul meccanismo messo in piedi all’interno dell’Area tecnica della Asl, in cui un gruppo di imprese avrebbe avuto una corsia preferenziale in cambio di denaro, regali e favori. «Ogni volta che c’era un pagamento da parte della Asl dovevamo “dare” – ha detto in sostanza Crisanti -. Mi hanno sempre detto che si doveva fare così, e io così ho sempre fatto». Il costruttore (che ha nel frattempo lasciato tutte le cariche nelle società) ha ammesso di aver dato soldi a Sansolini e a Iacobellis, e di aver portato regali alla Sciannimanico. «Non avevo grandi disponibilità economiche personali, ho portato i soldi che mi davano gli altri imprenditori da cui avevo avuto il subappalto». Tra questi c’è anche Nicola Minafra, 46 anni pure lui finito in carcere e pure lui riascoltato negli scorsi giorni dopo che in sede di interrogatorio di garanzia aveva fatto paziali ammissioni, non sufficienti però a ottenere dal gip l’attenuazione della misura cautelare.

Minafra (difeso dall’avvocato Luciano Marchianò) ha parlato a lungo, portando documenti e ricostruendo i suoi rapporti con i due ormai ex dirigenti della Asl (sono stati sospesi, Sansolini ha chiesto il pensionamento). Iacobellis avrebbe anche affidato a Minafra una parte dei soldi delle mazzette affinché li custodisse per timore di eventuali perquisizioni. Anche in questo caso la difesa potrà avanzare richiesta di domiciliari.

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La Procura ha finora incassato ammissioni importanti (a partire da quelle di Sansolini, che hanno aperto ulteriori filoni su cui sono in corso approfondimenti) rispetto a un’inchiesta non ancora conclusa ma che si basa su elementi granitici come lo sono le intercettazioni telefoniche e i video in cui si vede lo scambio di denaro. I soldi, del resto, sono stati poi trovati nelle numerose perquisizioni (circa 450mila euro in contanti) che hanno fatto emergere anche regali costosi. Alla Sciannimanico (stipendio 1.300 euro al mese) sono stati sequestrate 17 borse di lusso del valore ciascuna di migliaia di euro, mentre a Paola Andriani, 61 anni, moglie dell’ingegner Iacobellis, sono state trovate e sequestrate due borse e 21 gioielli: la donna, finita ai domiciliari, non risulta avere una occupazione ma avrebbe istigato il marito a chiedere favori e denaro.

Ieri anche la Sciannimanico ha chiesto di essere ascoltata. La donna aveva fatto scena muta davanti al gip, manifestando un equilibrio emotivo molto precario che aveva indotto il giudice a disporne il monitoraggio psicologico nella cella del carcere di Taranto. Il Riesame ha poi detto «no» alla richiesta del difensore (Gaetano Sassanelli) di concederle i domiciliari nella caserma dei carabinieri dove vive con il marito, nell’abitazione in cui erano nascoste le borse e 28mila euro in contanti. A questo punto l’unica possibilità di lasciare il carcere è parlare: anche a carico della Sciannimanico ci sono video e intercettazioni eloquenti, oltre che gli ulteriori elementi emersi dagli interrogatori investigativi che potrebbero aver aggravato le responsabilità dei tre dipendenti Asl.



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