Quarta Mafia tra Puglia e Molise, la criminalità che “preme” sul nostro territorio

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LARINO. Nell’ambito del progetto “Legalità Bene Comune”, voluto fortemente da Vincenzo Musacchio e dalla Scuola di Legalità “don Peppe Diana” di Roma e del Molise, giovedì sera, 12 dicembre, al tribunale di Larino, protagonisti il magistrato Antonio Laronga, procuratore aggiunto della Repubblica di Foggia, il presidente del tribunale di Larino Michele Russo, il procuratore della Repubblica di Larino Elvira Antonelli e Vincenzo Musacchio, criminologo e docente di strategie di lotta alla criminalità organizzata transnazionale al Riacs di Newark.

Per l’occasione, è ritornato a Larino anche il Procuratore di Foggia Ludovico Vaccaro, che prima della nomina a capo inquirente del capoluogo dauno guidava proprio la Procura frentana. La mafia foggiana interessa anche in nostro Molise è inutile nasconderlo.

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Le quattro mafie: la società foggiana, la mafia cerignolana, quella garganica e quella sanseverese sono in continua evoluzione mutando frequentemente i rapporti di alleanza e i territori di propria pertinenza tra i quali rientra anche il litorale basso molisano. I clan pugliesi si sono mostrati capaci di essere ferocissimi ma contemporaneamente di stare al passo con la modernità, pronti a cogliere e sfruttare le nuove occasioni criminali offerte dal libero mercato. Siamo di fronte a un’emergenza nazionale. Lo spiega benissimo il dottor Laronga nel suo ultimo libro dal titolo: “L’ascesa della quarta mafia”. Questa nuova mafia annovera non solo imprenditori collusi ma anche commercialisti e liberi professionisti di varia estrazione nonché esponenti della pubblica amministrazione e della politica. Tratta la droga direttamente con i clan albanesi e la porta anche qui da noi in Molise. Le attività criminali delle mafie pugliesi nel nostro territorio coinvolgono la gestione del gioco e delle scommesse, la prostituzione, l’usura, il traffico e lo spaccio di droga, i rifiuti e il turismo. Musacchio ha spiegato che si tratta di «Una mafia molto particolare, perché è una mafia multiforme che utilizza il metodo mafioso vecchio, che è quello della violenza, ma si sta adeguando e inizia ad utilizzare anche il metodo mafioso nuovo, che è quello della corruzione, dell’invisibilità e delle infiltrazioni nella pubblica amministrazione, quindi per noi molisani questo a mio giudice è un grande pericolo. Qual è il terreno più fertile di questa quarta mafia proprio geograficamente? Non ci sono terreni particolari, ci sono tutti quelli dove la mafia riesce a concludere affari, a fare profitti, i rifiuti, i rifiuti pericolosi, gli appalti, il turismo, il terzo settore, qualsiasi cosa dove si può lucrare, lì in qualche modo troviamo le infiltrazioni mafiose.

Noi siamo schiacciati su due fronti, dal fronte Venafrano e Isernino, dalla Camorra e dal fronte Adriatico, Termolese e Campomarino, purtroppo dalle mafie pugliesi, foggiane, sanseveresi e Cerignolane e una serie di reati che li contraddistinguono sono quelli proprio legati alle sostanze stupefacenti». Il dottor Laronga evidenzia che il Molise per la sua contiguità geografica con la Puglia del nord, quindi con il territorio di origine dei clan che vengono definiti Quarta Mafia, è uno dei territori nei quali si registra il maggior numero di incursioni da parte di queste organizzazioni criminali.

«È territorio di conquista, quindi è bene conoscere la Quarta Mafia, le strategie operative per poter utilizzare questa conoscenza come uno scudo per proteggere i cittadini. La Quarta Mafia ha un atteggiamento carsico, cioè agisce sotto traccia, non utilizza i metodi violenti, cioè le bombe, le uccisioni, i ferimenti che nel territorio di origine ancora oggi si registrano. Ha una infiltrazione silente, soprattutto nella economia legale dei territori, quindi nel settore del turismo, nel settore dell’agroalimentare, sono tutti settori nei quali spesso possono essere reimpiegati i profitti illeciti derivanti dalle attività di tipo tradizionale, quindi bisogna essere molto attenti, molto vigili, per evitare che l’economia pulita di questo territorio possa essere avvelenata dalla presenza della criminalità. Tuttavia, il Molise è in tempo, siamo tutti in tempo per poterci difendere adeguatamente, ciascuno deve fare la propria parte, le forze dell’ordine, la magistratura ma anche le istituzioni locali, anche le agenzie educative, perché se non si parla di questi fenomeni non si riesce a capire il loro modo di fare, il loro modo di agire». Per il presidente del Tribunale, Michele Russo, «Nonostante l’apparente tranquillità della regione dobbiamo mantenere altissima l’attenzione, vigilare e fare quello che è possibile per reprimere il crimine, noi siamo nella posizione di giudici, quindi dobbiamo giudicare i fatti che ci vengono sottoposti, il pubblico mistero, le forze dell’ordine devono vigilare.

Anche perché è un nuovo metodo mafioso con la quarta mafia, è diverso dal solito metodo dell’uccisione? Certamente sono dinamiche complesse, non spetta a me definirle perché non me ne sono occupato direttamente quindi non posso dirvi nel dettaglio quelli che sono i metodi analizzati che sicuramente il collega Laronga e i suoi colleghi di Foggia e di Bari conoscono benissimo. Quello che noi possiamo intravedere e percepire è la vicinanza di queste regioni e a volte i fenomeni criminali che si verificano e che indirettamente sono collegati a quelli cui lei faceva riferimento, anche i furti che purtroppo vengono commessi sempre più spesso nella nostra regione, possono essere un sintomo di questo allargamento». Parola alla procuratrice della Repubblica, Elvira Antonelli: «Noi abbiamo l’epifenomeno della quarta mafia; le mafie pugliesi sono diverse, sono tante e noi ne abbiamo almeno due vicine, di cui noi proviamo purtroppo gli effetti, scopriamo come sono ramificate, come sono organizzate e in questo immagino che il collega sia la persona migliore per informarci. Noi abbiamo il fenomeno del reato dell’associazione a delinquere, quindi furti, lo spaccio di droga, quindi le rapine, soprattutto le estorsioni, i cosiddetti cavalli di ritorno, dei ricettatori dei beni rubati da noi che vengono poi riproposti a caro prezzo ai legittimi proprietari. Questo è quello che io dico essere l’epifenomeno, l’organizzazione interna noi la percepiamo dalle nostre indagini, anche se abbiamo a volte la sensazione che si tratti di singole famiglie molto bene organizzate tra di loro che mettono a segno questi colpi. Se dietro di le singole famiglie che noi possiamo in qualche modo ricostruire, come nell’ultimo caso degli ultimi arresti che ci sono stati presso la Procura, ci sia una sorta di cupola, una sorta di organizzazione interna, non l’abbiamo ancora percepito e quindi è bene che ne veniamo informati anche noi».





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